IFE Italia http://www.ifeitalia.eu/ it SPIP - www.spip.net IFE Italia http://www.ifeitalia.eu/IMG/siteon0.jpg http://www.ifeitalia.eu/ 144 144 Maschio guerriero, maschio protettore: il paradosso mortale dentro il patriarcato http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1836 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1836 2023-12-03T13:36:16Z text/html it "(...) Si dice a ragione allora insistentemente: il femminicidio è soprattutto un problema di uomini e sono costoro a doversene fare carico pubblicamente. E viene aggiunto subito che riguarda tutti gli uomini, non solo alcuni uomini, che è l'aspetto più difficile da sbrogliare. Perché c'è da superare la tentazione diffusa di addebitare il femminicidio a colpi di follia esplosi in un uomo, magari apparentemente mite e innocuo: del quale solo dopo perlopiù si viene a sapere che esercitava violenze (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique21" rel="directory">12. Pensieri e parole di genere maschile</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1836.jpg" width='89' height='150' style='height:150px;width:89px;' /> <div class='rss_chapo'><p>"(...) Si dice a ragione allora insistentemente: il femminicidio è soprattutto un problema di uomini e sono costoro a doversene fare carico pubblicamente. E viene aggiunto subito che riguarda tutti gli uomini, non solo alcuni uomini, che è l'aspetto più difficile da sbrogliare. Perché c'è da superare la tentazione diffusa di addebitare il femminicidio a colpi di follia esplosi in un uomo, magari apparentemente mite e innocuo: del quale solo dopo perlopiù si viene a sapere che esercitava violenze continue e di vario tipo che accumulatesi a un certo punto esplodono.(...)</p> <p>Un riflessione al maschile che aiuta.</p></div> <div class='rss_texte'><p><a href='https://www.francoromano.it/maschio-guerriero-maschio-protettore-il-paradosso-mortale-dentro-il-patriarcato/?fbclid=IwAR1yba6Bx0a1mQuHFs0tZujcNONqcT9wlZ7Goc-18PnhCqU-lpDxtypL-pA' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://www.francoromano.it/maschio...</a></p></div> Femminicidi: qualche riflessione scomoda ma necessaria http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1835 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1835 2023-11-29T12:20:43Z text/html it "(...) Sono decenni che gli studi di genere ci dicono che tra patriarcato e capitalismo c'è un'alleanza genealogica. Prima ho fatto cenno alla caccia alle streghe, e a molti è nota la celebre tesi di Silvia Federici, per cui «lo sviluppo del capitalismo iniziò con una guerra alle donne: la caccia alle streghe del XVI e XVII secolo». Il capitalismo contemporaneo non ha attenuato quell'alleanza dell'origine ma l'ha rinvigorita, femminilizzando il lavoro, privatizzando ogni esperienza di legame sociale, (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique21" rel="directory">12. Pensieri e parole di genere maschile</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1835.jpg" width='150' height='82' style='height:82px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>"(...) Sono decenni che gli studi di genere ci dicono che tra patriarcato e capitalismo c'è un'alleanza genealogica. Prima ho fatto cenno alla caccia alle streghe, e a molti è nota la celebre tesi di Silvia Federici, per cui «lo sviluppo del capitalismo iniziò con una guerra alle donne: la caccia alle streghe del XVI e XVII secolo». Il capitalismo contemporaneo non ha attenuato quell'alleanza dell'origine ma l'ha rinvigorita, femminilizzando il lavoro, privatizzando ogni esperienza di legame sociale, assumendo infine il codice della guerra – con tutto il suo galateo intrinsecamente patriarcale e maschilista – in sostituzione di quello della democrazia. Senza questa correlazione tra patriarcato e capitalismo rischiamo oggi di perderci la radicalità sociale per cui il primo è diventato il modello di riferimento delle forme contemporanee del dominio e della violenza e il secondo ha globalizzato la caccia alle streghe condannando le donne a una sottomissione che sotto l'apparente promessa della liberazione individuale per poche è diventata un incubo per quasi tutte. (...)"</p></div> <div class='rss_texte'><p><a href='https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2023/11/22/femminicidi-qualche-riflessione-scomoda-ma-necessaria/?fbclid=IwAR2cRB7t7ZG8peZ26NZAp-ib-gw3wLfCIwChKCrBbZY4EHw' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://volerelaluna.it/in-primo-pi...</a></p></div> Crepe nel cemento http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1784 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1784 2023-03-14T10:00:56Z text/html it "Costruiamo il mondo come se fossimo crepe nel cemento." Tratto da: https://comune-info.net/crepe-nel-c... Noi facciamo “politica” in senso lato ogni volta che interagiamo con la società umana che abbiamo attorno. In genere facciamo politica contro. Impedire i licenziamenti, il bullismo, la gentrificazione, il cambiamento climatico, la transfobia, l'immigrazione indiscriminata, le troppe tasse, l'imperialismo yankee, il fascismo, il comunismo, la discriminazione… Tutte cose che hanno un (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique21" rel="directory">12. Pensieri e parole di genere maschile</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1784.jpg" width='143' height='150' style='height:150px;width:143px;' /> <div class='rss_chapo'><p>"Costruiamo il mondo come se fossimo crepe nel cemento."</p> <p>Tratto da: <a href='https://comune-info.net/crepe-nel-cemento/' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://comune-info.net/crepe-nel-c...