IFE Italia http://www.ifeitalia.eu/ it SPIP - www.spip.net IFE Italia http://www.ifeitalia.eu/IMG/siteon0.jpg http://www.ifeitalia.eu/ 144 144 Manifesto delle femministe russe contro la guerra http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1693 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1693 2022-03-05T17:21:51Z text/html it "Guerra significa violenza, povertà, migrazioni forzate, vite spezzate, insicurezza e mancanza di futuro. È inconciliabile con i valori e gli obiettivi essenziali del movimento femminista. La guerra esaspera la disuguaglianza trai sessi e riporta indietro di molti anni le conquiste dei diritti umani delle donne, e non solo. La guerra porta con sé non solo la violenza delle bombe e dei proiettili, ma anche la violenza sessuale: come dimostra la storia, durante la guerra il rischio di essere (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique12" rel="directory">7. AMICHE DI PENNA, COMPAGNE DI STRADA</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1693.jpg" width='150' height='100' style='height:100px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>"Guerra significa violenza, povertà, migrazioni forzate, vite spezzate, insicurezza e mancanza di futuro. È inconciliabile con i valori e gli obiettivi essenziali del movimento femminista. La guerra esaspera la disuguaglianza trai sessi e riporta indietro di molti anni le conquiste dei diritti umani delle donne, e non solo. La guerra porta con sé non solo la violenza delle bombe e dei proiettili, ma anche la violenza sessuale: come dimostra la storia, durante la guerra il rischio di essere violentata aumenta moltissimo, per qualsiasi donna. Per queste e molte altre ragioni, le femministe russe e quelle che condividono i valori femministi devono prendere una posizione forte contro questa guerra scatenata dalle autorità del nostro paese."</p></div> <div class='rss_texte'><p><a href='https://feministpost.it/dal-mondo/manifesto-delle-femministe-russe-contro-la-guerra/?fbclid=IwAR04MS3glSMDqWUmn6ttVq5suqtlPkrHdoLjuco2PIuJ56glrX98EIL3uZs' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://feministpost.it/dal-mondo/m...</a></p></div> Femminismo e cura. http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1610 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1610 2021-04-17T12:46:32Z text/html it Pubblichiamo l'intervista di Danila Baldo, redattrice di Vitamine Vaganti, settimanale di Toponomastica Femminile, ad alcune delle facilitatrici del gruppo femm della Società della Cura. https://vitaminevaganti.com/2021/04... - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique12" rel="directory">7. AMICHE DI PENNA, COMPAGNE DI STRADA</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1610.jpg" width='150' height='96' style='height:96px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Pubblichiamo l'intervista di Danila Baldo, redattrice di Vitamine Vaganti, settimanale di Toponomastica Femminile, ad alcune delle facilitatrici del gruppo femm della Società della Cura.</p></div> <div class='rss_texte'><p><a href='https://vitaminevaganti.com/2021/04/17/femminismo-e-cura/?fbclid=IwAR2-dt3zS-F94Ef-w8q-O-RLZzaYvEbKlk4OzxZIfs0XgGxBplidCWswyIg' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://vitaminevaganti.com/2021/04...</a></p></div> Le origini di classe della Giornata Internazionale delle Donne http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1493 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1493 2020-03-07T17:09:20Z text/html it Pubblichiamo, con il consenso dell'autrice, una possibile documentata ricostruzione storica della Giornata internazionale delle donne. Per un 8 marzo di lotta, nonostante il coronavirus. In questo periodo di scarsa memoria storica è utile ricordare la storia della Giornata Internazionale delle Donne (GID) [International Women's Day - IWD], partendo da due osservazioni basilari. Prima di tutto la GID non è una “festa”, ma una giornata di memoria: è legata alle battaglie delle donne dei primi (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique12" rel="directory">7. AMICHE DI PENNA, COMPAGNE DI STRADA</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1493.jpg" width='118' height='150' style='height:150px;width:118px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Pubblichiamo, con il consenso dell'autrice, una possibile documentata ricostruzione storica della Giornata internazionale delle donne.</p> <p>Per un 8 marzo di lotta, nonostante il coronavirus.</p></div> <div class='rss_texte'><p>In questo periodo di scarsa memoria storica è utile ricordare la storia della Giornata Internazionale delle Donne (GID) [International Women's Day - IWD], partendo da due osservazioni basilari.</p> <p>Prima di tutto la GID non è una “festa”, ma una giornata di memoria: è legata alle battaglie delle donne dei primi decenni del ‘900, per la rivendicazione dei loro diritti civili e sociali. Niente “festa della donna”, quindi, e nemmeno “auguri”. In secondo luogo, nonostante le sue origini siano controverse, non vi è alcun dubbio sulla connotazione di classe: la GID è emersa dai movimenti per i diritti delle donne e delle lavoratrici durante il rapido periodo della seconda industrializzazione dell'inizio del XX secolo. Sono le proletarie, le lavoratrici, le militanti, le attiviste, le donne di estrazione socialista o comunista ad attivarsi per l'istituzione di questa Giornata. Non esiste una narrazione condivisa sulle origini della GID, e spesso i racconti sembrano suggerire il ricorso alla categoria della “invenzione della tradizione”.</p> <p>Per esempio, in Italia il discorso pubblico sulle origini della Giornata è rimasto legato ad una presunta commemorazione di operaie morte nell'incendio alla Triangle Shirtwaist Company (Cartosio 2006). E', quindi, particolarmente difficile ricostruire la nascita di questa Giornata, ma voglio provarci.