IFE Italia

Le donne al potere non sono fantascienza.

Intervista a Gioconda Belli
martedì 31 dicembre 2013

Per augurare a tutte e a tutti un anno ricco di energia, di desidero di trasformazione e di impegno per cambiare il mondo pubblichiamo un’intervista a Gioconda Belli , realizzata subito dopo l’uscita del suo ultimo libro " Il paese delle donne".

Auguri!

IFE Italia

Tratta dal sito: http://www.il messaggero.it

ROMA - Immaginate un mondo sconvolto tra corruzioni rocambolesche abusi e fantasiose depravazioni, mentre la Madonna piange perché le femministe stanno ribaltando consolidate leggi patriarcali. Immaginate un partito Femminista della Sinistra erotica che stravince le elezioni e scompiglia la vita, l’economia, la società di un paese latino americano, mandando le donne al lavoro e i maschi tutti a casa, anche perché privati (per le malefiche esalazioni di un vulcano) del prezioso testosterone.

Nel paese delle donne (Feltrinelli), l’ultimo romanzo di Gioconda Belli è un racconto fantastico, utopico sulla presa muliebre del potere, un po’ comico, un po’ grottesco, un po’ favola agrodolce con morale incorporata. La scrittrice nicaraguense con nonni emigrati italiani, a suo tempo attivista del Fronte Sandinista contro la dittatura di Somoza, lo ha costruito come una spassosa e inaspettata provocazione che le è valsa il prestigioso Premio Hispano americano de Novela La otra orilla, ed era la prima volta per una donna, dopo i vari Marquez, Onetti, Vargas Llosa. E ora a Milano, prima tappa del suo tour italiano, parla liberamente di questo romanzo abbastanza fortunato che sembra capovolgere la formula del suo esordio narrativo nel 1989 La donna abitata. Lì parlava in prima persona, e al passato, la sua biografia di politica e di guerrigliera. Qui l’apologo sulle donne che prendono spazi e responsabilità degli uomini ha qualcosa di metaforico che sembra rivolgersi al presente e al futuro.

«Fantasia e realtà si fondono - dice Gioconda Belli - tendono a essere il frutto di un’esperienza di vita arricchita dal potere corroborante dell’immaginazione creativa. Nel paese delle donne è una riflessione dopo la rivoluzione. Mentre vivevano la rivoluzione, tutto cambiava. L’oggetto della lotta non erano solo gli uomini, ma il mondo che aveva costretto le donne a negare la passione, scollegate dal loro cuore. Poi però, con il passare del tempo, il cambiamento si è bloccato. Molti aspetti della vita più intima, quotidiana, interpersonale continuavano a esistere sotto il segno del dominio dell’uno sull’altro. La rottura del dominio riattiva il processo di liberazione».

Ma, le chiedo, che tipo di conoscenza si ricava dal suo lavoro di scrittura? Qual è il potere della scrittura?

«Credo fermamente nella forza della parola. Arriva al cuore, come I dannati della terra di Fenon. I libri cambiano la vita, la parola unita all’azione e alla verità alimenta le necessarie trasformazioni. La fantasia proietta una realtà possibile. Questo libro preannunzia una sorta di realtà utopica, possibile e giusta: viviamo in maniera molto divisa ogni cosa. Obblighi, novità amorose, lavoro dovrebbero essere vissuti in maniera più armonica».

Da questo punto di vista lei insegue ancora l’utopia, anche se non è più la guerrigliera militante di un tempo? Crede davvero che possiamo essere migliori di quello che siamo?

«La nostra società dimostra che il neoliberismo ha fallito. E’ una ideologia cieca che ora deve fare i conti con la crisi economica che ha generato. Quando l’economia collassa, allora la donna può diventare ancora di più una donna-oggetto. La cosa più pericolosa è che ci isoliamo l’uno dall’altro, è come se ognuno vivesse rinchiuso in una bolla. Gli intellettuali hanno una missione, portare la parola nelle piazze. Combattere con le parole».

Le sue eroine - Lavinia, Itzà, Melisandra, Gioconda, Eva e le altre di quest’ultimo libro - sono combattenti a loro modo. Non si accomodano, prendono coscienza, spesso con l’intraprendenza e la forza. E’ la loro potenza?

«Sono cinque donne molto diverse sulla scena di Nel paese delle donne. Diversi sono i rapporti con gli uomini. Le accomuna la capacità di ricorrere a una forza interiore o alla vulnerabilità, serve. Una risorsa multidimensionale delle donne. Gli uomini no: sono unidimensionali».

Davvero da qualche parte è possibile un partito femminista della sinistra erotica che possa conquistare il potere?

«Ormai sono tante le donne al potere: presidenti, primi ministro, politici affermate. Un’avanzata generale, i segni sono tanti. La storia mostra che alcuni grandi cambiamenti sono possibili, prenda la Turchia che, da un’oppressione totale, è arrivata ad un libertà di fatto. In Italia ce n’è grande bisogno, negli ultimi tempi la dignità delle donne è stata oltraggiata da un erotismo che, da risorsa dell’esistenza, è diventato barzelletta».

La "marca" della femminilità può essere qualcosa che si mette e si toglie come un vestito, non una pelle che porti sempre con te? In altri parole: il futuro rende compatibili cose apparentemente diverse: per esempio essere femminista ed essere femminile?

«Il femminismo è stato caricato dal pregiudizio. La maggior parte delle donne sono femministe anche se non si definiscono tali, accade anche nel mondo arabo. Le donne emancipate che si affacciano al potere non sono tutte come la signora Thatcher, il potere è un potere dove si può esprimere la femminilità nei suoi aspetti più teneri per amare il nostro paese come amiamo la nostra famiglia esercitando le qualità per cui ne siamo il sostegno».


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