</a></p></div> <div class='rss_texte'><p>Noi facciamo “politica” in senso lato ogni volta che interagiamo con la società umana che abbiamo attorno. In genere facciamo politica contro. Impedire i licenziamenti, il bullismo, la gentrificazione, il cambiamento climatico, la transfobia, l'immigrazione indiscriminata, le troppe tasse, l'imperialismo yankee, il fascismo, il comunismo, la discriminazione… Tutte cose che hanno un colpevole. Putin Meloni Soros Schlein Renzi Nardella Casapound Biden Conti Salvini Trump il Papa Marx Adolf Hitler il sindaco di Montegruffoli Vittorio Feltri. E c'è la fantasia che se solo riuscissimo a togliere di mezzo quel colpevole, scomparirebbero tutte le suddette schifezze…</p> <p>Il colpevole lo identifichiamo notandone ogni singolo difetto, che sia una strage o un errore di sintassi non importa; e censurando rigorosamente ogni cosa positiva che il colpevole possa aver fatto. Automaticamente, se il colpevole è lui, noi siamo innocenti. Ma dall'innocenza, passiamo alla potenza: siamo automaticamente eletti a giudici e a boia, tutto insieme. Ed ecco che la politica, da destra o da sinistra o da dove volete voi, esiste solo in funzione del nemico da sterminare: ci sturiamo il naso, mentre il politico che abbiamo votato spara lo ZyklonB sui nostri nemici.</p> <p>In tutto questo, riusciamo a prendere di mira un umano, un esserino alto manco du' metri e destinato a crepare presto, che passa almeno un terzo della sua vita a fare sogni e incubi, e gran parte del resto suddiviso tra fame, paura e lussuria.</p> <p>Ora, anch'io sono un esserino alto manco du' metri, e tutto il tempo che risparmio a pensar male di altra gentaglia come me, è tempo risparmiato. Anch'io ho pensato tanto male di altri, e quindi di riflesso bene di me stesso. Ma adesso, mi sarei anche stufato. Voglio pensare soprattutto a ciò che riesco a fare, a cogliere, assieme alle persone cui voglio bene e di cui mi fido, tutte le occasioni positive, a costruire e non a distruggere. Guardare la vita, il Mondo, la Toscana (l'Italia, saltiamola che non ci interessa), il Comune, il Quartiere, il Gonfalone, come un bicchiere mezzo pieno.</p> <p>Costruiamo il mondo come se fossimo crepe nel cemento.</p> <p>* Miguel Martínez è nato a Città del Messico, è cresciuto in giro per l'Europa e soprattutto in Italia, ed è laureato in lingue orientali (arabo e persiano). Di mestiere fa il traduttore e trascorre molto tempo in un giardino comunitario di Firenze.</p></div> Un pò di ordine nel caos sistemico http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1776 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1776 2023-02-14T11:42:25Z text/html it Un testo utile e ben articolato. Diffondiamo volentieri. https://comune-info.net/un-po-dordi... - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique21" rel="directory">12. Pensieri e parole di genere maschile</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1776.jpg" width='150' height='119' style='height:119px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Un testo utile e ben articolato. Diffondiamo volentieri.</p></div> <div class='rss_texte'><p><a href='https://comune-info.net/un-po-dordine-nel-caos-sistemico/' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://comune-info.net/un-po-dordi...</a></p></div> Le humanities e il coronavirus http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1508 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1508 2020-04-26T05:03:23Z text/html it Un'interessante riflessione di Mario Barenghi, che insegna letteratura italiana contemporanea all'Università di Milano Bicocca. Fonte:www.doppiozero.com. https://www.doppiozero.com/material... - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique21" rel="directory">12. Pensieri e parole di genere maschile</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1508.jpg" width='150' height='113' style='height:113px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Un'interessante riflessione di Mario Barenghi, che insegna letteratura italiana contemporanea all'Università di Milano Bicocca. Fonte:<a href='http://www.doppiozero.com/' class='spip_out' rel='nofollow external'>www.doppiozero.com</a>.</p></div> <div class='rss_texte'><p><a href='https://www.doppiozero.com/materiali/le-humanities-e-il-coronavirus?fbclid=IwAR2noOe_fW8BBiB82Ojh9Syg9LriiwDlY3vf3aeczKxNx79v61hu0o_p3f4' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://www.doppiozero.com/material...</a></p></div> Alle porte di un nuovo ordine mondiale http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1499 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1499 2020-03-31T13:20:58Z text/html it https://comune-info.net/alle-porte-... La pandemia comporta l'approfondirsi della decadenza e della crisi del sistema che, nel breve termine, era cominciata nel 2008, e che invece, nel lungo periodo, si estende a partire dalla rivoluzione mondiale del 1968. Siamo entrati in un periodo di caos del sistema-mondo, la condizione preliminare per la formazione di un nuovo ordine mondiale. In effetti, le principali tendenze in corso (militarizzazione, declino dell'egemonia degli Stati Uniti e (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique21" rel="directory">12. Pensieri e parole di genere maschile</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1499.jpg" width='116' height='150' style='height:150px;width:116px;' /> <div class='rss_chapo'><p><a href='https://comune-info.net/alle-porte-di-un-nuovo-ordine-mondiale/' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://comune-info.net/alle-porte-...