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Sharing economy: un nuovo modello economico?

di Federica Colonna
giovedì 4 dicembre 2014

Si fa occasionalmente, con chiunque, soprattutto con gli sconosciuti. È la sharing economy: indicata dal Time come una delle 10 idee che cambieranno il mondo, è un modello economico fondato sulla messa in condivisione, favorita dai social media, di risorse private. È il caso, per esempio, di Airbnb – piattaforma per l’affitto temporaneo di case e stanze – di Uber – app per prenotare corse in auto in città – e più in generale dei servizi di car, bike e persino di cooking sharing – la condivisione di auto, bici e cene, per cui c’è anche chi mette a disposizione cucina, pentole e abilità ai fornelli per ospitare altri individui a mangiare a casa propria, dietro compenso.

«Tra le diverse definizioni di sharing economy emergono alcuni tratti comuni- spiega Marta Mainieri, fondatrice di Collaboriamo.org ed esperta del tema, cui ha dedicato un libro - Collaboriamo! Come i social media ci aiutano a lavorare e a vivere bene in tempo di crisi (Hoepli, febbraio 2013, pagg. 240) - Lo sfruttamento pieno delle ricchezze, la collaborazione tra pari, il fatto che i cittadini riescano ad essere allo stesso tempo viaggiatori e albergatori, finanziati e finanziatori, cuochi e ospiti. E poi la tecnologia, le piattaforme peer-to-peer, come fattore abilitante». Insomma: viva l’accesso ai beni – non più, o non solo, la loro proprietà.

Ma per cogliere davvero tutte le opportunità dell’economia della collaborazione bisogna approfondire, capire se si tratta di una moda passeggera e cosa abbia poi di diverso dal più semplice e tradizionale baratto – la risposta? Grazie alla Rete è possibile farlo in maniera diffusa, in una scala mai immaginata prima. Ecco le ragioni per Mainieri, con Ivana Pais, docente di Sociologia Economica, ha ideato Sharitaly. L’evento, alla seconda edizione, organizzato da Collaboriamo e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, è il 1 dicembre a Roma, a Montecitorio, con un chiaro obiettivo: inquadrare il fenomeno e capirne le evoluzioni. Con un focus tutto italiano. Qui, infatti, siamo ormai al "tipping point.

Il 2015, insomma, è la data chiave per la sharing economy in Italia. Perché ci sarà Expo e con la manifestazione – come spiegano i promotori di SharExpo – l’opportunità per i servizi collaborativi di crescere, proliferare e di trasformare Milano nella prima sharing city italiana. Stavolta, poi, anche la PA sta facendo la sua parte. E alla grande. «Con SharExpo – racconta infatti Pais – abbiamo messo insieme persone interessate al tema e abbiamo prodotto un documento regalandolo all’amministrazione di Milano. Abbiamo scritto proposte per regolare senza soffocare i servizi di sharing economy nell’occasione di Expo 2015. Il comune è stato molto ricettivo, ha seguito i nostri incontri come uditore, e ha redatto una bozza di delibera ora in consultazione pubblica, fino al sette Dicembre. Quindi – continua Pais – è nato un processo, su stimolo di una cittadinanza attenta, il comune l’ha rielaborato, l’ha fatto proprio, e poi l’ha riaperto ai cittadini». In sostanza: altro che Amsterdam. «La regolazione là l’ha prodotta il comune – conclude Pais – ma a porte chiuse».

L’altra shereable city in Italia è Bologna. Non solo la città della prima social street, ma anche quella in cui il Comune, per primo, ha adottato il Regolamento sulla Collaborazione tra Cittadini e Amministrazione per la cura e la gestione dei beni Comuni Urbani. Un nuovo patto sociale, per la nascita di una comunità dove davvero la condivisione sia al centro delle politiche urbane.

Le amministrazioni, insomma, che ruolo hanno nella sharing economy? Possono diventare soggetti abilitanti, in grado di promuovere le opportunità offerte dai servizi collaborativi, di facilitarle, ma anche di dare regole, senza imbrigliare un modello economico fondato tutto sulla disponibilità a fare, creare e condividere del singolo. Perché la sharing economy impone un cambiamento, non solo nelle modalità di consumo, ma più generale, anche nel modo in cui le comunità si percepiscono e si sviluppano. «Ogni anno è importante ritrovarsi e fare il punto della situazione», conclude Marta Mainieri. Ecco perché nasce Sharitaly. E perché il convegno, stavolta, non serve mica a parlarsi addosso.


In risposta a:

Sharing economy: un nuovo modello economico?

4 gennaio 201506:29, di essay writing service
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