Il corpo del reato
Cominciamo oggi la pubblicazione di testi che preparano e tematizzano il seminario femminista di Lecce " Donne nella crisi ed oltre la crisi" che si terrá l’11 ed il 12 ottobre . Il seminario é organizzato dalla Casa internazionale delle donne di Lecce e dalla rete "Donnenella crisi" .
Il seminario fa parte delle iniziative internazionali della giornata di STOP TTIP! dell’11 ottobre 2014.
L’articolo di Imma Barbarossa é pubblicato con il permesso dell’autrice.
Ci stiamo abituando alla politica vissuta come geopolitica: gli stati, le nazioni, i blocchi, le etnie, le religioni, le differenze intese come separazioni e divisioni,al di sopra di tutto l’Occidente colonizzatore e i ‘satrapi’ orientali ora alleati ora nemici del ‘primo mondo’; dentro questo viluppo i confini che includono per escludere e le appartenenze che sono forme di dominio maschile. I muri si moltiplicano a fini identitari e di dominio. L’ultimo lo vuole costruire il governo di Kiev.
Se mi guardo intorno, sento che come femministe stiamo prendendo poco parola sulle guerre, sui conflitti e sulle conseguenze più dolenti, le migrazioni. Donne e uomini, ragazze e ragazzi, donne incinte che partoriscono sui barconi o morendo nelle stive affollano il nostro Mediterraneo mare di morte. Ci si divide tra chi ritiene il popolo migrante un pericolo, un intruso, un danno economico, una massa a cui imporre limiti e regole (che si invocano dall’Europa), e chi, nella migliore delle ipotesi, pensa ai e alle migranti come persone a cui rivolgere caritatevole assistenza. Ricordo sempre una frase fulminante di un teologo della liberazione,monsignor Hamara,che diceva “Se faccio del bene ai poveri mi dicono che sono una brava persona, ma se chiedo perché ci sono i poveri, mi dicono che sono comunista”.
Appunto, chiedersi perché. Ho come l’impressione che quello che fa la parte migliore di ‘noi’ non basta. E’ come se ci trovassimo in un magma melmoso di fronte a cui agire con interventi ‘umanitari’ non basta, è come una sorta di ‘tolleranza’ verso lo straniero. Masse enormi di gente vivono nella povertà, trascinate spesso su posizioni fondamentaliste di varia natura. Giacché il fondamentalismo è una visione totalizzante del mondo, che poggia su una sorta di superiorità integralistica,che impedisce l’analisi e le pratiche meticce. C’è l’integralismo neoliberista, l’integralismo di Marchionne e oggi quello di Renzi, l’integralismo europeo e occidentale, l’integralismo cristiano e cattolico, quello ebraico,quello islamista. Hanno in comune l’idea di essere ‘ nel giusto’, magari un ‘giusto’ sancito dall’alto che santifichi ogni dominazione.
Per esaminare qui l’integralismo etnico/religioso, ricordo sempre una frase sentita da una donna musulmana bosniaca durante le guerre nell’ex Yugoslavia: lei diceva “improvvisamente il mio vicino di casa,con cui ero andata a scuola, mi chiamava ‘puttana turca’. Lui era un serbo. Ecco perché io penso che la laicità deve essere un punto di forza delle nostre analisi e delle nostre lotte,laicità nella società, nella scuola, nei movimenti. Enzo Mazzi diceva che occorre eliminare il sacro dalle religioni, perché il sacro è disumano, è la giustificazione di ogni sopruso e di ogni vendetta, il sacro è il legame dell’uomo (maschio) con l’onnipotenza del suo dio. Come occorre eliminare dalle religioni il dogma della verità,in funzione di una ricerca perenne.
Quello che colpisce negli ultimi orribili video degli sgozzamenti è l’uso proprietario e strumentale del corpo: il corpo rivestito di tuta arancione, inginocchiato, la voce costretta a recitare le giaculatorie antioccidentali; i corpi appaiono defisicizzati,come senz’anima, una sorta di massa amorfa, spersonalizzata, divenuta preda materiale e allo stesso tempo immateriale. Sono esseri maschili, giacché le donne vanno nascoste, come nascosto è l’uso del corpo femminile. Sono maschi , ma è come se fossero no gender, masse senza sesso,corpi oggetto. Ma gli stupri sono avvenuti anche da parte dei ‘liberatori’ occidentali, dai protagonisti delle forze di ‘interposizione’ dell’ONU. Fin dall’antichità le guerre avvenivano così: gli aggressori assediavano una città,ne abbattevano le mura, depredavano i tesori, stupravano e facevano schiave le donne, uccidevano i capi, rendevano schiava la massa dei senza nome: Oggi i nemici vengono ‘deprivati’ dei corpi, da Guantanamo al web. I corpi non contano. Venduti, umiliati, mercificati, scambiati. La grande scoperta femminista del corpo è caduta nel fango,oggetto di trattativa,strumento di vendetta, e di esibizione di forza, pretesto per i bombardamenti umanitari.
Io penso che su questo tema del corpo potremmo prendere parola per costruire ponti con le donne di paesi altri. Spesso le femministe occidentali si sono esercitate a stigmatizzare le ‘altre’ che si coprono il corpo e la testa (si ricordi la legge proibizionista sul velo in Francia), per una sorta di ideologia di liberazione tutta occidentale e tutta volta ad una pedagogia dell’emancipazione. Prendere parola sull’uso proprietario del corpo potrebbe essere un elemento di costruzione di legami,di ponti,di relazioni tra donne di mondi diversi.
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