</a></p></div> <div class='rss_texte'><p>La pandemia comporta l'approfondirsi della decadenza e della crisi del sistema che, nel breve termine, era cominciata nel 2008, e che invece, nel lungo periodo, si estende a partire dalla rivoluzione mondiale del 1968. Siamo entrati in un periodo di caos del sistema-mondo, la condizione preliminare per la formazione di un nuovo ordine mondiale. In effetti, le principali tendenze in corso (militarizzazione, declino dell'egemonia degli Stati Uniti e ascesa dell'Asia e Pacifico, fine della globalizzazione neoliberista, rafforzamento degli Stati e avanzamento delle ultradestre) sono processi di lungo respiro, che si accelerano in questa congiuntura. Da una prospettiva geopolitica, la Cina ha mostrato la capacità per andare avanti, superare le difficoltà e continuare la sua ascesa come potenza globale che in pochi decenni potrà essere egemone. La coesione della popolazione e un governo efficiente sono due degli aspetti centrali che spiegano in larga parte la resilienza e la resistenza cinese. La dura esperienza vissuta dal suo popolo negli ultimi due secoli (dalle guerre dell'oppio fino all'invasione giapponese) aiutano a spiegare la sua capacità di far fronte alle tragedie. La rivoluzione socialista del 1949, oltre a quella nazionalista del 1911, e il notevole miglioramento nella qualità della vita dell'insieme della popolazione, spiegano la coesione intorno al Partito Comunista e allo Stato, al di là delle opinioni che si possano avere su quelle istituzioni. Al contrario, la divisione interna che vive la popolazione degli Stati Uniti (evidenziata nelle ultime elezioni e nell'epidemia dei farmaci oppioidi che ha diminuito la speranza di vita), si coniuga con un governo erratico, imperiale e machista, di cui diffidano perfino i suoi più vicini alleati. L'Unione Europea sta ancora peggio degli Usa. Dalla crisi del 2008 ha perso la sua bussola strategica, non ha saputo distaccarsi dalla politica di Washington e del Pentagono e ha evitato di prendere decisioni che l'avrebbero perfino favorita, come la conclusione del gasdotto Nord Stream 2, paralizzato per le pressioni di Trump. L'euro non è una moneta affidabile e la mai concretizzata uscita del Regno Unito dal'Unione Europea indica la debolezza delle istituzioni comuni.</p> <p>La finanziarizzazione dell'economia, dipendente dalle grandi banche corrotte e inefficienti ha trasformato l'eurozona in una “economia a rischio”, priva di una rotta e di un orizzonte di lunga durata. L'impressione è che L'Europa è destinata ad accompagnare il declino degli Stati Uniti, giacché è stata incapace di rompere il cordone ombelicale allacciato dai tempi del Piano Marshall. Tanto gli Stati Uniti quanto l'Unione Europea, come – nemmeno a dirlo – i paesi latinoamericani, soffriranno gli effetti economici della pandemia con molta più intensità di quelli asiatici, i quali hanno mostrato, dal Giappone alla Cina, fino a Singapore e la Corea del Sud, una notevole capacità di superare le avversità. Una recente inchiesta di Foreign Policy tra dodici illustri intellettuali si conclude sostenendo che gli Usa hanno perso la loro capacità di leadership globale e che l'asse del potere mondiale si trasferisce in Asia. La pandemia è la tomba della globalizzazione neoliberista, quella del futuro sarà una globalizzazione più “amichevole”, centrata sulla Cina e i paesi dell'Asia e Pacifico. Nelle principali e decisive tecnologie, la Cina è già in testa. Guida la classifica nella costruzioni di reti 5G, nell'intelligenza artificiale, nel computing quantistico e nei supercomputer. L'economista Oscar Ugarteche, dell'Observatorio Económico de América Latina (Obela), sostiene che “la Cina è la fonte dei cinque rami dell'economia mondiale: la chimica farmaceutica, le automobili, l'aeronautica, l'elettronica e le telecomunicazioni”. Così la chiusura delle fabbriche cinesi può frenare la produzione di questi cinque rami dell'economia nel mondo. La Cina produceva già nel 2017 il 30% dell'energia solare mondiale, più dell'Unione Europea e il doppio degli Stati Uniti. La classifica Top500 dei maggiori supercomputer del mondo rivela che la Cina ne possiede 227 su 500 (il 45%), contro i 118 degli Usa, al minimo storico. Dieci anni fa, nel 2009, la Cina ne aveva 21 contro i 277 dell'allora superpotenza. Il successo cinese nella corsa tecnologica non vuol dire naturalmente che il suo modo di organizzare la società sia desiderabile, dal punto di vista di quelli di noi che desiderano una società postcapitalista, democratica e non patriarcale. Il controllo sociale in Cina è asfissiante: dalle milioni di videocamere che sorvegliano le persone fino al diabolico sistema di “credito sociale” che conferisce o toglie punti a seconda del comportamento corretto o meno dei cittadini, così come per la stigmatizzazione e la discriminazione delle persone LGBTI.