</p> <p>Nel 1907, a Stoccarda, le tedesche socialiste organizzarono la prima Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste, per raggiungere due obiettivi fondamentali: elaborare le basi per un'attività più uniforme da parte del movimento socialista (nei vari paesi) nella lotta per ottenere il diritto di voto per le lavoratrici; e stabilire relazioni permanenti tra le organizzazioni femminili di tutto il mondo. Clara Zetkin fu eletta segretaria e la rivista da lei diretta, Die Gleichheit (L'uguaglianza), divenne l'organo dell'Internazionale delle Donne Socialiste.</p> <p>Nel 1908, il Partito Socialista degli Stati Uniti nominò il Comitato Nazionale delle Donne per la campagna per il suffragio e raccomandò a tutte le sezioni locali di riservare l'ultima domenica di febbraio per una manifestazione per il diritto di voto femminile. Così l'anno successivo, il 28 febbraio 1909, a New York si tenne la prima manifestazione, chiamata Giornata della Donna (Woman's Day). A quel tempo, sia negli Stati Uniti sia in Europa, i socialisti avevano messo in secondo piano la lotta delle suffragette, perché vedevano i diritti politici delle donne subordinati all'avanzamento economico della classe lavoratrice maschile. Tuttavia, negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale, le donne della Seconda Internazionale ottennero, finalmente, il sostegno dei loro compagni per la campagna del suffragio universale.</p> <p>Nel 1910, A Copenaghen, si tenne la seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste, dove Clara Zetkin avanzò la proposta di una Giornata Internazionale delle Donne Lavoratrici (International Working Women's Day), pubblicano la risoluzione su Die Gliecheit: «In accordo con le organizzazioni di classe, politiche e sindacali del proletariato dei rispettivi paesi, le donne socialiste di tutti i paesi terranno ogni anno una Giornata della Donne, il cui scopo principale deve essere quello di aiutare il raggiungimento del suffragio femminile. Questa richiesta deve essere gestita insieme all'intera questione femminile secondo i precetti socialisti. La Giornata delle Donne deve avere un carattere internazionale e deve essere preparata con cura». Inoltre, a quella Conferenza, Aleksandra Kollontaj, Clara Zetkin e Luise Zietz sostennero che l'emancipazione femminile avrebbe dovuto diventare parte integrante della lotta di classe e che la questione suffragista si sarebbe dovuta intrecciare con le rivendicazioni delle proletarie. Infatti oltre al diritto di voto e alla tutela della maternità, si discusse anche di guerra e pace, dell'obbligo delle donne di opporsi al nazionalismo, allevando i figli in uno spirito pacifista, della richiesta di una giornata lavorativa di 8 ore, della lotta contro il cottimo a domicilio e del lavoro notturno. Non a caso, lo slogan proposto, da adottare nelle future Giornate, fu: «Il voto per le donne unirà la nostra forza nella lotta per il socialismo».</p> <p>La decisione presa non fu lasciata sulla carta e fu deciso di organizzare la prima Giornata il 19 marzo 1911 in Germania. Secondo la testimonianza di Aleksandra Kollontaj, quella data fu scelta perché, in Germania, durante la rivoluzione, il 19 marzo 1848, il re di Prussia dovette, per la prima volta, cedere davanti alla minaccia di una rivolta proletaria. Tra le molte promesse che fece allora, e che in seguito dimenticò, figurava il riconoscimento del diritto di voto alle donne.</p> <p>In Francia la manifestazione si tenne il 18 marzo 1911, data in cui cadeva il quarantennale della Comune di Parigi, così come a Vienna, dove alcune manifestanti portarono con sé delle bandiere rosse per commemorare i caduti di quella insurrezione.</p> <p>Il 1º maggio 1911 la Giornata si svolse in Svezia, in concomitanza con le manifestazioni per la Giornata del lavoro.</p> <p>Il 3 marzo 1913 si tenne per la prima volta in Russia, a San Pietroburgo, su iniziativa del Partito bolscevico, una manifestazione che fu interrotta dalla polizia zarista, con molti arresti delle e dei manifestanti.</p> <p>Nel 1915 e 1916 le celebrazioni per la Giornata si affievolirono. Le socialiste di sinistra, che condividevano le opinioni del Partito Bolscevico, tentarono di trasformare l'8 marzo in una dimostrazione contro la guerra. Tuttavia il Partito Socialista in Germania e in altri paesi non permisero alle socialiste di organizzare incontri, rifiutando loro i passaporti ed impedendo loro di recarsi nei paesi neutrali. Nonostante ciò, nel marzo 1915, a Berna, Clara Zetkin organizzò una Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste per manifestare contro la guerra. Le manifestanti non sostenevano i loro paesi, ma chiedevano la ricostituzione della Seconda Internazionale, che era crollata sotto il peso del nazionalismo del 1914.</p> <p>Poi arrivò la svolta. Il 23 febbraio 1917 (nel calendario giuliano, 8 marzo nel nostro calendario gregoriano), a San Pietroburgo, le donne guidarono una grande manifestazione così descritta da Aleksandra Kollontaj: «L'8 marzo 1917, Giornata internazionale delle operaie, esse sono uscite coraggiosamente nelle strade di Pietrogrado. Queste donne, operaie e mogli di soldati, esigevano pane per i loro figli e il ritorno dei mariti dalle trincee. La giornata delle operaie è divenuta una giornata memorabile nella storia» (riportato da Gissi, 2010).</p> <p>La fiacca reazione dei cosacchi, inviati a reprimere la protesta, incoraggiò successive manifestazioni che portarono al crollo dello zarismo, così che il 23 febbraio 1917 indica l'inizio della Rivoluzione russa di febbraio. Per questo motivo, e in modo da fissare un giorno comune a tutti i Paesi, nel 1921 la Seconda Conferenza Internazionale delle Donne Comuniste, presieduta dalla Zetkin e tenutasi a Mosca, fissò l'8 marzo come data della Giornata Internazionale delle Donne Lavoratrici.</p> <p>L'origine della Giornata ha, quindi, una precisa connotazione di classe. Fino a circa la fine degli anni '60 la Giornata rimase una celebrazione principalmente comunista. Nel 1977 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite invitò gli stati membri a celebrare l'8 marzo come la Giornata delle Nazioni Unite per i Diritti delle Donne e per la pace internazionale, cancellando qualsiasi connotazione di classe.