IFE Italia

A proposito di laicità e fondamentalismi...

di Nicoletta Pirotta
mercoledì 14 gennaio 2015

Riproponiamo un nostro articolo di qualche tempo fa che dopo i fatti tragici di Parigi mostra ancora la propria attualità.

Proverò in questo contributo a ragionare sulla laicità. Lo farò, da un punto di vista femminista, cercando di rendere visibili gli intrecci fra potere/laicità/ democrazia/autodeterminazione. Faccio parte con IFE Italia di FAE una rete femminista europea che, sin dal suo inizio avvenuto nel 2003 a Parigi, si è interrogata sulla natura e sulla funzione del potere, inteso nelle sue differenti articolazioni (il “potere di…”, il “potere su…”) e nella sua dimensione relazionale , quindi di sistema, producendo analisi, materiali, iniziative. La questione del “potere” è ineludibile se ci si pone come orizzonte la trasformazione dell’esistente e la promozione di una liberazione individuale e collettiva. Ed è ineludibile, mi pare, soprattutto per le donne, oggetto di una dominazione millenaria (ancora non del tutto conclusa e, in molte parte del mondo, nemmeno posta davvero in discussione ) che continua a volerle considerare “secondo sesso”, incapaci persino di essere “padrone di loro stesse”. (...) Non è materia di questo mio contributo ragionare sulla natura del “potere”. Tema complesso su cui tanto si detto e scritto. A chi ne fosse interessata/o consiglio di leggere alcuni contributi di Nicole Edith Thevenin o Genevieve Fraisse , femministe francesi, rispettivamente psicanalista e filosofa. Proverò, invece, ad esprimere il mio punto di vista su una questione che ha a che fare con la “funzione” del potere . Mi riferisco al principio di laicità che oggi, nel nostro paese ed in ambito europeo, rischia di subire un prepotente ridimensionamento.

La trentennale applicazione delle ricette neo-liberiste ha agito nella sfera economico-sociale producendo i danni che l’attuale crisi, soprattutto europea e nord-americana, ha reso visibili e drammaticamente incidenti sulla vita di ciascuna/o. Ed ha agito altresì sul piano politico-culturale promuovendo quella “ precarietà dell’esistenza”, così come qualcuno l’ha definita, che ha consentito il diffondersi di incertezza e insicurezza e quindi l’affermarsi di ideologie fondamentaliste, spesso di natura religiosa, che hanno avuto , in Europa, un forte impatto soprattutto sulla condizione delle donne. Si è determinato un perverso intreccio fra capitalismo e patriarcato che ha svelato in modo inequivocabile (se lo si vuole vedere) i rapporti di potere che si celano sia nella dimensione del “genere” che della “classe”. Un intreccio che lungi dal produrre il benessere promesso, ha accentuato le ineguaglianze fra generi, generazioni, native/i e migranti.

Le ineguaglianze pesano in particolare sulle donne ( con gradualità differenti fra donne giovani e meno giovani, fra migranti e native , fra lesbiche ed eterosessuali …) perché il “genere” , dentro i processi neo-liberisti, è stato usato come elemento di inclusione/esclusione e quindi di gerarchizzazione. Mi riferisco alla qualità dell’ occupazione ed ai processi di femminilizzazione (precarizzazione) del lavoro; alla divisione del lavoro fra produzione e riproduzione (biologica,domestica, sociale) ed alla privatizzazione dei sistemi di welfare; alla sfera dei diritti civili e soggettivi ( l’educazione, l’orientamento sessuale, il diritto di famiglia, le scelte in materia di interruzione volontaria della gravidanza o di procreazione assistita,…).

Tutto ciò ha avuto evidenti ricadute sull’assetto democratico. La democrazia senza eguaglianza, infatti, è mortalmente insediata dal privilegio che avvelena i rapporti sociali generando invidia, disagio, frustrazione, rassegnazione, disprezzo.

Per evitare fraintendimenti chiarisco che quando parlo di “eguaglianza” non penso soltanto alle “pari opportunità” cioè ad accomodamenti (pur necessari) dentro un sistema che resta immutabile, ma piuttosto ad un principio, e quindi un processo, in grado di “sovvertire l’esistente”. L’eguaglianza (lo dice bene Nicole Edith Thevenin), se sostanziale, non può tradursi in una semplice “richiesta di” ma è soprattutto una sfida, in primo luogo a sé stesse. Chi vive una situazione di ineguaglianza non può limitarsi a voler essere uguale a chi si ritiene superiore o “più potente” , al contrario il voler “essere eguale” presuppone un processo, individuale e collettivo, per sovvertire le strutture, personali e sociali, che hanno determinato l’ineguaglianza e costruito sistemi di potere escludenti e asimmetrici.