</p> <p>Nel resto del mondo le cose non vanno meglio. Il fatto che le “democrazie” europee abbiano copiato il modello cinese di affrontare l'epidemia del coronavirus è una dimostrazione del fatto che il Dragone è già un punto di riferimento e un esempio per quel che riguarda il controllo sociale della popolazione. “Il mondo ha imparato dal paese asiatico“, sottolinea l'Economist, il settimanale della finanza e degli imprenditori. L'avanzamento dei fascismi in Europa e in America Latina, non solo a livello dei partiti ma di quel fascismo sociale diffuso quanto contundente, focalizzato contro i dissidenti e gli emigranti perché portano alla luce comportamenti differenti e un altro colore della pelle, si accompgna allo svuotamento delle democrazie. Che restano appena come esercizi elettorali ma non garantiscono il minimo cambiamento, né la minima influenza della popolazione nelle politiche statali. L'esperienza di Syriza in Grecia, così come quella del Pt in Brasile, dovrebbe essere motivo di riflessione per le sinistre del mondo sulle difficoltà di spostare l'ago dell'economia e della politica. Anche volendo credere che abbiano provato a portare avanti le loro migliori intenzioni, il bilancio delle loro gestioni non è solo povero ma regressivo negli aspetti macroeconimici e in relazione all'acquisizione di potere da parte delle società.</p> <p>Per i movimenti il panorama è più complesso, ma non è uniforme. Quelli che hanno fatto delle manifestazioni e di altre azioni pubbliche il loro asse centrale, sono i più colpiti. Quelli di base e territoriali si trovano in una situazione potenzialmente migliore. Ci colpisce e danneggia tutti, tuttavia, la militarizzazione. I popoli originari e neri dell'America Latina, con in primo piano gli zapatisti, i nasa-misak della Colombia e i Mapuche, sono quelli che si trovano nelle migliori condizioni. Qualcosa di simile può accadere con i progetti di autogestione, gli orti e gli spazi collettivi che hanno la possibilità di produrre alimenti. In ogni caso, il militarismo, il fascismo e le tecnologie di controllo della popolazione, sono nemici potenti che, riuniti, possono produrci un danno immenso, fino al punto di rovesciare gli sviluppi che i movimenti hanno tessuto dalla crisi precedente.</p> <p>Traduzione per Comune-info: marco calabria Questo articolo uscirà in spagnolo anche su El Salto</p></div> Balibar, le condizioni della politica http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1495 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1495 2020-03-14T15:35:25Z text/html it Fonte: https://ilmanifesto.it/balibar-le-c... immagine: www.lepeuplequimanque.org Interrogare, da un angolo filosofico, la congiuntura politica contemporanea è pressoché impossibile senza confrontarsi con il pensiero di Étienne Balibar. Ciò dipende certo dal lavoro che egli ha condotto su alcuni classici, Spinoza e Marx in particolare; e dallo scavo di alcuni dei temi fondamentali come le frontiere, la cittadinanza, lo spazio politico europeo, la violenza, la globalizzazione e così via (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique21" rel="directory">12. Pensieri e parole di genere maschile</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1495.jpg" width='150' height='113' style='height:113px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Fonte: <a href='https://ilmanifesto.it/balibar-le-condizioni-della-politica/' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://ilmanifesto.it/balibar-le-c...</a></p> <p>immagine: <a href='http://www.lepeuplequimanque.org/' class='spip_out' rel='nofollow external'>www.lepeuplequimanque.org</a></p></div> <div class='rss_texte'><p>Interrogare, da un angolo filosofico, la congiuntura politica contemporanea è pressoché impossibile senza confrontarsi con il pensiero di Étienne Balibar. Ciò dipende certo dal lavoro che egli ha condotto su alcuni classici, Spinoza e Marx in particolare; e dallo scavo di alcuni dei temi fondamentali come le frontiere, la cittadinanza, lo spazio politico europeo, la violenza, la globalizzazione e così via seguitando. Ma, più profondamente, il nostro debito verso Balibar dipende dalla straordinaria generosità di un filosofo che non ha mai smesso di fare i conti – direttamente – con l'attualità: che non ha esitato, in altri termini, a prendere la parola in pubblico, accostando di lato i grandi cicli di lotte degli ultimi tre decenni, come una coscienza inquieta e curiosa, desiderosa di discutere ed apprendere, insegnando.</p> <p>Da questo punto di vista è assai preziosa l'iniziativa della casa editrice La Découverte, che ha deciso di raccogliere in volume, sotto il titolo Histoire interminable. D'un siècle à l'autre. Écrits I, i «testi d'intervento storico-politico», prodotti tra il 1995 e il 2019, sistemati dall'autore in tre sezioni (Tracce, Frontiere, Congetture), inquadrate da due grandi saggi inediti a guisa di introduzione e di conclusione provvisoria (un secondo volume di scritti, intitolato Passion du concept. Épistémologie, théologie et politique è previsto per fine marzo). Si tratta di un invito a pensare il passaggio d'epoca: piantare lo sguardo in avanti e attraversare le macerie del mondo dominato dal «capitalismo assoluto». Esercizio non banale perché Balibar lo circoscrive tra un presupposto: «la storia non è finita», perché essa è «interminabile»; e un dubbio metodico: «che il chiasma tra struttura sociale e azione politica» si sia definitivamente spezzato. Insomma che «il passaggio da un secolo all'altro coincida con la mutazione brutale del senso stesso delle categorie di cui ci serviamo per pensare il tempo, il conflitto e l'azione».