</p> <p>RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Cartosio Bruno, 2006, I miti dell'otto marzo, il manifesto, 1 marzo. Gissi Alessandra (2010), Otto marzo. La Giornata internazionale delle donne in Italia. Viella. Kaplan Temma (1985), “On the Socialist Origins of International Women's Day”, in Feminist Studies, Vol. 11, n. 1, pp. 163-171. <a href='https://www.marxists.org/' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://www.marxists.org</a></p></div> Da Carola Rackete a Megan Rapinoe, non è un caso che siano donne a lottare contro le politiche disumane dei governi riguardo i migranti e la «nuda vita» http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1433 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1433 2019-07-13T04:31:01Z text/html it Riceviamo dalla rete e volentieri pubblichiamo Nel suo articolo sull'ultimo numero de L'Espresso (del 7 luglio 2019), «Il dissenso è donna», Michela Murgia parla di un protagonismo femminile, che va da Malala, Nadia Murad, Greta Thunberg, fino a Carola Rackete. E osserva giustamente che ciò che le accomuna è aver agito «non contro persone ma contro sistemi, contro un potere che si manifesta in modo violento qualunque forma assuma". Ma quando è il potere stesso, forte di un ampio consenso popolare, (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique12" rel="directory">7. AMICHE DI PENNA, COMPAGNE DI STRADA</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1433.jpg" width='106' height='150' style='height:150px;width:106px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Riceviamo dalla rete e volentieri pubblichiamo</p></div> <div class='rss_texte'><p>Nel suo articolo sull'ultimo numero de L'Espresso (del 7 luglio 2019), «Il dissenso è donna», Michela Murgia parla di un protagonismo femminile, che va da Malala, Nadia Murad, Greta Thunberg, fino a Carola Rackete. E osserva giustamente che ciò che le accomuna è aver agito «non contro persone ma contro sistemi, contro un potere che si manifesta in modo violento qualunque forma assuma". Ma quando è il potere stesso, forte di un ampio consenso popolare, a prendere un corpo e un volto riconoscibili – come nel caso di Trump e Salvini- è inevitabile che anche chi vi si oppone diventi figura unica, eroica, simbolo di una volontà collettiva di resistenza. «Viva la Capitana, abbasso il Capitano!», «La Capitana contro il Capitano: braccio di ferro Rackete-Salvini»: sono solo alcuni dei titoli comparsi sui giornali quando Carola ha deciso di forzare il blocco e portare in salvo nel porto di Lampedusa le 42 persone che aveva a bordo della Sea Watch.</p> <p>SU UN ALTRO versante, ha preso un analogo rilievo la calciatrice e attivista per i diritti Lgbtqi, Megan Rapinoe, quando ha sfidato Trump rifiutandosi di cantare l'inno nazionale e di incontrarlo dopo la vittoria della squadra statunitense per stringergli la mano. Attorno a loro c'erano altre donne, da quelle presenti sulla Sea Watch, alla Gip di Agrigento Alessandra Vella, che ha rilasciato Carola, alle calciatrici compagne di Vegan. Il condensato di ingiurie – dal sessismo al razzismo alla lesbofobia – e di minacce che si è scatenato nei media e nei social, non le ha risparmiate, così come sono finite sotto le aggressioni di un maschilismo selvaggio tutte le donne che hanno espresso la loro solidarietà alle «capitane». Senza voler negare l'efficacia che hanno le azioni esemplari, quando avanzano governi autoritari e politiche liberticide, non si dovrebbe tuttavia mai dimenticare il tessuto collettivo da cui nascono, le relazioni e le battaglie che le hanno faticosamente precedute, oltre alle ragioni complesse che più o meno consapevolmente le muovono.</p> <p>In una breve intervista uscita su <a href='http://www.vita.it/' class='spip_out' rel='nofollow external'>www.vita.it</a>, Anna Spena mi chiedeva: «E se Carola fosse stata un uomo?» «Perché con tanta facilità a una donna si augura di essere stuprata?». Se avesse aggiunto che nell'augurio gli stupratori, a cui si faceva riferimento, erano «i negri che aveva salvato», sarebbe apparsa con evidenza la parentela tra sessismo e razzismo, rimasta a lungo confusamente sepolta nell'eredità remota della storia umana, e, al medesimo tempo, la consonanza profonda tra la condizione del migrante, che compare sconosciuto ai confini di una comunità, e il destino toccato per millenni a quel primo «straniero» che è per l'uomo il corpo femminile da cui nasce.</p> <p>È tristemente consolatorio dover riconoscere, nel contesto in cui viviamo, che sono gli odi, i rancori, i pregiudizi più arcaici e violenti a portare allo scoperto il potere e la violenza in tutte le loro forme, che sono i casi esemplari della combattività delle donne a far calare paradossalmente il silenzio sui movimenti femministi che, come la rete transnazionale Nudm (Non una di meno) ha posto fin dalla sua comparsa in Italia il tema della «intersezionalità», le appartenenze diverse – di sesso, genere, classe, razza, orientamento sessuale- che si intrecciano e sovrappongono nella vita di ogni persona.</p> <p>NON È UN CASO che siano donne, in Italia come altrove, a denunciare, contrastare le politiche disumane dei governi rispetto ai migranti. «Nuda vita», «nient'altro che corpi», sfruttati come risorse e tenuti sotto controllo per una sessualità considerata minacciosa nei suoi eccessi, sono stati sia le donne che i popoli di pelle diversa, soprattutto se nera. Quindi non dovrebbe meravigliare che siano loro oggi in primo piano a mostrare la discrepanza tra le affermazione di valori, diritti umani, e le leggi che dovrebbero darvi applicazione. Per quanto suggestivo, il richiamo ad Antigone come figura della disobbedienza alle leggi della città, non ha molto a che vedere con una scelta che Carola stessa ha definito nei suoi termini più concreti: obbligo di soccorrere i naufraghi e condurli in un porto sicuro, così come sancito dalle consuetudini internazionali sul diritto del mare e dai trattati che le specificano, assunzione del rischio di violare una legge, il decreto sicurezza bis, incompatibile con l'articolo 2 della nostra stessa Costituzione.