IFE Italia

Il movimento delle suffragiste

Tratto dal libro di Gabriella Parca
lunedì 25 agosto 2014

Fonte: "L’avventurosa storia del femminismo " di Gabriella Parca Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. - Milano - Prima edizione Collana Aperta maggio 1976 Seconda Edizione Oscar Mondadori marzo 1981 Copyright by Gabriella Parca - Terza Edizione - www.cpdonna.it 2005

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In Inghilterra la lotta femminista prese l’avvio dalla contraddizione tra il senso di responsabilità e di autonomia a cui venivano educate le donne, e l’assenza di qualsiasi diritto sul piano giuridico. Espressione di questa singolare condizione, era stata la richiesta di una ricca proprietaria terriera, la signora Mary Smith, che nel 1832 indirizzò alla Camera dei Comuni una petizione perché le si riconoscesse il diritto di voto, dal momento che le si imponeva di pagare le tasse. Infatti una delle più antiche massime inglesi era: "No taxation without representation" (Niente tasse senza rappresentanza in Parlamento).

Da bravi antifemministi, gli uomini politici ridacchiarono alla strana pretesa e risposero anzi con il Reform Act, in cui si precisava che il voto spettava solo "alla persona di sesso maschile". Essi, del resto, non facevano che interpretare le idee che circolavano a quell’epoca anche negli ambienti culturali, e che avevano trovato il più autorevole portavoce nello scrittore James Mill. Costui aveva pubblicato un articolo nell’Encidopedia Britannica sostenendo che dal momento che gli interessi della maggior parte delle donne coincidevano con quelli dei loro padri, fratelli e mariti, non era necessario che esse avessero dei rappresentanti diretti in Parlamento.

La tesi era piuttosto peregrina, e fa il paio con quella espressa recentemente dal direttore di un settimanale femminile italiano, secondo cui "la donna che non vota per lo stesso partito del marito commette adulterio elettorale". Si direbbe che essa non abbia una testa per pensare, e debba quindi delegare ad altri questa funzione. Comunque, al signor Mill rispose subito un libretto dal suggestivo titolo Appello di una metà della razza umana, le donne, contro le pretese dell’altra metà, gli uomini, scritto in collaborazione da una rappresentante del sesso femminile e da uno del sesso maschile. Ma soprattutto, partendo da questo appello, gli rispose il figlio, John Stuart Mill, che divenne uno dei più accesi sostenitori delle rivendicazioni femminili, e più tardi, essendo candidato al Parlamento, pose come primo punto del suo programma elettorale il voto alle donne.

Fra i molti illustri pensatori inglesi che appoggiarono la causa della parità di diritti, fu anche il poeta Shelley. Ma certo chi lottò maggiormente, perché pagava la non-parità in prima persona, furono le donne. All’incirca nello stesso periodo in cui in America nasceva la prima organizzazione femminista, in Inghilterra le lavoratrici industriali creavano delle associazioni femminili per far valere i loro diritti sul lavoro. Inoltre un gruppo di donne della borghesia si raccolse intorno a Barbara Leigh Smith, che si può considerare l’equivalente dell’americana Elizabeth Stanton, in quanto riuscì a creare come lei un vasto movimento che si esprimeva in congressi e petizioni.

Anche in Gran Bretagna un uomo politico, il conte di Carlisle, presentò nel 1851 alla Camera dei Lord un ordine del giorno sul suffragio femminile, senza alcun risultato. Quindici anni dopo, John Stuart Mill presentò alla Camera dei Comuni un’analoga petizione, sottoscritta da mille e cinquecento donne, ma non ottenne ugualmente il minimo risultato. Allora la battaglia si spostò sulle parole: all’espressione "persona di sesso maschile" si cercò di sostituire il termine generico "uomo" (man) per indicare chi avesse diritto al voto. Ma poi anche questo fu interpretato in senso stretto, appunto di "maschio", invece che in senso lato di "essere umano". E ipocritamente si tentò di giustificare quella scelta dicendo che l’esclusione delle donne non si fondava su una pretesa inferiorità intellettuale, ma era una questione di convenienza sociale, di decoro: un omaggio reso al sesso, quindi un privilegio. Allo stesso modo, ancora oggi nei paesi arabi si sostiene che le donne non sono obbligate a coprirsi il viso con un velo a causa della gelosia maschile, ma semplicemente per proteggersi dal sole.

La strategia femminile si orientò allora verso la conquista del voto "municipale" (amministrativo), così come in America si cercava di conquistarlo "stato per stato", mettendo in atto la teoria della gradualità. E nello stesso anno 1869, in cui oltre oceano lo Wyoming concedeva il suffragio femminile, in Inghilterra si ottenne di poter votare alle elezioni amministrative. Questa vittoria incoraggiò lo stesso deputato che l’aveva provocata, Jacob Bright, a presentare l’anno successivo un progetto per estendere il voto alle politiche: ma, dopo un primo scrutinio favorevole, il secondo fu decisamente negativo. Evidentemente, anche nella democratica Inghilterra si aveva paura di estendere l’uso della democrazia alle donne. Bright previde allora, molto acutamente, che falliti i sistemi tradizionali, esse sarebbero ricorse ad altri mezzi per ottenere il riconoscimento dei loro diritti.

La convinzione che la parità tra uomo e donna fosse indispensabile si era ormai estesa a tutti i livelli sociali. A ciò aveva contribuito enormemente un libro di John Stuart Mill, La soggezione delle donne, divenuto rapidamente famoso. L’ex uomo politico, sposatosi con un’attiva femminista, sosteneva la necessità di una parità, non solo giuridica, ma anche pratica: ossia le donne dovevano avere "pari salario per pari lavoro" e accesso a tutte le professioni, oltre che, ovviamente, il diritto di eleggere e di essere elette. Avanzando a piccoli passi, verso la fine dell’ ’800 il movimento fece altre conquiste, come il diritto di voto per i Consigli di assistenza pubblica. Ma l’ultima fortezza, la più importante, il "voto", restava inespugnata. Fu così che all’inizio del nuovo secolo salutato dal ballo Excelsior e da tanti "urrà" al progresso, come aveva previsto il deputato Bright, la tattica cambiò. Nel 1903 nasceva a Manchester l’Unione sociale e politica delle donne, fondata da Emmeline Pankhurst e da un gruppo di contadine: la sua nuova tattica era la lotta.

L’avventurosa storia del femminismo di Gabriella Parca Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. - Milano - Prima edizione Collana Aperta maggio 1976 Seconda Edizione Oscar Mondadori marzo 1981 Copyright by Gabriella Parca - Terza Edizione - www.cpdonna.it 2005


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