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Quanto contano i diritti delle donne nell’attuazione del "processo di riconciliazione" con i talebani?

Shoukria HAÏDAR, Présidente de NEGAR
martedì 10 maggio 2011

Il 28 gennaio 2010 il Presidente afghano Hamid KARZAÏ, senza alcuna consultazione preventiva delle istanze politiche né della società civile afghana ha ottenuto, dai 70 paesi partecipanti alla Conferenza di Londra sul l’Afghanistan, l’approvazione di un piano di pace che include la cosiddetta “strategia della mano tesa” e l’attribuzione di un fondo internazionale per sostenere la “reintegrazione” dei talebani. Tardivamente informata sul progetto del Presidente Karzaï, la società civile afghana (più di 200 associazioni fra cui le associazioni femminili, fra cui NEGAR) si è ampiamente organizzata , il 25 aprile 2010, per manifestare durante una Conferenza tenutasi a Kabul . In una “Risoluzione” sono stati interpellati i responsabili politici della Comunità internazionale affinchè prendano coscienza delle conseguenze e della gravità delle decisioni di Londra , presa con leggerezza. Questa mobilitazione ha consentito alcune correzioni ma non è riuscita a fermare il pericolo rappresentato dall’apertura di una negoziazione con le milizie dei talebani. La grande Assemblea di Kabul, prevista alla conclusione della Conferenza di Londra, divenuta in seguito “Jirga consultiva per la pace” ha riunito 1600 delegati dal 2 al 4 giugno 2010. Sotto la pressione della Comunità internazionale e delle femministe , le donne sono state invitate alla Jirga per una percentuale che si è aggirata intorno al 22% dei partecipanti. Il discorso di chiusura della Jirga ha confermato che i talebani debbano attenersi al rispetto della Costituzione, al cui articolo 22 vengono garantiti i diritti delle donne. Tuttavia, pur avendo questa Jirga solo potere consultivo , essa, sotto la pressione del governo, ha indicato alcune inquietanti raccomandazioni:

