IFE Italia

C’è ancora Humanitè sulla terra!

di Nicoletta Pirotta
giovedì 15 settembre 2022

Un ritratto della Festa de l’Humanitè di Parigi dove ancora esite un popolo che crede possibile cambiare il mondo.

Se uscendo dall’autostrada a Bretigny sur Orge, nel cuore dell’Esson, si è costrette a fare quasi un ora di coda per arrivare a Plessis-Patè , sede quest’anno della Fete de L’Humanitè, ci si rende conto fin da subito della dimensione dell’evento.

Giova ricordare che l’Humanité è un giornale francese, fondato nel 1904 dal socialista Jean Jaurès e che per oltre 70 anni è stato l’organo ufficiale del Partito Comunista Francese. Dal 1994 si è aperto ad altre componenti della Sinistra francese, pur restando vicino alle posizioni del PCF.

La Festa dell’Humanitè che prima del covid si teneva Saint-Denis, nella banlieu parigina, un quartiere complesso culla del rap francese, può essere considerata la più popolare delle feste francesi. Ne ho avuto conferma io stessa nelle due volte che sono riuscita a partecipare.

L’edizione di quest’anno, come ha ricordato il direttore del giornale, Fabien Gay, nell’inaugurare il “Village du livre”, uno degli spazi centrali della Festa ( in totale erano 11), pur se inserita in un contesto geografico differente rispetto al passato, ha mantenuto le sue caratteriste di fondo: un grande spazio di cultura con concerti, mostre, film teatro: un grande evento politico con incontri, dibattiti, interviste in particolare nello spazio dell’Agora; un luogo conviviale con la presenza di numerosi stand provenienti da tutta la Francia nei quali era possibile gustare i prodotti locali; un’occasione per incontrare, nello spazio del “Village du monde” persone, esperienze, lotte provenienti da ogni angolo del pianeta; un luogo infine dove conoscere le tante esperienze locali di solidarietà nello spazio del “village des territoires solidale”.

E’ bene sottolineare che l’edizione di quest’anno ha visto, positivamente, la presenza di molti partiti della sinistra francese forse anche grazie anche al successo, sul piano elettorale, della NUPES (Nouvelle Union Populaire Ecologiste Sociale) che ha saputo far convergere alcuni di loro in un progetto che per il momento sembra vincente. In particolare accanto al Partito Comunista Francese (presente in grande spolvero con numerose postazioni) lo stand del Partito Socialista e quello dei Verdi, presenti per la prima volta alla festa, ed il ritorno di France Insoumise ne sono la tangibile testimonianza. E non va dimenticata anche la presenza di altre forze politiche quali, per esempio, il il Nouveau parti anticapitaliste e Lutte ouvrière,

La presenza di molte organizzazioni sindacali, in particolare la CGT (Confederation General du travail) insieme a tante sigle del sindacalismo di base sta, forse, a significare che lo spirito conflittuale, o quantomeno la collocazione “di classe” del sindacalismo d’oltralpe non si è ancora del tutto perduta.

Oltre all’inaugurazione del village du livre, sono riuscita a partecipare a quattro dibattiti (“Actualitè du comunisme”, “Qu’elle lecture du racisme”, “L’histoire face a l’extreme droite”e “Femmes contre la guerre et pour la democratie”) Mi è sembrato che, pur nella diversità dei toni e degli argomenti specifici, il filo rosso che ha tenuto insieme il tutto può essere rintracciato nella consapevolezza (che si respirava ovunque nella festa) che dopo la pandemia e di fronte alla guerra in Ucraina siamo di fronte ad una situazione nuova che richiede di essere ben compresa in tutta la sua complessità perché nel momento stesso in cui il sistema capitalista mostra tutte le sue storture, la sua incapacità a rispondere ai bisogni delle persone (specie di quelle marginalizzate), la sua ferocia e la sua violenza nel continuare a considerare la guerra uno strumento per ridisegnare poteri e fare affari, si assiste all’avanzata di una estrema desta populista che si nutre di razzismo, misoginia, omofobia e che proprio su questi aspetti costruisce consenso e adesione (anche riscrivendo a proprio piacimento la storia). Molto interessante nel dibattito sul razzismo il ragionamento sulle insidie della nozione di “privilegio”, che trasforma le posizioni sociali in dimensioni che non spingono alla lotta, ma semmai alla benevolenza.). Come ricostruire,sul piano sociale e politico, dentro un quadro così difficile, consapevolezza di sé e del mondo, legami di solidarietà, capacità di lotta e conflitto resta la sfida di fondo per chi non si rassegna a considerare il capitalismo la fine della storia.

Ma al di là degli interessanti dibattiti devo dire che sono rimasta impressionata dal numero delle persone presenti alla festa Una marea umana, donne ed uomini, giovani e meno giovani, nativi e migranti, insomma un pezzo di popolo che mi ha fatto provare,dopo tanto tempo, un senso di appartenenza e di comunanza. Me lo sono messo in valigia per portarmene un pochino a casa perchè di luoghi così in Italia non ne esistono più (almeno per ora).

Non posso però sottacere un aspetto a mio avviso molto negativo e cioè la quasi totale assenza di realtà femministe a parte lo stand di “femmes Solidaires”. Ma ancor peggio è stata la mancanza di una lettura femminista nei dibattiti a cui ho partecipato nei quali sono interventi esclusivamente maschi. Quando ho chiesto al giornalista che ha animato i confronti come si poteva pensare di parlare di razzismo e fascismo senza una voce femminista. o almeno femminile, mi sono sentita rispondere che sì qualcuna era stata contattata ma poi nessuna era riuscita ad intervenire. La risposta si commenta da sola a dimostrazione che per il femminismo, in ogni parte del mondo, è ancora lunga la strada per Tipperary. E la fete dell’”Huma” me ne ha dato conferma.


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