</p> <p>OPPORSI alle molteplici forme di dominio, tenendo presente la matrice sessista che le sorregge, combattere i governi che le legittimano, è oggi, nell'azione singola come nelle pratiche collettive del femminismo, un riferimento essenziale per tutti i movimenti che, nella loro frammentarietà, condividono la speranza e l'impegno per un mondo più giusto, più umano e più vivibile.</p></div> Io. Noi. Lo sciopero femminista (NUDM Torino) http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1384 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1384 2019-02-24T17:55:03Z text/html it Riceviamo dalla rete e volentieri pubblichiamo. Lo sciopero. Apriamo con alcune considerazioni più generali prima di entrare nel vivo di quello che vorremmo esprimere con queste poche righe. Il valore dello sciopero femminista non risiede soltanto nell'aver riattivato una pratica che negli ultimi anni aveva perso di senso e significato, allargando la prospettiva oltre la dimensione vertenziale e concertativa classica. La forza dirompente dello sciopero lanciato dal movimento Non Una di (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique12" rel="directory">7. AMICHE DI PENNA, COMPAGNE DI STRADA</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1384.jpg" width='150' height='58' style='height:58px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Riceviamo dalla rete e volentieri pubblichiamo.</p></div> <div class='rss_texte'><p><strong> <strong>Lo sciopero.<i></p> </h3> <p> <i></p> </h3> <p>Apriamo con alcune considerazioni più generali prima di entrare nel vivo di quello che vorremmo esprimere con queste poche righe.</p> <p>Il valore dello sciopero femminista non risiede soltanto nell'aver riattivato una pratica che negli ultimi anni aveva perso di senso e significato, allargando la prospettiva oltre la dimensione vertenziale e concertativa classica.</p> <p>La forza dirompente dello sciopero lanciato dal movimento Non Una di Meno sta anche e soprattutto nell'aver rivoluzionato un processo, scardinato gerarchie e verticalità e promosso invece una pratica dal basso che parte e prende forma dalle persone come soggettività individuali e collettive.</p> <p>Un altro modo di fare politica, di creare e costruire confronto, di inventare pratiche e condividere immaginari, in cui i bisogni e i desideri di ognun* trovano cittadinanza e spazio politico.</p> <p>Altrove la realtà è un enorme rimosso e alla vita di tutt* non è concesso di emergere in tutta la sua complessità, durezza e bellezza insieme.</p> <p>Allora lo sciopero femminista è anche un luogo, un modo, una rivoluzione nel suo farsi e darsi, una presa di distanza, un'eco forte di autonomia e differenza.</p> <p><strong>Noi.<i></p> </h3> <p>Sabato ci siamo ritrovat* a Torino per una giornata di discussione ed elaborazione sullo sciopero.</p> <p>Volevamo rendere la costruzione dell'8 marzo il più aperta, condivisa e orizzontale possibile.</p> <p>Sono arrivat* compagn* da Alessandria, Biella, Vercelli, Cuneo e tante persone dalla nostra città…nonostante i momenti duri e complessi che sta vivendo Torino. Ragazz* che erano stat* attiv* in altri territori e arrivat* qui sono andat* alla ricerca di nuove matrioske con cui collegarsi. Età diverse, percorsi differenti, dubbi e incertezze ma forse un'unica grande motivazione: lottare e farlo insieme perché la rabbia per la violenza maschile sulle donne e di genere smuove le viscere e risveglia le carni. Stare zitt*, ferm* e sol* non è più possibile, cosi si attiva la ricerca di propri simili con cui pensare nuove forme di lotta e mobilitazione.</p> <p>Abbiamo molto discusso su come poter gestire i momenti assembleari e i lavori di gruppo, ma poi ci siamo quasi naturalmente ritrovat* a mettere in campo una pratica che l'esperienza femminista ci ha insegnato fino a rendercela indispensabile e imprescindibile.</p> <p>Come si può costruire uno sciopero dentro e fuori casa, uno sciopero dai/dei generi se non partendo da noi, dalle nostre vite e dai nostri vissuti.</p> <p><strong>Io.<i></p> </h3> <p>Il quotidiano e il personale come paradigma di una riflessione collettiva su come si combatte la violenza maschile sulle donne e di genere, su come si costruisce un momento di sottrazione e blocco da tutte quelle attività che ogni giorno ci vedono volenti o nolenti protagoniste.</p> <p>Dall'ingaggio affettivo ed emotivo insito nel lavoro di cura all'esperienza mai semplice di un corpo non binario. Dal sessismo vissuto sui banchi di scuola alle molestie e ai ricatti su un luogo di lavoro.</p> <p>Dall'impianto teorico alla scelta delle pratiche il sé individuale e collettivo diventa bussola per orientarsi, partire e tornare.</p> <p><strong>Insieme.<i></p> </h3> <p>Perché muovendo da sé non si può che incontrarsi e incrociarsi, anche nelle differenze e nelle distanze.</p> <p>Il cammino verso lo sciopero si fa processo di riconoscimento reciproco, di crescita personale e del gruppo, ci insegna a stare insieme, a scoprire nuovi modi di parlarci e ascoltarci.</p> <p>È un grande esercizio di messa in discussione personale e collettiva, in cui ogni istanza e ogni soggettività deve trovare posto, spazio di visibilità, diritto di esistenza, parola e voce.</p> <p>Vuol dire allora sforzarsi di trovare un linguaggio appropriato e includente in cui nessun* possa sentirsi esclus*… e insieme legittimare le proprie emozioni, forzare i propri limiti, nominare e dare un nome alle cose.</p> <p>L'8 marzo saremo nelle piazze ma ci arriveremo forti e ricche della strada fatta insieme in questi mesi di agitazione permanente.</p> <p>Il femminismo ci ha trasformato (o forse salvato) la vita e continua a sorprenderci per quel che ci insegna e per quel che ci regala.</p> <p>Forse dall'esterno si guarderà solo al risultato. Ai numeri e alla forza delle piazze dell'8. Le azioni, le iniziative, i cortei.