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La civiltà di Parigi

di Michela Marzano
sabato 27 aprile 2013

Sono state centinaia di migliaia i francesi scesi in piazza in questi ultimi mesi per manifestare contro la proposta di legge sul matrimonio e sull’adozione delle coppie omosessuali. Famiglie intere che si sono ritrovate in strada per denunciare in tutti i modi quella che, per loro, non era altro che la distruzione definitiva di un’istituzione secolare. Giovani e meno giovani, cattolici praticanti e militanti dell’Ump, musulmani e simpatizzanti del front National, tutti insieme contro il “matrimonio per tutti”.

Ma il governo socialista non si è lasciato influenzare e, nonostante le proteste fossero aumentate in questi ultimi giorni, è riuscito a tenere la promessa fatta in campagna elettorale da Francois Hollande. Nonostante il ritorno fragoroso della morale religiosa, è prevalso ancora una volta il principio di laicità secondo il quale, in uno Stato democratico e liberale, esiste una netta separazione tra la sfera pubblica e la sfera privata, i poteri politici e le istituzioni religiose.

Lo Stato deve lasciare i cittadini liberi di autodeterminarsi, dando loro la possibilità di usufruire degli stessi diritti indipendentemente dal proprio credo religioso, dal proprio genere e dal proprio orientamento sessuale. Certo, i dibattiti sono stati molto accesi, talvolta feroci. Non perché coloro che si oppongono al matrimonio e all’adozione da parte delle coppie gay giudichino “immorale” l’omosessualità — come ancora si sente dire in Italia — ma perché la tolleranza proclamata nei confronti dei “diversi”, anche in Francia, sembra avere dei limiti: tutto va bene finché questi “diversi” si limitano a non chiedere gli stessi diritti accettando pazientemente le conseguenze della propria “differenza”. Due omosessuali si amano? Benissimo, ma che lo facciano in silenzio, altrove, senza troppe pretese. Perché volersi anche sposare? Perché voler addirittura adottare dei figli?

L’ipocrisia non ha nazionalità. Anche in Francia, sono numerosi i donneurs de 1eons che pensano che l’uguaglianza sia uno dei cardini della democrazia e della civiltà e che poi, in nome della dignità, della natura, della fede religiosa o della tradizione si oppongono alla realizzazione concreta di questa stessa uguaglianza. Anche in Francia, sono molti coloro che hanno voluto strumentalizzare la questione della differenza sessuale cercando dimostrare che il matrimonio e l’adozione da parte dei gay avrebbero significato la cancellazione delle differenze e la mercificazione dei figli. Ma in Francia, a differenza dell’Italia, ha prevalso la volontà di attribuire agli omosessuali gli stessi diritti e gli stessi doveri degli eterosessuali: non più cittadini di serie B, ma cittadini come tutti gli altri. In Francia, le manifestazioni nelle piazze non hanno fatto fare un passo indietro a Franois Hollande.

Quando saremo capaci, anche in Italia, di superare le opposizioni ideologiche e di smetterla di utilizzare la fede come un alibi per discriminare coloro che non corrispondono ad un modello ben determinato di uomo, di donna, o di famiglia?

Il messaggio d’amore del Vangelo è un messaggio inclusivo e non esclusivo. Non esiste una differenza tra un “noi” degno di rispetto e di stima e un “voi” da condannare, emarginare e correggere. Esistono solo tante persone diverse da rispettare nonostante le loro differenze —anzi, da rispettare forse soprattutto grazie alle loro differenze. E questo che ci sta insegnando e ricordando anche il nuovo Pontefice da quando nella prima udienza con i giornalisti, per rispettare i non credenti, decise di non intonare la classica e solenne benedizione apostolica e di limitarsi ad una benedizione silenziosa. Speriamo che questo segno di grande umiltà insegni anche a chi pensa di essere il portavoce della verità che non c’è amore più grande di chi permette a tutti, indipendentemente dal proprio credo, dal proprio genere e dal proprio orientamento sessuale, di godere degli stessi diritti. L’uguaglianza nella diversità, anche nella cattolicissima Italia.



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