</p> <p><strong>LA PRIMA SEZIONE</strong> ragiona sugli «effetti obiettivi di disseminazione della memoria» legati a tre Tracce fondamentali del XX secolo: la Grande Guerra, la Rivoluzione d'Ottobre e il 1968 (cui andrebbe aggiunto il passaggio compreso tra la caduta del muro di Berlino e gli attentati dell'11 settembre 2001, un interregno nel quale, secondo Balibar, si svela il «vero carattere del XXI secolo»). La Grande Guerra imperialista diventa dunque il punto di partenza di quello straordinario processo di «europeizzazione del mondo» che si è oggi definitivamente compiuto nella «provincializzazione d'Europa». Ma è altresì una occasione per interrogare criticamente gli odierni «nazionalismi senza impero», la cui xenofobia strutturale emerge come risposta patologica dall'oggettivo indebolimento dei poteri reali degli Stati-Nazione. «Potremmo definirla – scrive Balibar – una sindrome di impotenza dell'onnipotente». Contro il nazionalismo imperialista vive invece la traccia dell'Ottobre: rivoluzione capovolta nel suo contrario, quando ha perso, nella statalizzazione del suo movimento, l'orizzonte leninista di uno «Stato-non Stato». E tuttavia rivoluzione che continua a produrre effetti dacché, secondo Balibar, sua conseguenza paradossale è stata la spinta verso un nuovo modo di organizzazione del capitalismo: quella Grande Trasformazione, descritta da Polany, contro la quale si è organizzata la reazione neoliberale. Possiamo dire perciò che «il capitalismo globalizzato odierno è un capitalismo postsocialista». Infine il 1968, data simbolo che contiene in germe una diversa prospettiva rispetto alla «crisi dello Stato Nazionale-Sociale». Attivato da un «nuovo regime di discorso e di parola nello spazio pubblico» il '68 esprime «l'esatta antitesi dell'assorbimento nei consumi di massa e nella distrazione commerciale»: la sperimentazione di un «momento democratico extra-legale» che rivendica «il diritto ad avere diritti».</p> <p><strong>LA SECONDA SEZIONE</strong> del volume ragiona su alcune linee di faglia: Francia-Algeria, Palestina e, più in generale, il Mediterraneo, «punto di incontro e di conflitti permanenti tra storie e culture», ma anche «orizzonte di un progetto di civilizzazione a venire». È nota la pervicacia con la quale, da decenni, Balibar ci invita a considerare il tema della frontiera come metodo (in diverse occasioni egli fa riferimento al fondamentale lavoro svolto in tal senso da Sandro Mezzadra e Brett Neilson): «al posto di una concezione poliziesca della frontiera, urge una pratica politica della frontiera; farne una questione politica della quale si possano negoziare i modi d'uso e di trasformazione». Ma ragionare sulla frontiera, in politica, significa ragionare sulla cittadinanza e quindi sulle forme istituzionali che consentono di assicurarne la cogenza. Perciò individuare delle forme istituzionali sovranazionali «che non siano più lo strumento delle superpotenze militari e finanziarie» è di «bruciante attualità». Si squaderna qui il tema dell'Europa: ridotta oggi a una cinghia di trasmissione delle politiche neoliberali all'interno delle nazioni che la compongono, e a base di retroguardia per le «politiche neocoloniali» di Usa e Cina. La sua afasia politica dipende dall'incapacità di immaginarsi come spazio democratico. Ma domani il vecchio continente può diventare il centro di nuove forme di cooperazione tra nord e sud del mondo.</p> <p><strong>LA TERZA E ULTIMA SEZIONE</strong> contiene un doppio confronto con Immanuel Wallerstein e Mario Tronti, due pensatori della crisi del rapporto tra storia e politica. Pur riconoscendo l'importanza di queste due traiettorie intellettuali, tuttavia, l'escatologia negativa non basta a Balibar. Hic Rodus, Hic salta, la domanda da porsi è tutta rivolta al futuro: «quali ipotesi possiamo fare su una politica anticapitalista nell'epoca del capitalismo assoluto (qui il confronto è piuttosto con Toni Negri)?». Bisogna innanzitutto comprendere che il capitalismo assoluto «non è uno stato stazionario», ma «un regime straordinariamente instabile, fragile e quindi aggressivo». Una «politica della politica» è possibile dunque ragionando sulla «convergenza di un programma di trasformazione del lavoro e della produzione, di un sistema aperto di regolamentazioni cosmopolitiche, di una molteplicità di insurrezioni democratiche e dello sviluppo di utopie concrete che tentano nuovi modi di vita e comunicazione». Programma, regolamentazioni, insurrezioni, utopie sono momenti sincronici da attraversare per riaprire la partita della storia (e il suo nesso con la politica). Balibar ne incarna la possibilità evocando le «nuove soggettività transfrontaliere (di razza, genere, culture)», che si battono per nuovi diritti (alla cittadinanza, al reddito universale e slegato dal lavoro, per l'ambiente) e istituiscono «contro-poteri». La storia non è finita, aveva detto all'inizio. E qui il cerchio si riapre: il mondo è attraversato da insurrezioni. Una delle differenze fondamentali tra la situazione attuale e il novecento politico sta nell'irreversibilità della crisi ecologica e climatica. Senza nulla cedere a posture neo-romantiche di «re-incantamento del mondo», Balibar propone di ripartire dalla domanda di André Gorz: come si inserisce il lavoro socializzato nello scambio con la Natura? Perché è questa la sfida. Resistere «all'ideologia apocalittica del collasso inevitabile» del pianeta «rivoluzionando il concetto stesso di progresso tecnologico». Immaginare un programma socialista, individuare delle regolazioni transnazionali che frenino gli effetti nefasti del ciclo neoliberale, serve a Balibar per visualizzare uno spazio per costruire assemblaggi, a partire da una diagnosi condivisa della congiuntura.</p> <p>C'È UN'ALTERNANZA costante di realismo ed utopia in queste pagine: tipica di chi non rinuncia ad aprire orizzonti di senso ma si pone al contempo il problema delle condizioni concrete della politica. Si potrebbe dire che siamo di fronte a un revisionismo capovolto. E su un capovolgimento si tiene tutto il ragionamento di questi scritti, almeno laddove Balibar ci invita a ripensare «il dilemma classico delle politiche socialiste ma invertendone lo schema»: la rivoluzione è ormai presupposto necessario per le riforme. Senza rivoluzione, oggi, nessuna riforma sarà possibile. In fondo «l'obiettivo finale non è nulla, il movimento è tutto».