</p> <p>Vorremmo che fosse percepibile però anche tutta questa ricchezza. Che viene prima e che tra meno di un mese esploderà in tutto il mondo.</p> <p>La strada, il processo, le relazioni, la rivoluzione dentro e fuori di noi che ogni giorno la pratica femminista ci stimola a fare. E a crederci. Sempre.</p></div> La nostra è una richiesta politica http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1311 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1311 2018-08-02T08:34:01Z text/html it LA CASA SIAMO TUTTE! Francesca Koch, presidente della Casa Internazionale delle Donne di Roma, fa il punto della situazione in vista delle mobilitazioni di settembre. http://www.noidonne.org/articoli/ca... La premessa delle nostre proposte poggiava sulla considerazione che, nel tempo, la Casa Internazionale, luogo simbolico e materiale del femminismo storico, è stata sempre più riconosciuta come una risorsa della città, per la molteplicità di servizi, di iniziative culturali, per (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique12" rel="directory">7. AMICHE DI PENNA, COMPAGNE DI STRADA</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1311.jpg" width='150' height='113' style='height:113px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>LA CASA SIAMO TUTTE!</p> <p>Francesca Koch, presidente della Casa Internazionale delle Donne di Roma, fa il punto della situazione in vista delle mobilitazioni di settembre.</p></div> <div class='rss_texte'><p><a href='http://www.noidonne.org/articoli/casa-delle-donne-la-nostra-una-richiesta-politica-di-francesca-kock.php' class='spip_out' rel='nofollow external'>http://www.noidonne.org/articoli/ca...</a></p> <p>La premessa delle nostre proposte poggiava sulla considerazione che, nel tempo, la Casa Internazionale, luogo simbolico e materiale del femminismo storico, è stata sempre più riconosciuta come una risorsa della città, per la molteplicità di servizi, di iniziative culturali, per l'importanza dell'Archivio e della Biblioteca, per la capacità di accoglienza di tantissime donne ogni anno.</p> <p>Senza la grande, straordinaria mobilitazione delle donne e di molti uomini) della città, non avremmo forse neanche ottenuto la conferma dell'ultimo appuntamento con la giunta. Un appuntamento che chiedevamo da più di sei mesi, per avere finalmente una risposta chiara alle proposte che avevamo presentato in gennaio, in una memoria circostanziata. Nel testo si ricostruiva la storia del progetto della Casa Internazionale e la destinazione del palazzo del Buon Pastore al movimento femminista, conseguente al riconoscimento da parte dell'amministrazione del valore del progetto stesso e della necessità che il luogo, dal ‘600 destinato a reclusorio femminile, potesse finalmente cambiare di segno, ospitando pensieri e pratiche delle donne per la loro libertà ed emancipazione.</p> <p>Nella nostra memoria abbiamo anche proposto una riduzione dell'ammontare del debito, tale da ridurre della metà l'intero importo grazie ai crediti nei confronti del comune stesso, e alle spese importanti di manutenzione, nonché per la valutazione anche in termini economici della quantità di servizi offerti. La premessa delle nostre proposte poggiava sulla considerazione che, nel tempo, la Casa Internazionale, luogo simbolico e materiale del femminismo storico, è stata sempre più riconosciuta come una risorsa della città, per la molteplicità di servizi, di iniziative culturali, per l'importanza dell'Archivio e della Biblioteca, per la capacità di accoglienza di tantissime donne ogni anno. Una richiesta politica dunque la nostra, che aspettava una risposta allo stesso livello. Con le loro parole, però, le assessore si sono sottratte a questa possibilità, e hanno piuttosto privilegiato il solo piano amministrativo, rifiutando in toto le nostre ipotesi di lavoro e comunicandoci invece, ad opera degli uffici, l'imminente procedura di revoca della convenzione.</p> <p>Ovviamente la Casa farà opposizione nelle sedi opportune; resta il fatto che, con l'incontro di ieri, la giunta Raggi perde un'altra occasione di dialogo e di confronto, rinuncia alla preziosa molteplicità di proposte, di servizi, di iniziative culturali e sociali, soffoca la pluralità di culture e di pensieri, chiude spazi attivi e vivaci, a cominciare dagli spazi delle donne. Si sta facendo un deserto in questa città, con la soppressione delle molte voci diverse e originali, delle tante forme di autogestione che sono la ricchezza della convivenza e che spesso suppliscono alle mancanze dell'amministrazione.</p> <p>Certo, non è il linguaggio amministrativo che può dar conto della ricchezza e della complessità dell'esperienza quasi ventennale della Casa Internazionale, e per questo siamo profondamente insoddisfatte e deluse della risposta; tuttavia è proprio a questo livello che per la Casa si è aperta, nel corso dell'incontro di mercoledì, una strada per continuare la sua battaglia. È stata posta sul tavolo, infatti, la possibilità di lavorare ad una transazione per risolvere definitivamente la pesante questione del debito; un'operazione di confronto legale delicata e difficile, che però potrebbe evitare la rottura della convenzione e rendere di nuovo possibile qualsiasi interlocuzione sul futuro. La partita dunque resta aperta, e la solidarietà intorno alla Casa sarà lo strumento per poter vincere. La mobilitazione delle donne, la scesa in campo delle artiste e degli artisti è stata, come sappiamo, essenziale, e ci offre ora la possibilità di continuare a raccogliere la somma che permetterà alle donne della Casa di proporre la transazione e onorarla.