IFE Italia

Vi presento Eva, figlia di due padri

di Melania Mazzucco
venerdì 25 ottobre 2013

la genesi del nuovo romanzo, Sei come sei, storia di una ragazzina nata in una coppia gay.

http://www.iodonna.it 15 ottobre 2013

Melania Mazzucco è radiosa nella sua camicia di chiffon. Negli uffici della sua casa editrice, sfoglia la prima copia stampata di Sei come sei, il suo ultimo romanzo che ancora profuma d’inchiostro. «È la prima volta che lo vedo finito. Con la copertina, la fotografia della ragazzina...». Scrivere è un po’ come partorire. E questo libro narra una storia di nascita e rinascita. Racconta di Eva, 11 anni, e dei suoi genitori. Così normali, così speciali. Perché Eva è nata da un papà e un papà: Christian, giovane professore di latino, e Giose, musicista punk fallito che nel ruolo di genitore ritrova se stesso. Sei come sei per 235 pagine sequestra il lettore, lo fa soffrire e sperare con questo scricciolo di donna. Perché a un certo punto il gioco si fa duro: un evento tragico separa Eva da Christian, mentre la legge la allontana anche da Giose, che non è il padre biologico. Ma la ragazzina non si rassegna, vuole andare a tutti i costi a riprenderselo, percorre l’Italia alla ricerca del suo passato. E di un futuro possibile. Eva ha 11 anni, odia le scienze e più di tutte la genetica perché è figlia di due uomini e non le piace «sapere da chi si ereditano i geni». Scrive di lei Melania Mazzucco: «A lei piace pensarsi fabbricata da una costola dell’uomo, come la prima Eva, di cui porta il nome. O come Venere, nata dalla spuma del mare fecondato dal seme di un dio...». Come è nato questo personaggio? È sempre difficile ricostruirlo a posteriori. Prima di tutto, Eva esiste, Eva c’è. I figli di genitori gay sono una realtà, in Italia e nel mondo. ma molto c’era già nella mitologia. La generazione degli esseri divini era bizzarra, bastava un dio che spargeva il suo seme sulle onde del mare, uno che si infilava un feto nella coscia...

Oggi, sui moduli di iscrizione a scuola, i padri di Eva potrebbero compilare le caselle “genitore 1 e genitore 2”. Un modo per non discriminare i gay. È d’accordo?

È un terreno nuovo. non c’è nulla di scontato. Non so come vada risolta la questione, ma se il bambino non trova nei certificati il posto per uno dei due genitori, questo lo ferisce.

Ha attinto dalla vita vera per scrivere la sua storia?

Conosco tanti genitori omosessuali, soprattutto all’estero. Ma sia chiaro, quando scrivo non prendo pezzi della vita degli altri per trasferirli in un romanzo. È diverso, invece, quando lavoro a un saggio per ricostruire biografie di persone vissute.

Christian e Giose, i protagonisti del libro, decidono di tentare la fecondazione artificiale dopo aver visto un quadro di Francisco de Herrera, “San Giuseppe e il bambino”. Come se ci fosse qualcosa di sacro nella loro scelta. Sì, nella fecondazione artificiale c’è qualcosa di miracoloso, di magico. Di straordinario e di bello. Anche se, solitamente, se ne parla come di un atto medico, freddo. Circola un’immagine profondamente sbagliata.

I due padri ricorrono a una madre surrogata, all’estero. In Italia non si può ed è vietata anche l’eterologa. E così Giose, il genitore non registrato, resta privo di diritti su Eva.

Sì è assurdo. Non è solo il singolo, sono le coppie a essere private dei loro diritti. In Italia una buona parte della società non è garantita, è come se non esistesse. Ma io volevo raccontare soprattutto una storia d’amore tra un padre e una figlia che... non sono un padre e una figlia.

Sei come sei parla anche del disagio dei ragazzi gay, del bullismo. L’ha mai sperimentato?

Gli adolescenti possono essere spietati. Nel momento in cui stai crescendo, basta un niente, il colore della pelle, un abito diverso, per scatenare il razzismo. Quei momenti li ho vissuti, ma non da esclusa, in realtà facevo parte della “banda”. A Roma negli anni Settanta ho visto scatenarsi la violenza, ho visto pogrom verso ragazzini gay. Poteva bastare anche un paio di pantaloni rosa. Tuttora, Roma è una città dove due gay che si baciano per strada non sono la normalità.

Il mondo va avanti, ma il concetto di famiglia sembra non evolversi mai. Cos’è per lei la famiglia?

In Un giorno perfetto ho scelto come epigrafe una frase di george Bush: “La famiglia è il luogo che fa spuntare le ali ai sogni”. Paradossale, perché quel libro è quasi la storia di un femminicidio mancato. Come ti può far volare, la famiglia ti può tarpare le ali.

Come definirebbe la sua?

Non parlo mai di me, mi piace solo ricordare il rapporto con mio padre. Sono figlia di uno scrittore di teatro (Roberto Mazzucco, ndr), cresciuta in un ambiente aperto, libero. Circondata dal fascino dello spettacolo e dagli attori, che entravano e uscivano dai loro personaggi.

Ogni scrittore ha dei riti e tende a fare un “santuario” del luogo in cui lavora. La sua scrivania com’è?

Oh, piena di fogli, appunti, fotografie, scontrini su cui annoto frasi... Per molti anni l’ho condivisa col mio amore (lo scrittore Luigi Guarnieri, ndr) in una stanza di tre metri per due. Allora la mia scrivania si prolungava lungo il pavimento, e anche oggi è un’escrescenza della mia stanza. Ci accumulo tutto: pietre di forme curiose che raccolgo - ce n’è una a forma di cervello, una che sembra un naso - agende piene di appunti, cd, fogli di carta riciclata. Nessuno può toccarla. Solo io so ritrovare ciò che mi serve.

Ci sono attori che tengono l’Oscar in bagno: lei dove tiene i premi letterari?

Alcuni come lo Strega sono immateriali. Ma ricordo bene uno dei primi, una statua, un nudo di donna. Enorme. Alla fine sono riuscita a trovarle posto in casa e sta sempre con me. A questo punto non potrei più separarmene.


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