IFE Italia

"Se non torno.... distruggi tutto" Verso le manifestazioni del 25 novembre contro la violenza patriarcale

di Paola Guazzo e Nicoletta Pirotta
giovedì 23 novembre 2023

Mentre ci accingiamo a scrivere l’ articolo sul 25 novembre prossimo, ci ha raggiunto la brutta notizia che Giulia Cecchettin, la giovane donna scomparsa lo scorso sabato 11 novembre, è stata uccisa dal suo ex, arrestato in Germania mentre cercava di fuggire dopo averne gettato il corpo in un dirupo. Non ci vengano a dire, per l’ennesima volta, che è stata uccisa per troppo amore. No, chi ha ucciso non è un innamorato respinto, né un disturbato, né un uomo disperato ma l’ennesimo maschio che agisce l’ennesima violenza su una donna. Permane nei secoli, senza che la si riesca ancora ad estirpare, la cultura patriarcale fondata sulla subordinazione delle donne considerate, nonostante gli evidenti percorsi emancipativi e la maggior coscienza di sé o forse proprio a causa di questo, "secondo sesso".

Anche quest’anno dunque il 25 novembre, giornata contro la violenza maschile sulle donne, porta con sé il triste elenco dei femminicidi: in Italia da gennaio 2023 ce n’è stato uno ogni 4 giorni! Secondo i dati diffusi dal Viminale sono stati registrati, dall’inizio dell’anno al 12 novembre scorso, 285 omicidi, con 102 vittime donne, di cui 82 uccise in ambito familiare o affettivo. Con l’omicidio di Giulia Cecchettin, il numero totale delle vittime femminili raggiunge quota 103 – due in più rispetto allo scorso anno – mentre i femminicidi passano dagli 88 del 2022 agli 83 del 2023. In aumento, invece, il numero degli omicidi commessi dal partner o ex partner, che da 51 diventano 54. E’ ormai più che evidente che la violenza maschile contro le donne non è, come da anni sottolinea il movimento femminista e transfemminista internazionale, un fenomeno emergenziale ma un elemento strutturale di una cultura fondata sul possesso, sulla trasformazione in merce anche dell’umano, sulla subordinazione di tutte quelle soggettività che non rientrano negli schemi imposti dai sistemi di dominazione.

Una cultura della violenza che si è particolarmente rafforzata con l’ulteriore diffondersi della guerra ritenuta di nuovo, all’interno della ridefinizione dei poteri in atto a livello geopolitico, strumento di risoluzione dei conflitti. Quello che sta accadendo a Gaza ci dice che, in un quadro di questo genere, anche il genocidio di un popolo, quello palestinese, viene legittimato dal mainstream politico internazionale rinfocolando sentimenti di rancore ed odio.

Guerra significa costruzione del nemico, impulso della produzione di armi, volontà di aumentare la presenza di basi militari, esponenziale aumento delle spese militari a danno delle politiche sociali, stretta securitaria su tutti gli aspetti della vita della persone. La logica di guerra dà impulso anche agli elementi più antichi della cultura patriarcale e cioè la costruzione storica del "maschile" e del "femminile"imperniata sulla presunta naturalità del binarismo di genere, l’affermazione di una virilità aggressiva che afferma il potere di un genere, quello maschile, e legittima socialmente la violenza contro le donne e i soggetti considerati "diversi" portando a ritenere giusto l’ordine materiale, e culturale, della guerra.

La cultura della violenza si rafforza altresì con le ideologie razziste fondate sul suprematismo bianco, che, a livello internazionale, ha fra gli esponenti di maggior spicco l’italica presidente del consiglio. Giova sottolineare uno degli aspetti più insidiosi di queste ideologie e cioè l’uso strumentale della rivendicazione dell’uguaglianza di genere per portare avanti politiche razziste. Sara Farris ha coniato a questo proposito il termine di femonazionalismo (si veda l’omonimo libro, edizione Alegre) da intendersi come una categoria analitica per comprendere quanto le retoriche di destra (e in Italia ne abbiamo innumerevoli esempi) insistano sull’idea che gli uomini migranti siano un pericolo per le società occidentali anche per il loro atteggiamento oppressivo verso le donne. Come se non vivessimo in una società i cui femminicidi, per mano di uomini bianchi occidentali, non fossero nell’ordine di un’uccisione ogni quattro giorni, come i dati dimostrano.

A questo proposito ci appare davvero fuori luogo quanto auspicato da Paola Cortellesi, oggi alla ribalta per il suo film "C’è ancora domani", che in un intervista a Vanity Fair ha chiesto a Giorgia Meloni ed Elly Schlein di unire le forze per affrontare insieme il problema della violenza. Non è con improbabili "convergenze parallele" fra donne (che, ricordiamolo, non sono tutte uguali o alleate a prescindere) che si affronta il problema delle violenze di genere!

Al contrario è la lotta contro ogni forma di sfruttamento e violenza la sola strada percorribile. Insieme ad una sempre più auspicabile presa di coscienza dei maschi "non violenti" che affronti e nomini i nodi di fondo della violenza maschile.

Per questo sosteniamo con convinzione l’appello di NUDM (transfemministƏ ingovernabili contro la violenza PATRIARCALE! – Non Una Di Meno (wordpress.com) ) che invita a partecipare alle manifestazioni nazionali che si terranno a Roma e Messina e ai presidi locali già programmati in moltissime città. Un appello che utilizza lo strumento dell’intersezionalità ed analizza in modo puntuale la situazione, evidenziando le differenti forme di violenze, per indicare, accanto all’auspicio di una radicale trasformazione della società, alcune proposte concrete e, se lo si volesse, praticabili.

Noi ci saremo. Auguriamoci di essere, come sempre, marea!


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