</p></div> Una giornata difficile da dimenticare: decine di migliaia sono scese in piazza in Italia e non solo. http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1143 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1143 2017-03-09T14:25:25Z text/html it Fonte: http://www.womenews.net/ Ieri ovunque le donne hanno manifestato, sono scese in piazzia in tutta Italia in decine di migliaia. Una forza che non può più essere ignorata. Un movimento globale che ha visto le donne di 40 paesi mobilitarsi per dire NON UNA DI MENO nell'esercizio dei propri diritti. Per dire basta ad ogni tipo di violenza. E, per indicare anche la strada a chi questa la smarrita. La segreteria nazionale della CGIL, ad esempio, è rimasta in silenzio, quasi stordita di fronte (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique12" rel="directory">7. AMICHE DI PENNA, COMPAGNE DI STRADA</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1143.jpg" width='150' height='113' style='height:113px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Fonte: <a href='http://www.womenews.net/' class='spip_out' rel='nofollow external'>http://www.womenews.net/</a></p></div> <div class='rss_texte'><p>Ieri ovunque le donne hanno manifestato, sono scese in piazzia in tutta Italia in decine di migliaia. Una forza che non può più essere ignorata. Un movimento globale che ha visto le donne di 40 paesi mobilitarsi per dire NON UNA DI MENO nell'esercizio dei propri diritti. Per dire basta ad ogni tipo di violenza. E, per indicare anche la strada a chi questa la smarrita. La segreteria nazionale della CGIL, ad esempio, è rimasta in silenzio, quasi stordita di fronte a questo protagonismo politico che da mesi riesce a organizzarsi, a costruire rete, a mobilitarsi su obbiettivi precisi e condivisi da un nemero sempre più grande di persone. Non obbiettivi generici ma estremamente precisi capaci di convogliare su di sé l'attenzione di migliaia di persone e dico persone perché ad aderire non sono più solo le donne ma anche uomini che hanno preso coscienza dell'importanza di costruire assieme una società civile dove i diritti di tutte e di tutti siano rispettati.</p> <p>Pubblichiamo la lettere di risposto di non una di meno alla CGIL. che potrete trovare sul link a destra della pagina del paese delle donne</p> <p>Nel pubblicare la risposta della Segretaria della CGIL Susanna Camusso alla richiesta di incontro avanzata da Non Una Di Meno per discutere del contributo della CGIL allo sciopero generale per la giornata dell'8 marzo 2017, ci sia consentito di esprimere alcune valutazioni e una raccomandazione.</p> <p>"Prendiamo atto della scelta della CGIL di non convocare lo sciopero per l'8 marzo 2017 e, quindi, di non aprirsi alla richiesta del movimento di farsi strumento utile delle istanze di autonomia e libertà che migliaia e migliaia di donne in questi mesi (in Italia come in tutto il mondo) stanno portando avanti con forza e determinazione. Prendiamo atto che non è, quindi, nelle intenzioni del più grande sindacato italiano rompere gli steccati corporativi che ormai sempre più lo segnano.</p> <p>Apprendiamo inoltre con stupore che la Segretaria Camusso giudichi proprio queste richieste e, quindi, lo sciopero globale delle donne – a oggi sono 49 i paesi che hanno aderito in tutto il mondo –, qualcosa che si muove esclusivamente sul piano simbolico. Di qui, come già comunicato la scorsa settimana anche dalla FIOM, l'indisponibilità a indire lo sciopero generale. Vogliamo allora ribadire, come abbiamo fatto nel corso dell'incontro con le rappresentanti FIOM, che questo sciopero è invece maledettamente concreto, come maledettamente concrete sono le motivazioni che hanno portato le donne di tutto il mondo ad alzare la testa e a mobilitarsi. La piattaforma che stiamo scrivendo – il Piano femminista contro la violenza – sta lavorando all'individuazione di risposte altrettanto concrete ed efficaci al problema della violenza maschile sulle donne, intesa come questione sistemica e strutturale, che attraversa quindi tutti gli ambiti della vita delle donne, non da ultimo quello del lavoro.</p> <p>Infine, vista la grande sensibilità mostrata dalla Segretaria Camusso riguardo al problema della violenza di genere, Le rivolgiamo un appello, già lanciato la scorsa settimana alle segreterie nazionali di tutti i sindacati che non hanno indetto lo sciopero: Non Una Di Meno continua, quotidianamente, a ricevere centinaia di comunicazioni che riguardano la diffusione nei luoghi di lavoro, da parte non solo dei datori, ma anche delle RSU e delle rappresentanze sindacali territoriali, di informazioni tecniche relative allo sciopero scorrette se non apertamente false. Si dice alle lavoratrici che se il proprio sindacato non ha indetto lo sciopero non possono scioperare, che se non si è iscritte a un sindacato non si può scioperare, in alcuni casi si mettono in atto vere e proprie forme di ricatto o promesse di ritorsione. Chiediamo allora nuovamente alla Segretaria, se davvero ha a cuore il problema della violenza in tutte le sue forme, di vigilare, affinché venga garantito alle lavoratrici l'esercizio di un diritto individuale sancito e tutelato dalla Costituzione. Perché non indire lo sciopero è legittimo, impedirne l'esercizio no"</p></div> Nonunadimeno rinnova la nostra rivoluzione http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1142 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1142 2017-03-08T19:50:52Z text/html it Buon Otto Marzo di lotta da IFE Italia. Con le parole di Lea Melandri, compagna di strada. - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique12" rel="directory">7. AMICHE DI PENNA, COMPAGNE DI STRADA</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1142.jpg" width='150' height='29' style='height:29px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Buon Otto Marzo di lotta da IFE Italia.</p> <p>Con le parole di Lea Melandri, compagna di strada.</p></div> "La politica come amore per l'umanità" http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1006 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1006 2016-04-05T08:31:57Z text/html it Il link per leggere l'intervista ad Anita Sonego, nostra amica e compagna di strada, alla quale auguriamo di poter continuare l'esperienza in Consiglio Comunale a Milano. La sua presenza come Consigliera è stata utile, preziosa , intelligente e non neutra. In bocca al lupo Anita. http://www.pressenza.com/it/2016/04... - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique12" rel="directory">7. AMICHE DI PENNA, COMPAGNE DI STRADA</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1006.jpg" width='150' height='111' style='height:111px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Il link per leggere l'intervista ad Anita Sonego, nostra amica e compagna di strada, alla quale auguriamo di poter continuare l'esperienza in Consiglio Comunale a Milano.