IFE Italia

Aborto: allarme clandestinità.

di Elvira Naselli
giovedì 27 novembre 2014

Elvira Naselli è giornalista de "La Repubblica"

Fonte:http://www.fondfranceschi.it/cogito...

Da un lato i dati dell’ultima relazione del ministro della Salute sull’attuazione della legge 194. Dall’altro i ginecologi non obiettori di coscienza, da poco riunitisi a Napoli per il congresso Laiga, che lamentano accessi difficili all’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), organici striminziti e tempi lunghi di attesa per le donne, costrette a cambiare regione o a rifugiarsi addirittura nella clandestinità.

Nel 2012, secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità, gli aborti clandestini sarebbero stati tra 10 e 15.000, un numero sbalorditivo se si pensa che c’è una legge per poterlo fare legalmente. Secondo la relazione del ministro, inoltre, i medici non obiettori sono sufficienti ma l’organizzazione territoriale non è adeguata: la stima è che un medico non obiettore faccia 1,4 Ivg a settimana, con un minimo di 0,4 in Valle D’Aosta e 4,2 nel Lazio. Numeri, però, che mal si conciliano con le cifre iperboliche dell’obiezione di coscienza che domenica ha avuto il sostegno anche di papa Francesco: nel 2012 media del 69,6%, con il Sud che supera l’80. Arrivando al 90,3% in Molise, l’89,4 in Basilicata, l’84,5% in Sicilia, l’81,9 del Lazio. Dove, però, con un decreto regionale, il governatore Zingaretti ha posto dei limiti all’obiezione di coscienza nei consultori, che potrà riguardare soltanto l’intervento vero e proprio ma non la prescrizione di contraccettivi, pillola del giorno dopo e spirali comprese, o il rilascio della certificazione richiesta per poter abortire.

Detto questo, le Ivg in Italia continuano a diminuire: i dati 2013 hanno fatto registrare un -4,2% rispetto all’anno precedente. Dei 102.644 casi del 2013, l’8,5% è stato un aborto farmacologico, con la RU486. Percentuale che però sale al 25,2% in Liguria o al 19 del Piemonte. Il problema della media Ivg per ginecologo non obiettore però resta. «Forse hanno compreso nel calcolo anche i ginecologi ambulatoriali - ragiona Massimo Srebot, direttore Ostetricia e Ginecologia e responsabile area materno-infantile della Usl 5 di Pisa - che non possono fare interruzioni di gravidanza. In ogni caso allungare le liste d’attesa è un’azione ai limiti del reato perché si favorisce l’aborto clandestino». Qualche soluzione Srebot ce l’ha. «Snidare l’obiezione di comodo per cominciare. Con incentivi economici, come quelli riconosciuti alle cliniche convenzionate per l’Ivg. Ma anche con progressi di carriera, come la direzione di una struttura semplice a un non obiettore. C’è poi un discorso culturale. Il percorso dell’Ivg fa parte della fisiologia della vita della donna, anche se non è un percorso felice, e allora perché deve occuparsene un medico? L’ostetrica potrebbe fare l’80% del percorso, dall’accoglienza della donna, alla spiegazione dell’iter fino alla firma del consenso. E da noi lo fa, con tanti vantaggi: è più vicina alla donna, ha appropriatezza e costa meno di un medico».

Meno felice la situazione pugliese. «La metà degli aborti si fa nel privato convenzionato - attacca Antonio Belpiede, primario di Ginecologia e ostetricia, ospedale di Barletta - ma nel pubblico ci sono infinite criticità che, nonostante la sensibilità dichiarata dal governo regionale, non sono state risolte. Non ci sono spazi specifici e dignitosi per le donne, esiste una quota di obiezione di comodo e non c’è ricambio di medici non obiettori. Noi abbiamo circa 400 aborti farmacologici a fronte di 150 chirurgici, perché le donne arrivano in tempo utile per l’uso del farmaco. L’intervento è appannaggio delle meno informate e svantaggiate. Detto questo, ci sentiamo abbandonati: non abbiamo ostetriche neanche per i parti e non riusciamo a fare counselling contraccettivo».

Non va meglio nel Lazio. «I non obiettori sono dei garibaldini - racconta Elisabetta Canitano, medico 194 per la Asl Roma D e presidente di “Vita di donna” - ci sono operatori assunti solo per la 194 che lavorano in cinque ospedali diversi. E quando sono malati o in ferie l’attività si blocca. Inoltre ci sono gli ospedali laici che non fanno interruzioni di gravidanza, nel Lazio sono almeno dieci. Un altro tipo di problema è quello dell’aborto terapeutico perché parliamo di donne che volevano un bambino ma hanno scoperto gravi malformazioni con la diagnostica. Al congresso di Napoli, Kypros Nicolaides, specialista di medicina fetale del King’s College di Londra, ha insistito sulla necessità di anticipare quanto più possibile i tempi della diagnostica. Entro il primo trimestre si deve arrivare a fare una valutazione precoce delle malformazioni, e quantificare il rischio di parto precoce. Se riusciamo a farlo, possiamo concentrarci sulle gravidanze a rischio con consulenze e interventi in utero. I medici non obiettori non sono pro aborto ma pro scelta della donna, quale che sia».


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