IFE Italia

Istituzioni e donne

di Giancarla Codrignani
martedì 15 ottobre 2019

Diciamo che non si tratta di trasformazioni di genere "nel merito": non stiamo creando nuovi principi o nuove leggi e nemmeno modificando quelle esistenti. Tanto meno vengono avanzate proposte "femministe". Intanto, se non sbaglio, la giovane Greta fa parte del "genere" e lavora non contro le istituzioni, ma per dir loro che i ritardi di "queste" politiche non imperdonabili: anche le donne complici, ma non è delle donne stabilire le priorità.

Solo che per la prima volta l’autorità di cariche istituzionali gestite da donne che usano tranquillamente le opportunità della norma vigente incominciano a fare notizia sui mezzi di informazione. Giorni fa - 25.09.2019 - leggevamo nomi di donne che, se richiesta, si dichiaravano "femministe", ma svolgevano pratiche attinenti il ruolo neutro del loro incarico, "come un uomo".

Senza dichiarazioni di principio sul genere, ma per normale capacità di usare il diritto con competenza e senza ombre, hanno proceduto con sicuro coraggio intellettuale esenza riguardo gerarchico: schiena dritta, come si dice di solito per i maschi, e con loro spille simboliche sul risvolto della giacca che impressionano il giornalista: Brenda Hale, che presiede la Corte Suprema inglese, ha accolto la denuncia dell’avv. Gina Miller che ha portato in tribunale il presidente Johnson accusandolo per il reato di "sospensione del Parlamento". La Corte Suprema si è espressa all’unanimità contro la decisione illiberale del governo: non dipende dal genere, ma "per caso" c’era Brenda.

Contestualmente, lo stesso giorno, negli Stati Uniti sono finite sulle pagine dei giornali Nancy Pelosi e la senatrice Elizabeth Warren: impugnavano la proposta di impeachment del presidente Trump a causa delle ormai dimostrate indebite richieste al leader ucraino di indagare sul figlio del collega e oggi concorrente alla presidenza degli Usa Joe Biden: non si sa se decideranno di procedere ma hanno fatto sapere che "nessuno è superiore alla legge", incoraggiando la gente a credere nella democrazia. Anche sul versante americano, "per caso" le donne...

Inoltre - non è la stessa cosa, ma un fatto da memorizzare: recentemente su Repubblica è uscito un edificante racconto sull’Università di Edimburgo che ha attribuito, ahimè alla memoria, la laurea a sette donne che, nate negli anni quaranta dell’Ottocento, avevano cercato tutte le vie per iscriversi alle università britanniche, costantemente rifiutate perché le donne non dovevano studiare e esercitare le professioni importanti se non perdendo la loro dignità. Edimburgo si piegò a concedere l’iscrizione dopo una campagna di stampa favorevole alla parità, ma iniziarono le persecuzioni da parte dei docenti, dei colleghi studenti e perfino di manifestazioni pubbliche contro lo scandalo così grande di ragazze che presumevano di voler diventare medico. La Corte Suprema civile scozzese decretò che l’Università era nel suo diritto di "non attribuire loro la laurea". Le ragazze, intrepide e tenaci, andarono all’estero (evidentemente per essere "resistenti" bisognava non avere problemi economici), fecero carriera, vissero soddisfatte. Oggi sono stati letti i lavori che consegnarono ai docenti quando cercavano di riuscire a farcela studiando seriamente nonostante le persecuzioni del disprezzo, dello scherno, dell’odio: i giudici li hanno trovati superiori a quelli degli altri allievi maschi. E oggi hanno deciso la "riparazione". Per essere pignole, la notizia - tutto sommato una chicca giornalistica - l’abbiamo letta su uno dei supplementi allegati al quotidiano. Per non dimenticare il preconcetto che adombra il nostro valore, Ursula von der Leyen, nonostante il suo progetto europeo sia il più orientato al federalismo, sta vedendo crescere uno a uno i voti a favore della sua Presidenza, calati dall’alto con senso di sufficienza.... Non facile dimenticare che ha voluto un Consiglio di tredici donne e quattordici uomini.


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