Scrivevo tempo fa, con Anita Giuriato che “in una democrazia debole, perché non sostanziata dal principio di eguaglianza (intesa nel senso che ho cercato pocanzi di spiegare) rifluisce la partecipazione individuale e collettiva e si spegne inesorabilmente, nella testa delle e dei cittadini la dimensione pubblica. Si enfatizza, ad ogni livello il privato che, svuotato della dimensione conflittuale che seppe assumere negli anni ’70 grazie alla rivoluzionaria intuizione del movimento delle donne (“il personale è politico”), non può che generare solitudine, frammentazione, esclusione, chiusura”. Un terreno fertile, dunque, per la riproposizione di un ’”ordine simbolico” di natura patriarcale che rinvigorisce i più “tradizionali” stereotipi femminili. A tutto danno del principio di laicità. Un principio che considero essenziale e che agisce su piani differenti ma fortemente intrecciati.

Laicità è, infatti, la doverosa separazione fra Stato e Chiesa (intesi come sistemi di potere ) e l’opportuna distinzione fra religiosità e secolarizzazione. In un’epoca, come quella che stiamo vivendo, caratterizzata da fenomeni migratori costanti che costringono culture differenti a confrontarsi e convivere in un medesimo spazio , saper separare e distinguere sono antidoti necessari per rifuggire sia da un “laicismo” escludente che si ostina a voler considerare le religioni solo ed esclusivamente come “oppio dei popoli" , sia da un “multiculturalismo” assai maldestro che riconosce e valorizza, “a prescindere, qualsiasi cultura. Entrambi gli approcci , il secondo sopratutto, rischiano di aprire un’autostrada alla diffusione di fondamentalismi religiosi di varia natura e provenienza.

Da questo punto di vista , considero preoccupante che anche all’interno di ambienti di sinistra, per calcolo politicista, ingenuità, scarsa conoscenza o, probabilmente. come reazione al razzismo differenzialista delle destre variamente rappresentate, si valorizzi il multiculturalismo acritico (molte femministe arabe e mediorientali, Soad Baba Aissa o Chahla Chafiq per dirne alcune, mettono in guardia da un tale approccio perché lo ritengono una breccia per la diffusione, anche in Europa, del cosiddetto “islam politico” con tutto il suo portato di fanatismo e fondamentalismo misogeno).

Da tempo, diversi contesti femministi sostengono che nel confronto fra culture il nodo da affrontare è il riconoscimento del valore universale dei diritti delle donne. E’ su questo crinale che si può misurare per davvero il grado di laicità di una cultura. Perché laicità è, altresì, il “… principio di organizzazione istituzionale e sociale che si manifesta … anche come principio di governo della vita …..” , così come ben la definisce Stefano Rodotà. Un principio che rinvia quindi all’ autonomia soggettiva e si sostanzia nel “potere” di autodeterminazione di sé stesse/i.

Concordo con Nina Sankari, femminista e ricercatrice in Polonia presso l’Accademia delle Scienze, quando sostiene che il diritto all’autodeterminazione sia la precondizione a tutte le altre libertà e a tutti gli altri diritti umani, anche ai più fondamentali perché presuppone il libero esame di qualsiasi idea, la capacità critica verso tutte le verità stabilite, il rigetto di qualsiasi dogma, a partire da quelli tanto “coltivati” dalle gerarchie ecclesiastiche che hanno nutrito fanatismi e oscurantismi di varia natura il cui bersaglio preferito è stato quasi sempre il diritto delle donne a disporre del proprio corpo.

Affidare al principio di laicità un simile significato consente di esaltarne il valore “rivoluzionario” perché in grado , se applicato, di mettere in discussione la struttura stessa del “potere costituito”. Se sulle questioni che riguardano il proprio corpo, ciascuna donna in qualsiasi parte del mondo potesse “governare consapevolmente se stessa” , senza dover soggiacere ad un’ “Autorità Superiore” (sia essa uno Stato o una qualsiasi gerarchia ecclesiale) si scombinerebbero non poco le carte in tavola.

