IFE Italia

Il terrore delle frontiere aperte

di Laura Carlsen
martedì 13 febbraio 2018

(...) Laura Carlsen, una delle giornaliste internazionali più autorevoli sulla Frontera Usa-Mexico, scrive una rubrica su Desinformemonos intitolata proprio “frontiere aperte” e si domanda: ma se le frontiere le tenessimo davvero aperte, non del tutto prive di controllo, ma pronte ad accogliere a braccia aperte le persone in cerca di un rifugio, di un aiuto e di un posto sicuro dove vivere con i propri figli?

Tratto da:

https://comune-info.net/2018/02/tru...

(...) Per la sua campagna elettorale, Trump ha ripetutamente condannato questa espressione, facendo riferimento, una bugia dopo l’altra, alla politica del partito democratico che avrebbe permesso l’ingresso indiscriminato dei migranti attraverso la frontiera Sud. Stando al discorso che i nazionalisti bianchi hanno elaborato prima della campagna, ci sarebbe stata un’invasione di stranieri con la conseguente perdita della sovranità e dell’identità nazionali, quest’ultima intesa esclusivamente come bianca e di origine europea. Con maestria e con un chiaro obiettivo – la presidenza – Trump non solo ha criticato una politica inesistente con la solita ipocrisia dello straw man argument (l’argomento fantoccio, ndt), ma è anche riuscito a sfruttare la profonda vena di razzismo che permea la società statunitense diffamando milioni di migranti.

Con un successo che in pochi si aspettavano, è riuscito a vendere l’idea che le “frontiere aperte” sono sinonimo di una graduale conquista della nazione, di debolezza contro il nemico e di cospirazione di otros contro nosotros.

Ci sarebbero molti modi per spiegare perché questa manipolazione delle questioni sociali e delle insicurezze personali è stata e continui ad essere disonesta ed estremamente dannosa per la vita democratica e la convivenza umana. Questo vale non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo, a partire dal Messico, con cui condividiamo la tanto criticata frontiera. Tuttavia, ci troviamo di fronte ad un governo e ad una porzione della popolazione statunitense che ha poca o quasi nessuna considerazione per i principi etici e democratici. In questo contesto insolito, la miglior cosa da fare è capire come la più vile xenofobia e il più basso razzismo siano riusciti a salire al potere in una società che si autodefinisce civilizzata.

Uno studio dell’Università della California-Los Angeles ci viene in aiuto. Un’analisi esaustiva di 6000 tweets e 300 discorsi di Donald Trump, prima, durante e dopo la campagna, quando ormai era già presidente, dimostra come l’espressione “frontiere aperte” sia stata una delle metafore fondamentali per mobilitare gli elettori delle zone più strategiche per vincere le elezioni.

Il suo messaggio è estremamente denso. Questo gruppo di ricerca ha analizzato il discorso di questo imprenditore politico, criticato per i suoi eccessi e le sue incoerenze. Con la forza della ripetizione e del semplicismo, è riuscito a vincere le elezioni con argomenti razzisti e misogini, che prima della sua campagna erano sempre stati rifiutati nella cultura politica americana.

Questa ricerca scompone ció che definisce la “falsa narrazione” di Trump in questo modo: “L’America, un tempo roccaforte inespugnabile, si trova oggi circondata. Le mura sono crollate, le frontiere sono vulnerabili ed è presa d’assalto da invasori senza pietà. Il nostro nemico, il Messico, ci ha travolti con i suoi criminali violenti, i signori della droga, le bande e i trafficanti. Nel frattempo, i politici americani incapaci e corrotti ci hanno portati a questa crisi esistenziale. Solo il coraggioso Trump può salvare il nostro paese, lasciando che le forze di sicurezza utilizzino la forza per strappare questo paese dalle mani degli invasori e costruendo un Grande Muro per rendere gli Stati Uniti grandi di nuovo.” Se fosse un semplice discorso per vincere le elezioni, non dovremmo preoccuparci troppo, ma si sta configurando come politica migratoria. A dicembre, il Washington Post ha pubblicato alcune anticipazioni sulle nuove misure anti-migranti che intende applicare il governo di Trump. Tra queste c’è anche l’idea di separare i bambini dai loro genitori una volta giunti negli Stati Uniti dall’America Centrale, una misura che contraddice i “valori della famiglia” della destra, mettendo in chiaro che si applicano solo alle famiglie bianche.

La ricerca dei genitori che tentano di portare a vivere i propri figli negli Stati Uniti è già cominciata, in alcuni casi con l’accusa di tratta di persone. Queste misure sempre più crudeli risponderebbero ad un incremento del numero dei minori non accompagnati (aumentato del 26% tra ottobre e novembre) e delle famiglie che attraversano la frontiera. A parte i numeri, queste misure hanno sempre fatto parte dell’agenda dell’estrema destra e dei suprematisti bianchi nel paese.

Questa agenda è globale, nonostante trovi espressione più feroce nel governo di Trump. Di seguito la descrizione di un giornalista che racconta la situazione a mezzo mondo di distanza, che ha molti parallelismi con quella americana.

“Gli europei vogliono spostare la frontiera sud dalla riva nord del Mar Mediterraneo all’estremo sud del deserto del Sahara. Basi militari francesi si estendono su tutto il Sahel e gli Stati Uniti stanno costruendo una base enorme ad Agadez, in Niger, per lanciare droni che vigileranno la zona. I militari sono arrivati nel Sahel per impedire il flusso dei migranti.” Le frontiere non solo non sono aperte, ma si innalzano, si estendono e si rinforzano in tutto il mondo. Che si tratti del Plan Frontera Sur o del Piano per il Sahel, la risposta alla disperazione di migliaia di famiglie è la militarizzazione e la morte.

Cosa succederebbe se facessimo nostro il concetto delle “frontiere aperte”? Non totalmente prive di controllo, ma pronte ad accogliere a braccia aperte le persone in cerca di un rifugio, di un aiuto e di un posto sicuro dove vivere con i propri figli? E se si desse la priorità alla sicurezza umana al di sopra della cosiddetta sicurezza nazionale o interna che piace molto ai governi repressivi e razzisti e soprattutto all’industria della guerra?

Tutti gli studi in ambito economico dimostrano che i migranti giovano alle economie nazionali e che con meno restrizioni i flussi migratori tendono a razionalizzarsi – chi vuole tornare potrebbe farlo senza perdere il contatto con la famiglia dall’altro lato, i criminali non si dedicherebbero all’estorsione e al reclutamento forzato con tanta facilità, i politici, i poliziotti corrotti e gli imprenditori non approfitterebbero della condizione indifesa dei lavoratori e delle lavoratrici migranti.

Per affrontare il discorso di Donald Trump, dobbiamo costruire altre narrazioni attrattive. Invece di demonizzare l’idea delle frontiere aperte, è il momento di abbracciarla e di mostrare con i fatti i benefici della migrazione e delle persone migranti, oltre a rimediare alle cause della migrazione forzata. Abbiamo la capacità di costruire nuovi scenari dove la convivenza trovi piena realizzazione nel rispetto e nella compassione. Per far questo, oltre a rifiutarlo, dobbiamo comprendere il discorso di Trump, proporre alternative e smentire la falsa narrazione.


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