  • rilasciare I prigionieri talebani non ancora giudicati;
  • escludere da subito i talebani dalla lista nera dell’ONU;
  • attivarsi affinchè lo Stato e le forze internazionali assicurino la sicurezza e i diritti sociali (casa,lavoro,salario e formazione) alle milizie talebane. Quest’ultimo punto, molto incoraggiante per le nuove reclute talebane, ha avuto, per conseguenza e da ogni parte , una recrudescenza degli attentati . Preoccupati da queste raccomandazioni , gli afghani sono pessimisti: non riescono a vedere come il piano di pace promesso dalla Jirga possa essere non solo durevole ma addirittura possibile. Gli importanti progressi resi possibili, dal 2002, dalla presenza di forze internazionali si sono accompagnati, grazie alla società civile, ad importanti azioni in direzione della libertà e dell’eguaglianza fra donne e uomini, fra ragazze e ragazzi: una scolarizzazione che ha coinvolto più di 7 milioni di bambini e per il 45% di bambine, in 25 dipartimenti su 32; accesso agli studi universitari sia per le donne che per gli uomini; il 28% di donne elette nell’assemblea Nazionale e al senato; la creazione di “antenne” del Ministero per le questioni femminili che hanno svolto un lavoro prezioso in tutti i dipartimenti ; rimessa in moto degli organismi istituzionali dello Stato ( Assemblea nazionale, Senato, Ministeri); libertà di parola e di stampa (26 canali televisivi, una significativa presenza di stampa critica, un gran numero di donne giornaliste). Oggi la situazione si è significativamente degradata. Gli attentati e le violenze non solo continuano a crescere nel sud della paese ma si sono manifestati anche al nord e al centro. Le milizie talebane hanno moltiplicato gli attentati, situato bombe, si fanno esplodere, organizzano massacri ( per esempio la Kabul-Bank a Djalalabad) e lapidazioni (à Kunduz, à Maimana). Nel 2010, secondo “Afghan Rights Monitor” ci sono stati più di 2400 assassini e 3200 ferimenti. Il Pakistan, a partire dai suoi differenti interessi, in particolare sul ricorrente conflitto con l’ Afghanistan sulle questioni che riguardano le frontiere fra i due paesi - l’antica « linea Durand », che non è più ufficiale dal 1993 - sostiene le milizie talebane , in quanto utili “retrovie” in Afghanistan. Non solo , le milizie talebane aumentano la loro audacia da una parte grazie alla stanchezza di una parte dell’opinione pubblica internazionale che invita i loro governi a ritirare truppe dall’Afghanistan e dall’altra approfittando del rilancio di immagine prodotta dalla loro onnipresenza nei media internazionali . I partigiani d’Hekmatyar, alleati delle milizie talebani, cercano di radicarsi sempre più nei differenti dipartimenti creando delle “madrase” nelle quali spingono i giovani a impedire alle bambine e alle ragazze la frequenza scolastica o alle donne l’ingresso nel mondo del lavoro e cercano di sviluppare l’ostilità nei confronti degli stranieri. La produzione di droga e di stupefacenti che sostiene la presenza delle milizie talebane resta così importante da coprire il 90% del fabbisogno internazionale, più che nel passato dunque. Quanto alla corruzione, contrariamente agli impegni presi dal Presidente Karzaï, essa resta uno dei problemi maggiori del Paese insieme alla povertà, in particolare femminile che porta allo sviluppo della prostituzione, all’aumento dell’utilizzo di manodopera infantile e al numero di mendicanti. Mentre, grazie alla volontà della popolazione afghana e agli aiuti internazionali, si fa di giorno in giorno più visibile l’aumento dei diritti, in particolare di quelli delle donne, (nel campo dell’educazione e più in generale in quello sociale) che significato hanno gli appelli a ritirare le forze internazionali dall’Afghanistan in una situazione nella quale le forze di polizia, l’esercito, la società afghana non sono ancora in grado di contrastare con la dovuta forza le minacce che incombono ancora sul paese? Sarebbe un incoraggiamento ai talebani e le prime avvisaglie di una loro vittoria che si tradurrebbe in un freno per i diritti delle donne , la pace e la democrazia. E’ una sconfitta per i movimenti femministi , democratici ed umanisti che hanno lottato con convinzione contro l’oscurantismo del regime talebano. Non ripetiamo l’errore del 1992, dopo la caduta del governo sostenuto dai sovietici : dove sono finiti gli impegni presi dopo gli accordi di Bonn? Certo, gli eserciti stranieri devono lasciare l’Afghanistan ma la data della loro partenza deve essere decisa attraverso la concertazione con le Assemblee e con i rappresentanti del popolo afghano.

Dans la mise en oeuvre du "processus de réconciliation" avec les taliban, que pèsent les droits des femmes afghanes ?

Le 28 janvier 2010, le Président afghan Hamid KARZAÏ, sans consultation préalable des instances politiques, ni de la société civile afghane, obtenait des 70 pays représentés à la Conférence de Londres sur l’Afghanistan, la validation d’un plan de paix incluant une « stratégie de la main tendue » et l’attribution d’un fonds international pour soutenir la « réintégration » des taliban. Tardivement informée du projet du Président Karzaï, la société civile afghane (plus de deux cents organisations et associations dont les associations féminines, parmi lesquelles NEGAR) s’est très massivement mobilisée, le 25 janvier 2010 à Kaboul, lors d’une Conférence. Dans une Résolution, elle a alors interpellé les responsables politiques de la communauté internationale, pour qu’ils prennent conscience de la gravité et des conséquences de ces décisions prises à la légère. Cette mobilisation a permis un certain nombre de corrections, mais n’a pas réussi à écarter le danger que représente la négociation avec les milices talibanes. La Grande Assemblée de Kaboul, prévue à l’issue de la Conférence de Londres, devenue ensuite « Jirga consultative pour la paix » a réuni 1600 délégués du 2 au 4 juin 2010. Sous la pression de la communauté internationale et des féministes, les femmes ont été intégrées à cette Jirga à hauteur de 22%. Le discours de clôture de la Jirga a confirmé que les taliban devaient respecter la Constitution, dont l’article 22 du chapitre II garantissant les droits des femmes. Cependant, alors que cette Jirga ne devait être que consultative, elle a émis sous la pression du gouvernement, les recommandations les plus inquiétantes :