</p> <p>La sua presenza come Consigliera è stata utile, preziosa , intelligente e non neutra.</p> <p>In bocca al lupo Anita.</p></div> <div class='rss_texte'><p><a href='http://www.pressenza.com/it/2016/04/anita-sonego-la-politica-amore-lumanita/' class='spip_out' rel='nofollow external'>http://www.pressenza.com/it/2016/04...</a></p></div> Le donne di Gaza http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article991 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article991 2016-03-10T14:19:40Z text/html it tratto da: www.comune-info.net immagine dal sito: www.arabpress.eu Doveva essere una settimana dedicata a Gaza e all'inaugurazione del laboratorio Liutati di Gaza, la musica al lavoro contro la distruzione. Le cose sono andate un po' diversamente. I ragazzi, il direttore e gli insegnanti, della scuola Al Kamanjati, di Ramallah, non sono riusciti ad avere il permesso per entrare,io l'ho avuto all'ultimo minuto quando ero arrivata già a Ramallah e fatto un “piano B”, pensando di non poter (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique12" rel="directory">7. AMICHE DI PENNA, COMPAGNE DI STRADA</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton991.jpg" width='150' height='100' style='height:100px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>tratto da: <a href='http://www.comune-info.net/' class='spip_out' rel='nofollow external'>www.comune-info.net</a></p> <p>immagine dal sito: <a href='http://www.arabpress.eu/' class='spip_out' rel='nofollow external'>www.arabpress.eu</a></p></div> <div class='rss_texte'><p>Doveva essere una settimana dedicata a Gaza e all'inaugurazione del laboratorio Liutati di Gaza, la musica al lavoro contro la distruzione. Le cose sono andate un po' diversamente. I ragazzi, il direttore e gli insegnanti, della scuola Al Kamanjati, di Ramallah, non sono riusciti ad avere il permesso per entrare,io l'ho avuto all'ultimo minuto quando ero arrivata già a Ramallah e fatto un “piano B”, pensando di non poter entrare. Alla fine ce l'ho fatta, grazie all'impegno di Meri Calvelli, direttrice dell'accogliente e super attivo centro di scambi culturali Palestina-Italia intitolato alla memoria di Vittorio Arrigoni dove avrà la sede, almeno all'inizio, anche il Laboratorio di Al Kamanjati, per il quale ho messo… la prima pietra, ovvero uno dei violoncelli da riparare, donati da un generoso liutaio francese, a Roma.</p> <p>Ho mantenuto solo una piccola parte del “piano B”, visitando, e acquistando khefie multicolori, la fabbrica della famiglia Hirbawi, ad Hebron, l'unica rimasta a produrre kefie, dopo che il mercato è stato occupato dalla produzione cinese… La sua sopravvivenza è dovuta all'intelligenza della “diversificazione produttiva”: kefie di vari disegni e colori, non solo quelle tradizionali bianche e nere o bianche e rosse. Così la famiglia Hirbawi esporta con successo prodotti veramente belli, di qualità e buon gusto.</p> <p>Ho cancellato invece, sia pure a malincuore, l'incontro con il Freedom Theater di Jenin, una volta avuto il permesso di entrata a Gaza. Tornarvi dopo sette anni è stato emozionante e sorprendente. Una gioia trovare mare e sole dopo tre giorni di freddo, pioggia e tormenta a Ramallah. Ma Gaza sorprende per molto altro. Meri stessa, che è con me ed è stata fuori un mese, si meraviglia per quanto è stato fatto di sgombero delle macerie e di ricostruzione in questo periodo. Immaginavo di trovarmi dentro una massa di macerie ma, almeno all'entrata e lungo il percorso per Gaza city, se ne vedono poche: da quando hanno avuto la possibilità di ricevere il materiale, hanno lavorato incessantemente. Grandi lavoratori, spesso per un lavoro di Sisifo, che ogni guerra (una ogni due anni ripetono tutti) costringe a ricominciare da capo.</p> <p>Adesso regna la calma: passeggiando al porto vediamo barche che vanno e vengono, nelle poche miglia loro consentite, per la pesca o anche per gite turistiche; una bella moschea ricostruita, nuova di zecca, bianca e azzurra, svetta sul mare con i suoi minareti. La sera sul lungomare c'è una quantità di gente e (mai viste negli anni che ricordo) una gran quantità di macchine nuove e costose. Una piccola parte della popolazione si arricchisce, forse attraverso l'uso distorto di donazioni internazionali senza controlli. Ma ci sono zone dove la miseria è assoluta. Di questa grande disuguaglianza sociale c'è chi accusa la corruzione, chi il governo locale, chi l'Anp, decisamente non amata né a Ramallah né qui, ma la chiusura, l'impossibilità di entrare e uscire, sono gli effetti di un assedio che dura da circa dieci anni. Meri ci racconta i giorni e le notti di paura e di affanno durante la guerra, per aiutare gli sfollati, comprare e portare materassi e coperte, sotto le bombe….</p> <p>Tutt'altra atmosfera oggi, quando assistiamo a un concerto, organizzato da Al Kamandjati insieme ai musicisti locali per inaugurare il progetto: possiamo vedere e ascoltare il saluto triste da Ramallah di Ramzi Aburedwan, il suo direttore, solo attraverso l'immancabile smartphone. Poi due ore di canzoni di lotta e di festa creano entusiasmo nel folto giovane pubblico, ragazze e ragazzi che si spellano le mani ad applaudire e cantano insieme alla band. Molte ragazze non portano più il velo, il clima è gioioso e, da me, totalmente inaspettato.