</p></div> Maschi e contro il patriarcato? http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1406 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1406 2019-04-23T06:53:42Z text/html it Tratto da: https://comune-info.net/2018/02/mas... Possono esistere maschi anti-patriarcali? Due anni fa, nella casa di Mujeres Creando, a La Paz, ho formulato questa domanda a Maria Galindo. Lo sghignazzo fragoroso deve aver risuonato fino a El Alto, arrampicato sulle pendici della hoyada (una depressione del terreno circostante, ndt), per poi vagabondare nell'altopiano. È rimasta a ridere per un bel po', Maria. Quando ha recuperato la serenità, ha detto una cosa che m'è sembrata di senso (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique21" rel="directory">12. Pensieri e parole di genere maschile</a> <div class='rss_chapo'><p>Tratto da: <a href='https://comune-info.net/2018/02/maschi-e-contro-il-patriarcato/' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://comune-info.net/2018/02/mas...</a></p></div> <div class='rss_texte'><p>Possono esistere maschi anti-patriarcali? Due anni fa, nella casa di Mujeres Creando, a La Paz, ho formulato questa domanda a Maria Galindo. Lo sghignazzo fragoroso deve aver risuonato fino a El Alto, arrampicato sulle pendici della hoyada (una depressione del terreno circostante, ndt), per poi vagabondare nell'altopiano. È rimasta a ridere per un bel po', Maria. Quando ha recuperato la serenità, ha detto una cosa che m'è sembrata di senso comune, provenendo dall'anima e dal corpo di una donna femminista lesbica in un mondo di maschi: solo se si attraversa una crisi profonda.</p> <p>Adesso, che si avvicina la giornata di lotta dell'8 marzo e si moltiplicano le assemblee di donne per preparare lo sciopero e le mobilitazioni, sento la necessità di tornare su alcuni interrogativi. Possono esistere uomini non patriarcali? C'è poi una domanda ancora più complessa: noi maschi possiamo essere femministi? Credo siano due orientamenti diversi. La prima domanda possiamo discuterla. La seconda dovremmo scartarla, almeno nell'accezione in cui viene posta.</p> <p>Noi maschi possiamo simpatizzare con il femminismo, ma assumere il fatto che potremmo essere tali è un altro paio di maniche. Possono essere comunisti un padrone o un banchiere? Sì, potrebbero, sempre che si disfino dei loro beni materiali e si guadagnino la vita lavorando. È chiaro che stiamo parlando di cose materiali, che vanno e vengono, dunque. Il caso del patriarcato è molto differente perché le relazioni di oppressione di quel tipo non si risolvono in una maniera tanto “semplice”, diciamo, come disfarsi di fabbriche, case e campi.</p> <p>Vorrei precisare le domande. Cosa ne facciamo del privilegio maschile? Come potrei disfarmi dei privilegi dell'essere maschio di fronte alle donne? Si tratta di privilegi simili a quelli che abbiamo noi maschi bianchi (o donne bianche) nelle comunità indigene o nei quilombos/palenques neri. Quell'asimmetria non scompare mai, salvo che uno si integri vivendo un tempo molto lungo nella comunità, come uno dei tanti, in ogni aspetto della vita. E comunque, anche in quel caso, semmai uno dovesse un giorno uscire dalla comunità, potrebbe reintegrarsi senza troppi problemi nel mondo da cui proviene.</p> <p>Essendo maschi bianchi eterosessuali, poi, i privilegi si moltiplicano. E allora?</p> <p>Ritorno alla frase rumorosa di Maria Galindo. Senza crisi non ci sono cambiamenti. Almeno alcuni di quei cambiamenti che possano avvicinarci a una sensibilità capace di connetterci con il dolore delle donne, con la permanente e brutale (o sottile) umiliazione di ogni giorno, di ogni minuto. Se non possiamo sentire la sofferenza delle violentate, delle disprezzate, delle molestate sulla nostra pelle, fosse anche appena un po', di quale cambiamento possiamo parlare? Perché nel mondo di oggi, sembrerebbe che sia sufficiente usare le parole adeguate, i termini politicamente corretti, per non essere più parte del mondo degli oppressori.</p></div> E adesso? Lo spazio in cui si può lottare http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1382 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1382 2019-02-18T16:18:12Z text/html it Fonte: https://comune-info.net/2019/02/e-a... Foto: Venezuela, da Desinformemonos Si può ancora nutrire la speranza che in Venezuela potrà essere evitato un bagno di sangue. Non c'è spazio, invece, per sperare che resusciti la “democrazia”. I suoi autodesignati campioni in questi giorni si sono impegnati a seppellirla. Quello che hanno difeso, dentro e fuori il Venezuela, per legittimare un intervento vergognoso, in un paese in cui si sono compiuti tutti i requisiti formali per stabilirla, ha (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique21" rel="directory">12. Pensieri e parole di genere maschile</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1382.jpg" width='150' height='90' style='height:90px;width:150px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Fonte: <a href='https://comune-info.net/2019/02/e-adesso-lo-spazio-in-cui-si-puo-lottare/' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://comune-info.net/2019/02/e-a...