  • relâcher les prisonniers taliban non encore jugés,
  • sortir en urgence les taliban de la liste noire de l’ONU,
  • faire en sorte que l’État et les forces internationales assurent sécurité et vie décente (logement, travail, salaire et formation) aux milices talibanes. Ce point, très encourageant pour de nouvelles recrues talibanes, a eu pour conséquence une recrudescence des attentats, et partout ! Inquiets de ces recommandations, les afghans sont pessimistes : ils ne voient pas comment le plan de paix promis par la Jirga pourrait être durable ni même possible. Depuis 2002 d’incomparables progrès, rendus possibles par la présence des forces internationales, ont été accomplis par la société civile en faveur de la liberté et de l’égalité entre les femmes et les hommes, les filles et les garçons : scolarisation de plus de 7 millions d’enfants - dont près de 45% de filles - dans 25 départements sur 32, accès aux études universitaires pour les femmes comme pour les hommes, présence de 28% de femmes élues à l’Assemblée Nationale et au Sénat, création d’antennes du Ministère des affaires des 2 femmes qui rendent de précieux services dans tous les départements, remise en route des organes de l’État (Assemblée Nationale, Sénat, Ministères), liberté de parole dans la presse (26 chaînes de télévision, une abondante presse écrite, et un grand nombre de femmes journalistes). Aujourd’hui, la situation s’est notablement dégradée. Non seulement les attentats, les actes de violence continuent de se développer dans le sud du pays, mais ils ont gagné le nord et le centre. Les milices talibanes multiplient les attentats, posent des bombes, se font exploser, organisent des massacres (par ex. la Kabul-Bank à Djalalabad), des lapidations (à Kunduz, à Maimana). En 2010, il y a eu (source Afghan Rights Monitor), plus de 2400 tués, et 3200 blessés. Conduit par ses divers intérêts, en particulier dans le conflit politique récurrent avec l’Afghanistan sur la question de la frontière afghano-pakistanaise - l’ancienne « ligne Durand », qui n’est plus officielle depuis 1993 - le Pakistan soutient les milices talibanes en constituant leur base arrière. Les milices talibanes, stimulées d’une part par la lassitude d’une certaine partie des opinions publiques internationales qui pèsent sur leurs gouvernements en faveur du retrait de leurs soldats d’Afghanistan, profitant d’autre part de la surenchère provoquée par leur omniprésence dans les médias internationaux, voient leur audace encouragée. Les partisans d’Hekmatyar, allié des milices talibanes, s’implantent de plus en plus dans les différents départements, y créent des madrasa où l’on pousse les jeunes à empêcher les filles d’aller à l’école, et les femmes de se rendre au travail, où l’on développe l’hostilité à l’égard des étrangers. La production de drogue et de stupéfiants qui va de pair avec l’existence des milices talibanes, reste aussi importante que précédemment, elle couvre 90% des besoins internationaux. Quant à la corruption, contrairement aux engagements pris par le Président Karzaï, elle reste un problème majeur, tout comme la pauvreté, particulièrement celle des femmes, qui conduit au développement de la prostitution et contraint les très jeunes enfants au travail et à la mendicité. Alors que l’avancée significative des droits, en particulier ceux des femmes, est de jour en jour plus visible en Afghanistan dans le champ de l’éducation, du social ou même de la construction, par rapport à la période du régime taliban, grâce à la volonté de la population afghane et à l’aide de la communauté internationale, que signifient les appels à faire sortir les forces internationales d’Afghanistan, à un moment où les forces de la police, de l’armée, de la société afghanes ne sont pas encore en mesure d’accomplir leur tâche face aux menaces qui guettent leur pays ? C’est un encouragement pour les taliban et les prémices de leur victoire qui se traduira sur le terrain par un frein pour les droits des femmes, la paix et la démocratie. C’est une défaite pour les mouvements féministes démocrates et humanistes à travers le monde qui ont lutté avec force et conviction contre l’obscurantisme du régime taliban. Ne répétons pas l’erreur de 1992, après la chute du gouvernement prosoviétique : où en sont en effet les engagements pris lors des accords de Bonn ? Certes, les armées étrangères doivent un jour quitter l’Afghanistan, mais la date de leur départ doit être décidée en concertation avec les Assemblées, avec les représentants du peuple afghan. Shoukria HAÏDAR


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