IFE Italia

Avere una madre innominabile

di Michela Marzano
domenica 7 dicembre 2014

La versione originale dell’articolo di Michele Marzano é leggibile sul sito: www.fondfranceschi.it/cogito...

Immagine dal sito: www.leonardo.it

Il problema dell’accesso alle origini da parte dei figli nati con parto segreto è una questione estremamente complessa e controversa. (......)

Nessuno, però, intende cancellare l’anonimato. Lo scopo dei progetti di legge in discussione in questi giorni in Commissione Giustizia della Camera è solo quello di permettere ai figli nati con parto segreto di chiedere al Tri- bunale dei minori, una volta raggiunta la maggiore età, di verificare se la volontà di anonimato della madre sia ancora attuale. La finalità, quindi, è rimodulare, come sottolineato sia dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, sia dalla Corte Costituzionale, lo sbilanciamento oggi esistente in Italia tra due diritti in conflitto: quello dei figli a conoscere le proprie origini e quello delle madri biologiche a mantenere l’anonimato.

Le norme attualmente in vigore nel nostro Paese pongono d’altronde l’Italia in situazione di infrazione. Nel settembre del 2012, siamo stati condannati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo per il fatto di non rispettare i principi sanciti dall’articolo 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo. «La nascita, e le circostanze specifiche di questa, danno risalto alla vita privata del bambino prima e dell’adulto poi», si legge nella sentenza Godelli contro Italia, in cui viene spiegato con chiarezza come la conoscenza delle origini sia, per ognuno di noi, un elemento essenziale del processo identitario. Nel novembre del 2013, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale parte dell’articolo 28 della legge del 4 maggio 1983 sull’adozione, chiedendo al legislatore di introdurre la possibilità di interpellare le madri come accade già in Francia — dove pure esiste la possibilità di nascere anonimamente ( Accouchement sous X).

Dietro l’impossibilità per i figli nati con parto segreto di accedere alle proprie origini c’è il dramma di tutti coloro che, dopo aver contattato il Tribunale dei minori, si sentono rispondere che non possono avere alcuna informazione perché «nati da madre che non vuole essere nominata». C’è la sofferenza di tutti coloro che lasciano sul sito “Appelli dei figli adottivi alla ricerca delle proprie origini” messaggi struggenti pieni di speranza e di dolore, illudendosi che qualcuno possa un giorno aiutarli a capire. Non perché non siano stati amati dai propri genitori. Talvolta l’amore che arriva dai genitori adottivi è veramente tanto. Solo perché anche l’amore più grande non può colmare il bisogno di capire da dove si viene, che è poi una delle condizioni per sapere chi si è, verso dove si vuole andare, quale ferite o fratture ci si porta dentro. Soprattutto quando si è stati adottati dopo essere stati abbandonati. E restano in sospeso tante domande: perché io? Che cosa ha spinto o costretto mia madre a non tenermi con sé?

Certo, la decisione di affidare un figlio alle Istituzioni non è mai semplice o banale. Nessuno si dovrebbe permettere di giudicare chi ha scelto di partorire anonimamente perché non c’erano le condizioni materiali o psichiche per assumere la responsabilità genitoriale. Oppure perché, troppo giovane, una ragazza è stata costretta dai propri genitori ad abbandonare il figlio. Come si fa però a negare il dramma di tutti coloro che cercano disperatamente di avere accesso alle proprie origini? È ovvio che, in caso di volontà da parte delle madri di conservare l’anonimato, il legislatore non può far nulla per i figli nati con parto segreto. Ma perché negare loro anche solo la possibilità della speranza?


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