IFE Italia

"Can we talk about this?"

intervista a Lloyd Newson di Laura Putti (dal quotidiano "La repubblica" del 7 ottobre 2011)
sabato 8 ottobre 2011

"Chi è meglio tra noi e i talebani?"

Bella domanda.....

PARIGI - Capita di rado. La gente discute all´uscita del teatro. Mai durante il primo minuto di uno spettacolo. Il pubblico del Théâtre de la Ville si è trovato a dover rispondere alla domanda: «Vi sentite moralmente superiori ai talebani?». Silenzio. Sgomento. «Alzate le mani» incalza dal palco il danzatore-attore. Pochissime le mani in alto.

Con la domanda (a suo tempo assai controversa) formulata dallo scrittore inglese Martin Amis inizia "Can we talk about this?" una performance senza concessioni, un urlo contro il silenzio, la paura e il politicamente corretto. Ne è autore Lloyd Newson, coreografo australiano, ma cittadino inglese, che dal 1986 con i DV8 (doppia lettura: dance video8, oppure: deviato) affronta temi forti dei nostri tempi. Questa volta però, con "Can we talk (" debutto europeo al Festival d´Automne, e dal 12 al 15 ottobre all´Argentina per il Romaeuropa Festival), Lloyd Newson si spinge più in là. Dice: siamo superiori ai talebani perché rispettiamo i diritti delle minoranze, perché da noi le donne sono libere e gli omosessuali non finiscono in carcere, perché viviamo in società laiche in cui tutte le religioni sono rispettate. E lo argomenta in un´ora e 20 minuti attraverso uno spettacolo molto parlato (inglese con sottotitoli, non sempre facili da seguire) e danzato allo stesso tempo, il cui testo è formato da dichiarazioni di una quarantina di persone: scrittori (Amis, Rushdie), storici (Garton Ash), attivisti, imam, giornalisti, insegnanti.

Senza mai smettere di muoversi i danzatori parlano, anzi sussurrano in piccoli microfoni. Da questo affresco di parole emerge chiaro il messaggio: il multiculturalismo all´inglese ha fallito, è urgente trovare una nuova maniera di vivere insieme.

Can we talk about this?, possiamo parlarne? Parliamone pure.

Ma le nostre parole saranno registrate: seduto a un tavolino del Café Mistral il sincero, ma prudente, Lloyd Newson aziona un registratore. «Adesso più che mai le mie risposte devono essere trascritte con esattezza» dice. Non sembra avere paura, ma Can we talk racconta del professor Ray Honeyford che nell´84 venne licenziato come razzista e reazionario per aver messo in discussione il multiculturalismo ritenendolo un ostacolo all´integrazione; parla della fatwa contro Salman Rushdie, dell´assassinio di Theo van Gogh e delle minacce al caporedattore di un giornale danese reo di aver pubblicato vignette satiriche su Maometto. Parla dei matrimoni combinati, dei delitti d´onore e di tutte quelle cose che, in nome del multiculturalismo, la legge inglese permette. «Sia molto chiaro» dice Lloyd Newson, «il mio spettacolo non è contro i musulmani. È contro l´intolleranza religiosa, contro la mancanza di diritti umani, contro l´assenza di diritti politici alle donne». La politica inglese del multiculturalismo lascia alle comunità la libertà di continuare a vivere secondo le loro tradizioni; il sistema assimilazionista francese impone invece di rispettare le regole del paese ospitante: niente velo a scuola, aborto, divorzio e niente poligamia. Ma anche quel sistema è criticato e non senza problemi.

Quale soluzione? «In Francia esiste la nozione della laicità. In Inghilterra la regina è il capo della chiesa anglicana. Quando la religione interferisce con lo Stato c´è qualcosa che non va. Se uno stato permette che le donne musulmane non abbiano gli stessi diritti delle donne inglesi c´è qualcosa che non va». Il suo spettacolo parla di Rushdie e di Van Gogh, parla della persecuzione di una coppia che rischia la vita dopo aver rifiutato il matrimonio combinato e di tante altre situazioni che fanno pericolosamente pendere la bilancia verso l´islamofobia.

Non crede di essere stato troppo duro? «Non sono islamofobico. Sono un uomo di sinistra. Nella mia compagnia ci sono due danzatori musulmani uno dei quali molto devoto e praticante. Gli ho sempre chiesto se, in qualche modo, quello che facevo lo offendesse. Mai si è sentito offeso, è in scena tutte le sere. Lo spettacolo è contro ogni forma di censura. In quale paese musulmano esiste la libertà di stampa? In quale paese musulmano i diritti delle donne, i diritti degli omosessuali, i diritti delle minoranze sono rispettati? Nell´accettare senza discutere valori così diversi dai nostri l´occidente ha tradito i suoi. Pieni di sensi di colpa, se critichiamo ci sentiamo razzisti. Ma, tollerando la disuguaglianza e la discriminazione, l´Inghilterra ha permesso la costituzione di 85 "sharia councils", i tribunali islamici che verificano l´applicazione delle loro leggi sul territorio inglese».

Ha speranza nella primavera araba? «È una bellissima rivoluzione. Con la speranza che, dopo le elezioni, i paesi della primavera non cadano nelle mani degli integralisti».


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