Françoise Dolto, psicoanalista francese i cui scritti mi hanno molto aiutata nel percorso professionale in campo educativo, sosteneva che uno “Stato” non dovesse affatto stabilire, quasi fosse “un padre”, ciò che è giusto o sbagliato nel campo delle scelte che riguardano la sfera personale ma al contrario creare le condizioni materiali e simboliche perché ciascuna/o possa scegliere davvero liberamente. Un concetto squisitamente laico di cui si trova formidabile espressione nell’articolo 3 della nostra Costituzione.

Allo stesso modo se le gerarchie ecclesiastiche volessero riscoprire il significato originario dell””essere chiesa” dovrebbero spogliarsi da qualsiasi tentazione assolutista promuovendo una “teologia della salvezza” e non del peccato che rifugga, per usare le parole di Adriana Zarri, splendida teologa eremita e donna laica di fede, dal culto del “curialismo e dell’autoritarismo”. Una chiesa siffatta indurrebbe ad “aspirare al divino” (un concetto dinamico che ho imparato partecipando ad un intenso seminario organizzato dalle donne delle Comunità di Base) piuttosto che a credere a verità assolute o ad obbedire a gerarchie maschili immutabili. Una chiesa siffatta potrebbe addirittura non avere più paura della potenza generatrice del corpo femminile né disprezzo dell’omosessualità (si legga a questo proposito la “Lettera della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali” come suggerisce Lidia Cirillo, femminista dei “Quaderni Viola”, nel suo libro “Orgoglio e pregiudizio”) riuscendo forse addirittura a superare la sessuofobia che l’ha sin qui caratterizzata.

Purtroppo Stato e Chiesa, nel nostro Paese in particolare, continuano ad intervenire pesantemente nella sfera dei diritti civili e soggettivi e in quella delle scelte personali con modalità affatto laiche e fortemente autoritarie. (...) Così come è incessante il martellamento ideologico delle lobby fondamentaliste, sul Parlamento e sulla Commissione Europea per ostacolare il diffondersi delle legislazioni più laiche in materia di matrimonio, divorzio, aborto, fine vita.

C’è infine un ulteriore aspetto della laicità che mi interessa sottolineare ed è quello che riguarda la capacità individuale di “divenire laica/o”. Resto convinta che le idee non possono che camminare sulle gambe delle donne e degli uomini in carne ed ossa e che quindi qualsiasi percorso di trasformazione debba passare anche per una “conversione” personale. Se “non saremo il cambiamento che vogliamo rappresentare” difficilmente cambieremo davvero le cose. E dunque si tratta non solo di “educare alla laicità” ma altresì di “educarsi a divenire laiche/ci” attraverso un percorso, personale e collettivo , di liberazione. E’ una bella sfida a sé stesse.

Bibliografia:

Nicole Edith Thevenin : " Pouvoir et domination de sexe " relazione presentata al Seminario “Le pouvoir as-t-il un sexe?” Fondazione Gabriel Peri , Parigi Febbraio 2008

Genevieve Fraisse :

- “Le consentement est-il un argument politiquement pertinent ?” relazione presentata al Seminario “Le pouvoir as-t-il un sexe?” Fondazione Gabriel Peri , Parigi Febbraio 2008

- “Qu’est-ce qu’une politique feministe aujourd’hui” Relazione presentata al congresso internazionale femminista “Le feminisme à l’epreuve des mutations geopolitiques”, Parigi dicembre 2010

Soad Baba Aissa :

“Apres les lumieres entrons-nous dans l’obscuritè”, in “Marea” n. 1 /2011

Chahla Chafiq :

“Islam, politique, sexe et genre” edizioni PUF 2011

Stefano Rodotà :

“Laicità e governo sulla vita: padroni della nostra esistenza” lezione su "Laicità e governo sulla vita" marzo 2010, Università di Torino

Nina Sankari:

“L’Humanitè-femmes et hommes - est nèe libre” Intervento presentato all’assemblea internazionale dell’Ass.ne “Liberi pensatori e libere pensatrici” Oslo agosto 2011

Françoise Dolto: “Come allevare un bambino felice e farne un adulto maturo”, Mondadori, 2004

Adriana Zarri:

“Un eremo non è un guscio di lumaca , Einaudi 2011

Gruppi Donne Comunità di Base :

“Quel divino tra noi leggero” , Atti del XIV incontro naz.le/Trento 2004


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