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"(...) Il potere coloniale, e quindi le strutture che lo concretizzavano – il potere militare, economico e culturale – sono state mantenute con l’obiettivo di costruire inferiorità, sottomissione, subordinazione. Maria C. Lugones ha teorizzato varie forme di resistenza contro le molteplici oppressioni principalmente quelle legate all’intersezione tra le categorie di razza, genere e colonialità in America Latina. Di lei vanno particolarmente ricordati la teoria dei “sé multipli”, il lavoro sul femminismo decoloniale e lo sviluppo del concetto di “colonialità di genere”, che teorizza il genere come un’imposizione coloniale.(...)"
Immagine: dipinto di Lisandro Rota
Riceviamo dall’autrice e volentieri pubblichiamo.
L’articolo è stato pubblicato sul quotidiano "Il Manifesto" del 7 dicembre 2023
"È probabile che uno degli elementi chiave dell’affermazione culturale e delle attuali fortune di un pensiero reazionario – che francamente avevamo sperato d’aver seppellito diversi decenni fa – sia anche il ritorno dell’antico e nefasto desiderio dell’umanità di liberarsi dalla materia che la costituisce. (...)"
"(...) Si dice a ragione allora insistentemente: il femminicidio è soprattutto un problema di uomini e sono costoro a doversene fare carico pubblicamente. E viene aggiunto subito che riguarda tutti gli uomini, non solo alcuni uomini, che è l’aspetto più difficile da sbrogliare. Perché c’è da superare la tentazione diffusa di addebitare il femminicidio a colpi di follia esplosi in un uomo, magari apparentemente mite e innocuo: del quale solo dopo perlopiù si viene a sapere che esercitava violenze continue e di vario tipo che accumulatesi a un certo punto esplodono.(...)
Un riflessione al maschile che aiuta.
"(...) Sono decenni che gli studi di genere ci dicono che tra patriarcato e capitalismo c’è un’alleanza genealogica. Prima ho fatto cenno alla caccia alle streghe, e a molti è nota la celebre tesi di Silvia Federici, per cui «lo sviluppo del capitalismo iniziò con una guerra alle donne: la caccia alle streghe del XVI e XVII secolo». Il capitalismo contemporaneo non ha attenuato quell’alleanza dell’origine ma l’ha rinvigorita, femminilizzando il lavoro, privatizzando ogni esperienza di legame sociale, assumendo infine il codice della guerra – con tutto il suo galateo intrinsecamente patriarcale e maschilista – in sostituzione di quello della democrazia. Senza questa correlazione tra patriarcato e capitalismo rischiamo oggi di perderci la radicalità sociale per cui il primo è diventato il modello di riferimento delle forme contemporanee del dominio e della violenza e il secondo ha globalizzato la caccia alle streghe condannando le donne a una sottomissione che sotto l’apparente promessa della liberazione individuale per poche è diventata un incubo per quasi tutte. (...)"
"Non si nasce donna. Percorsi, testi e contesti del femminismo materialista in Francia, a cura di Sara Garbagnoli e Vincenza Perilli, Alegre, 2013 –
Un quaderno di sintesi su un fenomeno consistente e relativamente poco conosciuto in Italia: il femminismo materialista francese, che va alle radici del celebre assunto di De Beauvoir (“non si nasce donna”) per dirci che “la donnità è una costruzione storica e sociale” (p. 6), mettendo in questione “le evidenze, questa forma sacralizzata dell’ideologia” (p. 8)."
"Il rispetto della personalità del bimbo e della sua originalità, sosteneva Maria Montessori, medica e pedagogista, può migliorare la società umana e “conquistare alla pace e alla tolleranza l’umanità intera”. I bambini hanno un forte senso di dignità personale e una profonda sensibilità che dovrebbero obbligare a trattarli con rispetto. Gli adulti che lo circondano dovrebbero dar loro ascolto, riconoscendo come degni di considerazione i loro sentimenti e le loro idee e, perché no, i loro sogni."
Immagine: da Pinterest
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