</a></p> <p>Foto: Venezuela, da Desinformemonos</p></div> <div class='rss_texte'><p>Si può ancora nutrire la speranza che in Venezuela potrà essere evitato un bagno di sangue. Non c'è spazio, invece, per sperare che resusciti la “democrazia”. I suoi autodesignati campioni in questi giorni si sono impegnati a seppellirla. Quello che hanno difeso, dentro e fuori il Venezuela, per legittimare un intervento vergognoso, in un paese in cui si sono compiuti tutti i requisiti formali per stabilirla, ha ridotto in poltiglia l'immagine internazionale di un regime la cui vera natura alla fine è apparsa con chiarezza.</p> <p>Lo stato-nazione è nato come forma politica del capitalismo. Affinché potesse adempiere la funzione per la quale era stato creato, gli fu dato un carattere dispotico… nascosto dietro una facciata “democratica”. Per ottenere un consenso generale venne promosso il nazionalismo, unificando la gente attorno ai suoi simboli. L'immaginario collettivo si appoggiò sulla nozione di “sovranità nazionale”, ereditata dal regime feudale, e sul sentimento patriottico, che non riuscì mai ad occultare il suo carattere patriarcale.</p> <p>In questi giorni, tutte queste maschere sono cadute. La “difesa della democrazia” in Venezuela altro non è che la ricerca sfacciata delle sue ricchezze. Non possiamo chiudere gli occhi. Siamo tutti Venezuela. Nessun paese è estraneo a questo esercizio dispotico e coloniale della nuova guerra fredda, guidata da una voracità capitalista che ormai non si dissimula più.</p> <p>Mentre Guaidó realizzava il compito che in questo scenario osceno gli era stato assegnato, è circolato il Manifesto di Commercy lanciato dai gilet gialli, il movimento che da tre mesi in Francia sfida la “democrazia” e si sta estendendo a poco a poco in altri paesi. Non è stata una coincidenza casuale.</p> <p>Commercy non è lontano dal luogo dove nacque Giovanna d'Arco, e dove ebbe le “visioni” che la indussero a guidare la lotta per liberare i francesi dal dominio britannico. Per affrontare oggi il dominio “democratico” del capitale transnazionale, i gilet gialli chiamano a organizzare dal basso una società altra.</p> <p>Il manifesto è stato elaborato a partire dalla diversità delle centinaia di assemblee che l'hanno generato. In esse e in molte altre si discute sul sistema rappresentativo, sulle condizioni di lavoro, sulla giustizia sociale e ambientale e sulla fine della discriminazione. Cercano di sradicare la povertà, trasformare tutte le istituzioni, organizzare la transizione ecologica e porre fine all'emarginazione.</p> <p>Il manifesto ha convocato lo sciopero sperimentale del 5 febbraio. Appoggiato dai grandi sindacati, lo sciopero ha rispecchiato lo spirito del movimento: è stato basato su comitati nei luoghi di lavoro, affinché gli stessi scioperanti avessero il controllo delle azioni dal basso verso l'alto. «Prendiamo le cose nelle nostre mani!», ha affermato il manifesto.</p> <p>I gilet gialli hanno convocato un'assemblea delle assemblee. Basata su un'organizzazione autonoma e indipendente, cerca di unire tutte le assemblee per “trasformare la società”.</p> <p>Viene così evidenziata la biforcazione, le traiettorie divergenti de los de arriba, quelli in alto, e de los de abajo, quelli in basso. Metto sulla tavola, in questo contesto, ciò che è transitato nel mio orto elettronico. Mi sono stati inviati messaggi ostili, spesso pieni di invettive, aggressioni e anche minacce, per le mie posizioni di fronte al nuovo governo (messicano, ndr) e allo zapatismo. Ho l'impressione che queste reazioni siano il sintomo di ciò che sta accadendo fra noi.</p> <p>Un messaggio dal tono gentile mi ha fatto sapere che “molti” avevano smesso di avere fiducia nelle mie analisi perché i miei atteggiamenti verso lo zapatismo non mi consentono di comprendere ciò che sta accadendo. Per molta gente – mi hanno scritto- lo zapatismo ha cessato di essere una guida morale. È stato assente in molte crisi, “lasciando soli” i movimenti… Per rimanere al suo fianco, avrei perso la capacità di comprendere quello che significa il nuovo governo.</p> <p>Offrire solidarietà agli zapatisti, riconoscere la loro autorità morale o mantenerli come punto di riferimento, significa, prima di tutto, per molti di noi, delimitare lo spazio nel quale oggi si deve condurre la lotta.</p> <p>Là in alto il margine di manovra si restringe sempre più. I governi nella loro azione si trovano di fronte a limiti sempre più stretti; superarli rappresenta un rischio atroce. Possono compiere azioni spettacolari … però non possono andare molto lontano.</p> <p>In basso, invece, nelle trincee di ciascuno, dove si costruiscono legami comunitari e si organizzano le assemblee, si stanno realizzando i cambiamenti di cui c'è bisogno. Non è facile. Sembra insignificante di fronte al dispiegarsi delle forze del regime dominante. Ma le iniziative proliferano da tutte le parti. Talvolta lasciano vedere la qualità e la loro portata in azioni piene di immaginazione e lucidità, come quella dei gilet gialli, che alla fine, in questo 5 febbraio, si sono uniti ai gilet rossi degli scioperanti. Così si possono nutrire speranze sensate. Si sta formando, passo dopo passo, la massa critica che renderà possibile la trasformazione di cui abbiamo bisogno.