IFE Italia

Il femminismo inglese: Juliet Mitchell

"Freud e Marx possono servirci"/sintesi
giovedì 14 agosto 2014

L’analisi freudiana della psicologia della donna si svolge nell’ambito di un concetto che non è dualistico né dal punto di vista sociale né da quello biologico: si svolge nel quadro di una analisi del patriarcato. Le teorie di Freud ci forniscono l’inizio di una spiegazione della psicologia femminile inferiorizzata e "alternativa" (il secondo sesso) nell’ambito del patriarcato. Esse si interessano del modo in cui l’animale uomo, con la sua tendenza psicologica bisessuale, diventa la creatura sociale sessuata, cioè l’uomo o la donna. Negli scritti speculativi circa le origini della cultura umana e la filogenesi dell’uomo, e particolarmente in "Totem e tabù" e in "Mosè e il monoteismo", Freud dimostra assai esplicitamente che il concetto analitico di inconscio si riferisce alla trasmissione e all’acquisizione ereditaria da parte dell’umanità delle proprie leggi sociali (culturali). Nell’inconscio di ogni uomo si ritrovano le “idee” della storia umana che sono di tutta l’umanità; è una storia che non può ripartire da zero con ogni individuo, ma che deve essere acquisita e a cui si deve contribuire nel tempo. Capire le leggi dell’inconscio significa dunque cominciare a capire come funziona l’ideologia, come noi acquisiamo e viviamo le idee e le leggi entro le quali deve inquadrarsi la nostra esistenza. Un aspetto primario di tali leggi è che dobbiamo vivere secondo la nostra identità sessuata, secondo la nostra “mascolinità” o “femminilità” sempre imperfetta.

La caratteristica determinante della ricostruzione freudiana della storia dell’umanità è l’uccisione dei progenitore, avvenuta in un tempo preistorico. E’ questo padre che costituisce il tratto distintivo dei patriarcato. In un’immaginaria epoca preistorica ii padre aveva tutto il potere e tutti i diritti su tutte le donne dei clan; un gruppo di figli (tutti fratelli, deboli da soli ma forti se uniti) lo uccise per ottenerne i diritti. Ovviamente ciascuno di loro non li poteva avere tutti e, ovviamente, i fratelli dovevano provare una sensazione ambivalente verso l’atto che avevano commesso. Il totemismo e l’esogamia sono i due segni della loro reazione: ii totem, ovvero ii sostituto simbolico dei padre, garantisce che nessun altro può uccidere ii padre né, dopo di allora, i suoi eredi (ognuno dei fratelli). Inoltre, nessuno di questi può ereditare il diritto paterno su tutte le donne: dal momento che non possono ereditarlo tutti, non lo erediterà nessuno. Questa è l’origine della legge e della morale sociali. I fratelli si identificano con il padre che hanno ucciso, ed interiorizzano il senso di colpa che provano insieme al piacere per la sua morte. In questo modo il padre diventa più potente nella morte di quanto non fosse quando era in vita; è con la morte che egli istituisce la storia umana. Il padre simbolico morto e assai più importante di qualsiasi vero padre vivente, il quale si limita a perpetuarne il nome. Questa e la storia delie origini dei patriarcato. E rispetto a questo segno simbolico dei padre morto che i bambini e le bambine trovano la loro collocazione culturale nell’ambito dei complesso di Edipo.

