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Cosa può fare in concreto la politica per migliorare la condizione femminile? Un’indagine della Cirm per il mensile "Elle" dà spunto a 15 richieste

ROSELINA SALEMI- La Stampa/17 gennaio 2011
martedì 18 gennaio 2011 par ifeitalia

Sembrava che le donne si fossero un po’ rassegnate a trovare soluzioni individuali per tenere insieme il lavoro e la vita, scegliendo di fare le mamme acrobate o le single votate alla carriera, di scrivere i loro pensieri sui blog, alternativa alla piazza che non c’è, di sognare meno (per mancanza di tempo).

Invece no, è bastato che il mensile «Elle» lanciasse la sua campagna SorElle e un sondaggio in collaborazione con Cirm sui bisogni, i desideri, le proposte, e l’idea che le donne non siano un problema delle donne, ma una speranza per tutti, si è riversata nelle 1500 appassionate interviste. Risultato: il Libro Bianco che oggi viene presentato alla Bocconi di Milano con l’ovvia presenza del ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, di Emma Bonino, che le battaglie le ha combattute tutte, e attorno, un mondo di associazioni e network femminili deciso a pensare un futuro diverso. Quindici punti, ma non rivendicazioni e basta.

Dati che prendono forma e smettono di essere soltanto numeri. In Italia, lo sappiamo, nascono pochi bambini e l’occupazione femminile è al 47 per cento. Nel pianeta delle giovani senza contratto né garanzie che ha prodotto film, ma non leggi, c’è scarsa tutela della maternità, perciò può essere considerato un tantino sovversivo che al punto 1 del Libro Bianco ci sia un’indennità per tutte, anche per le disoccupate.

Un modo estremo per dar voce alla fatica dell’essere madri. Il 46 per cento delle donne ritiene che la precarietà professionale sia «la prima causa nel frenare il desiderio di avere un figlio» e il 56 si sente «discriminata» perché ha un bambino, oppure, aiuto, potrebbe averne uno. Anche il congedo per i papà, obbligatorio (da 2 a 6 settimane) è un obiettivo ambizioso, ma piace al 97 per cento.

Adozioni più facili, revisione della legge 40 (che vieta la fecondazione eterologa), allargamento delle rete di asili nido (l’obiettivo europeo sarebbe il 33 per cento, siamo all’11,7 con quelli pubblici e intorno al 17-18 con quelli privati), scuole a tempo pieno, lavoro flessibile, anche per brevi periodi (e sennò a che cosa serve tutta questa tecnologia?) sono richieste molto ragionate, e per una volta, il punto di partenza è una conclusione: se migliorala vita delle donne, migliora la vita di tutti, come sostiene Danda Santini, direttrice di «Elle».

Perciò bisogna addentrarsi nella giungla insidiosa dei contributi e delle pensioni e sciogliere il nodo del valore che la società attribuisce alla cura (dei bambini, degli anziani). Oggi il compito di una donna è pazzesco e contraddittorio: deve avere bambini, o collabora colpevolmente all’estinzione degli italiani, deve lavorare, perché è necessario, non si tratta soltanto di pur legittime ambizioni, e spesso deve occuparsi anche dei vecchietti fragili. Tutto questo dovrebbe avere un impatto sul calcolo della pensione.

Il Libro Bianco propone «contributi figurativi (cioè pagati dall’Inps e non dal datore di lavoro) di 24 mesi per il primo e di 12 mesi per il secondo figlio (e gli altri a seguire) in sostituzione dell’anticipo della pensione per le donne; integrazioni contributive per i periodi di lavoro part-time per ragioni di cura e la possibilità di anticipare la pensione, sia per gli uomini sia per le donne, in caso di cura di un anziano non autosufficiente». Poi c’è la questione dell’età pensionabile che tanti dibattiti e risse ha provocato.

L’equiparazione tra uomini e donne a 65 anni produrrà un «tesoretto» di 3 miliardi 750 milioni in un decennio. Un risparmio di 242 milioni l’anno. Bene, usiamolo per politiche di conciliazione: asili nido, voucher per baby sitter e badanti. Altra buona idea, al punto 10: meno tasse per le imprese che assumono donne, e premi per quelle che mettono in atto buone pratiche «rosa». Tutto qui? Questione di soldi, pensioni, sgravi fiscali? Niente affatto. Sotto traccia c’è il disagio per come le donne sono rappresentate, per la violenza, non sempre esplicita, per l’esclusione dal potere vero, dai consigli di amministrazione delle grandi aziende come dalle liste elettorali. E se questo Libro Bianco è la punta dell’iceberg, significa che, senza slogan e senza piazze, qualcosa è cambiato: tremate, le donne son tornate.


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