</p> <p>La sorpresa più bella sta negli incontri con le tante donne che inventano, creano, costruiscono, lavorano per la loro comunità senza stancarsi né lamentarsi, senza perdere il sorriso, costruttrici di futuro e di speranza, vera spina dorsale di resistenza. Ci accompagna quasi sempre Nashwa, una giovane architetta-archeologa che avevamo conosciuto in Italia in occasione di un periodo di formazione con Iccrom (agenzia delle Nazioni Unite per i beni culturali). Siamo felici di ritrovarci qui e per prima cosa ci mostra il suo attuale lavoro: dirige il restauro di un antico monastero, Al Khader, creato 1700 anni fa, a Deir el Balah, a metà della striscia di Gaza. Diventerà una biblioteca per bambini, legata a Nawa (seme di palma), associazione per la cultura e le arti, la cui direttrice, Reem Abu Jaber, incontreremo subito dopo. Intelligente, energica, ha viaggiato molto, studiato al Cairo, e raccolto spunti e idee per il centro che dirige, dedicato ai bambini e alle loro famiglie. Il posto è molto bello, pieno di luce, con materiali naturali, mobili di legno chiaro e tanti colori intorno. Molte sono le attività: dall'educazione al riciclo e alla cura dell'ambiente, all'amore per la lettura, con il programma “amiamo leggere”.</p> <p>Nata nel 2014, accoglie migliaia di bambini, impiega ventidue giovani donne e due uomini (con piccoli stipendi), cura i rapporti con le famiglie. Disegno, storia, ginnastica, artigianato e in futuro la musica: una comunità autogestita, dove il personale adulto, animatrici e animatori, si riserva una giornata, il giovedì, di training collettivo, inclusa la meditazione. L'uso equilibrato del tempo, per sé e per gli altri, è uno dei principi fondamentali di Nawa, insieme a quello della cultura come strumento di crescita: il suo slogan, “il potere della cultura affronta una cultura del potere” dice molto.</p> <p>I bambini che hanno vissuto la paura e la distruzione della guerra, vengono coinvolti attraverso le varie attività nei valori fondamentali di Nawa: ambiente accogliente, libertà di parola, impegno e senso di appartenenza, sviluppo dell'autoapprendimento. “Non siamo una Ong e usiamo decisamente metodi diversi, il nostro obiettivo è fornire ai bambini, alle famiglie, a chi educa, nel centro della striscia di Gaza, attività che aiutino a conservare la cultura palestinese e a dare sicurezza di sé alle future generazioni”. Questa donna, creativa e instancabile, ci dice che sta crescendo una nuova leva, perché conta, nel giro di pochi anni, di trasferirsi in altra zona per costruire una analoga impresa.</p> <p>Nashwa, la nostra accompagnatrice, è innamorata di questi luoghi e della bellezza degli edifici antichi per il cui restauro lavora: si illumina quando ci porta a visitare strutture restaurate, come il bellissimo edifico per la conservazione del patrimonio culturale, della famiglia Al Alami, si incupisce quando ci imbattiamo in una antica casa venduta ad un nuovo proprietario, che la sta facendo demolire.</p> <p>Nel quartiere dove abita con la sua famiglia, Al Shejaeya, incontriamo le donne di Zakher, altra associazione, per lo sviluppo delle capacità femminili, anche essa in un bell'edifico restaurato, unico centro di donne, in un'area che ha visto un massacro di civili nell'ultima guerra. La cosa di cui la direttrice è orgogliosa è la “cucina femminista” Sarroud (pentola bassa con coperchio), a pochi metri di distanza, creato per rispondere ai bisogni delle donne a cui la guerra ha portato via il marito, rimaste sole a gestire casa e famiglia. La particolarità di Sarroud è che tutta la gestione della cucina, gli acquisti, la produzione di cibi, è fatta da donne: l'obiettivo dell'attività è fornire modesti redditi alle donne rimaste vedove, alle divorziate o a quelle sottoposte a violenza familiare.</p> <p>Infine, in Gaza city, visiteremo a lungo la sede di Aisha, parlando con la giovane e attivissima Miriam, addetta alle “relazioni esterne”: Aisha è il nome della prima direttrice del centro, nato nel 2009 staccandosi dal Gaza Community mental health program (dopo quindici anni di attività), il suo significato è “vita”. Le donne di Aisha realizzano progetti finanziati da varie associazioni europee, inclusa l'italiana Gazzella, e hanno un vasto spettro di campi di attività. Vedremo al lavoro parrucchiere e truccatrici, donne che lavorano a maglia o a uncinetto, che producono artigianato: attività diverse che consentono un sia pur modesto reddito.</p> <p>Altro importante settore è quello dedicato, con strumenti giuridici e psicologici, a combattere la violenza contro le donne e a proteggere le donne stesse, nonché i bambini. Ben 5.800 donne colpite dall'aggressione israeliana del 2014, sono state sostenute sia psicologicamente, sia fisicamente, anche, nei casi, più gravi con psicoterapia attraverso la clinica mobile. È così che molte donne acquisendo fiducia in se stesse hanno la capacità di dare sostegno ad altre.</p> <p>Miriam ci racconta molto orgogliosa l'episodio di una frequentatrice del centro che, incontrata per strada una donna piangente a causa della violenza del marito contro se stessa e i bambini, sottratti dal marito per farli lavorare al mercato, è stata capace di fare causa, portarla in tribunale, farle riottenere i figli e farli tornare a scuola! Aisha, dice Miriam, è un agente di cambiamento sociale. E anche attraverso la formazione, sollecita ragazze e ragazzi (“I giovani creano il cambiamento”) alla partecipazione politica nelle amministrazioni comunali, all'impegno per superare le divisioni politica – sempre un fattore paralizzante – attivando invece un lavoro sociale comune e servizi alla comunità.</p> <p>Di politica, di partiti, di governo, si parla ben poco: la consapevolezza di una situazione difficilissima è diffusa, ma non ho sentito nessuna/o lamentarsi; tutti amano il proprio paese, ci interrogano sull'ostracismo della comunità internazionale, sul perché essere costretti a vivere in prigione e sul perché il nome di Gaza sia avvolto dal sospetto e dal rifiuto. Di risposte non ne abbiamo, possiamo solo assicurare di fare il possibile per trasmettere nel nostro paese immagini positive, racconti di storie e persone di grande vitalità e dignità, il loro desiderio, ma anche il loro diritto a una vita libera.</p></div>