Nella situazione edipica (che ripropone le regole dei totem e dell’esogamia) il bambino apprende quale posto gli spetta in quanto erede delia legge dei padre, e la bambina impara quale posto le compete nell’ambito di tale legge. Il complesso di Edipo e certamente un mito patriarcale; è senza dubbio per l’importanza di questo fatto, anche se Freud non lo ha mai detto, che egli respinse l’ipotesi di un mito per le donne parallelo a questo: il cosiddetto complesso di Elettra. Freud fu sempre contrario all’idea di una qualunque simmetria nella “formazione” culturale degli uomini e delle donne. Il mito per le donne dovrebbe portare in maniera quanto mai evidente i segni dei complesso di Edipo, perché il mondo in cui la donna entra è il mondo dell’uomo; una complementarità o un parallelismo sono fuori questione. Dapprima entrambi i sessi vogliono prendere il posto sia delia madre che del padre; ma poiché non possono prenderli entrambi, ciascun sesso dovrà imparare a reprimere le caratteristiche proprie dell’altro. Tutti e due, però, quando imparano a parlare e a vivere nella società, vogliono subentrare ai padre, e solo al maschietto sarà un giorno permesso di farlo. Per di più, sia i maschi che le femmine quando nascono desiderano la madre e poiché, a causa dei retaggio culturale, ciò che la madre desidera è ii fallo-fatto-bambino, sia il bambino sia la bambina desiderano essere ii fallo per la propria madre. Anche in questo caso, solo il maschietto può riconoscersi pienamente nel desiderio materno. Cosi, entrambi i sessi rifiutano le implicazioni della femminilità, che è dunque in parte una condizione rimossa cui si può accedere solo secondariamente e in una forma distorta. E’ proprio perché rimossa che la femminilità è tanto difficile da comprendere sia nell’ambito che al di fuori dell’indagine psicoanalitica: essa torna a manifestarsi attraverso i sintomi, come ad esempio l’isteria. Nel corpo dei soggetto isterico, maschio o femmina, si ritrova la protesta femminile contro la legge dei padre. Ma ciò che si rimuove è tanto la rappresentazione quanto la proibizione dei desiderio; nel rimosso non vi e nulla di “puro” né di “originario”.

Nell’ordine patriarcale la donna viene oppressa nella psicologia stessa delia femminilità; questa oppressione si manifesta allorquando questo ordine viene mantenuto solo in maniera assai contraddittoria. Le donne devono organizzarsi come gruppo per poter realizzare un cambiamento nell’ideologia di base della società umana. Per poter essere efficace, la loro azione non potrà esaurirsi in una sfida, pur legittima, alla pura e semplice dominazione da parte deIl’uomo (anche se ciò ha importanza tattica), ma dovrà consistere in una lotta basata sulla teoria della non-necessità sociale, a questo livello di sviluppo, delle leggi istituite dal patriarcato.

Il rovesciamento dell’economia capitalistica, e la sfida politica che lo realizza, non significano in se stessi la trasformazione dell’ideologia patriarcale. Ciò è implicito nel fatto che la sfera ideologica ha una certa autonomia. Il cambiamento in direzione di un’economia socialista non comporta da solo la fine dei patriarcato come sua naturale conseguenza. E necessario condurre una lotta ben precisa contro il patriarcato, una rivoluzione culturale; anche le battaglie devono avere una loro autonomia.

Da ciò sembra conseguire che la donna inserita nel movimento femminista rivoluzionario può essere l’elemento di punta per l’attuazione di un cambiamento ideologico a carattere generale, così come la classe lavoratrice è l’agente dei rovesciamento dei sistema di produzione specificamente capitalistico. Né l’una né l’altra forza rivoluzionaria—cioè né le donne né il ceto operaio—possono svolgere questo ruolo senza avere alle spalle una teoria e una pratica politica. Ma qui non e necessario che vi sia un ordine di priorità: esso dipenderà dalie condizioni in cui dovranno esistere tale pratica e tale teoria. Poiché il patriarcato non è affatto identico ai capitalismo, i successi e le forze dei due movimenti rivoluzionari non seguiranno due vie chiaramente parallele. E del tutto possibile che il femminismo ottenga maggiori risultati intermedi in un sistema di socialdemocrazia che non nei primi anni di un sistema socialista. Viceversa, ii fatto che si sia attuata un’economia di tipo socialista non significa che debba cessare la lotta contro il patriarcato.


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