</p></div> Maschi e contro il patriarcato? http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1254 http://www.ifeitalia.eu/spip.php?article1254 2018-02-22T09:28:07Z text/html it Tratto da: https://comune-info.net/2018/02/mas... Possono esistere maschi anti-patriarcali? Due anni fa, nella casa di Mujeres Creando, a La Paz, ho formulato questa domanda a Maria Galindo. Lo sghignazzo fragoroso deve aver risuonato fino a El Alto, arrampicato sulle pendici della hoyada (una depressione del terreno circostante, ndt), per poi vagabondare nell'altopiano. È rimasta a ridere per un bel po', Maria. Quando ha recuperato la serenità, ha detto una cosa che m'è sembrata di senso (...) - <a href="http://www.ifeitalia.eu/spip.php?rubrique21" rel="directory">12. Pensieri e parole di genere maschile</a> <img class='spip_logos' alt="" align="right" src="http://www.ifeitalia.eu/IMG/arton1254.jpg" width='118' height='150' style='height:150px;width:118px;' /> <div class='rss_chapo'><p>Tratto da: <a href='https://comune-info.net/2018/02/maschi-e-contro-il-patriarcato/' class='spip_out' rel='nofollow external'>https://comune-info.net/2018/02/mas...</a></p></div> <div class='rss_texte'><p>Possono esistere maschi anti-patriarcali?</p> <p>Due anni fa, nella casa di Mujeres Creando, a La Paz, ho formulato questa domanda a Maria Galindo. Lo sghignazzo fragoroso deve aver risuonato fino a El Alto, arrampicato sulle pendici della hoyada (una depressione del terreno circostante, ndt), per poi vagabondare nell'altopiano. È rimasta a ridere per un bel po', Maria. Quando ha recuperato la serenità, ha detto una cosa che m'è sembrata di senso comune, provenendo dall'anima e dal corpo di una donna femminista lesbica in un mondo di maschi: solo se si attraversa una crisi profonda.</p> <p>Adesso, che si avvicina la giornata di lotta dell'8 marzo e si moltiplicano le assemblee di donne per preparare lo sciopero e le mobilitazioni, sento la necessità di tornare su alcuni interrogativi. Possono esistere uomini non patriarcali? C'è poi una domanda ancora più complessa: noi maschi possiamo essere femministi? Credo siano due orientamenti diversi. La prima domanda possiamo discuterla. La seconda dovremmo scartarla, almeno nell'accezione in cui viene posta.</p> <p>Noi maschi possiamo simpatizzare con il femminismo, ma assumere il fatto che potremmo essere tali è un altro paio di maniche. Possono essere comunisti un padrone o un banchiere? Sì, potrebbero, sempre che si disfino dei loro beni materiali e si guadagnino la vita lavorando. È chiaro che stiamo parlando di cose materiali, che vanno e vengono, dunque. Il caso del patriarcato è molto differente perché le relazioni di oppressione di quel tipo non si risolvono in una maniera tanto “semplice”, diciamo, come disfarsi di fabbriche, case e campi.</p> <p>Vorrei precisare le domande. Cosa ne facciamo del privilegio maschile? Come potrei disfarmi dei privilegi dell'essere maschio di fronte alle donne? Si tratta di privilegi simili a quelli che abbiamo noi maschi bianchi (o donne bianche) nelle comunità indigene o nei quilombos/palenques neri. Quell'asimmetria non scompare mai, salvo che uno si integri vivendo un tempo molto lungo nella comunità, come uno dei tanti, in ogni aspetto della vita. E comunque, anche in quel caso, semmai uno dovesse un giorno uscire dalla comunità, potrebbe reintegrarsi senza troppi problemi nel mondo da cui proviene.</p> <p>Essendo maschi bianchi eterosessuali, poi, i privilegi si moltiplicano. E allora?</p> <p>Ritorno alla frase rumorosa di Maria Galindo. Senza crisi non ci sono cambiamenti. Almeno alcuni di quei cambiamenti che possano avvicinarci a una sensibilità capace di connetterci con il dolore delle donne, con la permanente e brutale (o sottile) umiliazione di ogni giorno, di ogni minuto. Se non possiamo sentire la sofferenza delle violentate, delle disprezzate, delle molestate sulla nostra pelle, fosse anche appena un po', di quale cambiamento possiamo parlare? Perché nel mondo di oggi, sembrerebbe che sia sufficiente usare le parole adeguate, i termini politicamente corretti, per non essere più parte del mondo degli oppressori.</p> <p>Per questo è necessaria la crisi. Perché de-costruire il ruolo del maschio oppressore non è una questione teorico-accademica; perché non basta andare alle manifestazioni dell'8 marzo; perché non è sufficiente assumersi una parte dei compiti domestici.</p> <p>A questo punto, voglio precisare che non ho la minima idea di come potremmo uscire dal ruolo di oppressori. Non c'è una linea e nemmeno c'è un cammino da seguire ma ci sono da creare modi di vivere e di sentire. Senza imbrogliarci. Creare è sempre qualcosa di incerto, perché non possiamo mai anticipare i risultati. Per questo la crisi. Perché si tratta di uscire da un ruolo, cosa già di per sé difficile, senza sapere dove collocarsi, in quale ruolo mettersi, come muoversi. Nei cortei delle donne siamo abituati a posizionarci in coda, oppure di fianco sul marciapiede. È un primo movimento. E poi?</p> <p>Sulla base della mia esperienza nel mondo indigeno e nero, posso solo dire che si tratta di camminare in punta di piedi, senza far rumore, sempre ai lati, mai al centro. Lavorare sull'ego in ogni secondo, in ogni movimento, con tutti i pori e tutti i desideri.</p> <p>Ogni volta che ho domandato a qualche compagna “cosa dobbiamo fare”, è comparso un gesto di incertezza. Neppure loro sanno che posto possiamo occupare noi maschi che non vogliamo essere patriarcali, né nella vita quotidiana né negli spazi collettivi comuni. Dovrebbe essere un farsi più piccoli per uscire dal ruolo ereditato, qualcosa come camminare con gli occhi bendati, sapendo che ci saranno scivoloni, cadute, ferite… e che, probabilmente, prima o poi apparirà una mano che ci sostiene. Che altro possiamo chiedere, noi che opprimiamo, alla vita?</p> <p>Questo articolo è uscito in spagnolo su Desinformemonos.</p> <p>Traduzione per Comune: Marco Calabria.</p></div>