IFE Italia

Le donne spagnole ed il colpo di frusta delle crisi

di Paula Rodríguez Modroño
martedì 11 febbraio 2014

Tratto dal sito www.womenews.net

fonte: www.ingenere.it

La Spagna è il paese dell’Unione Europea in cui la disoccupazione è aumentata di più durante questa Grande Recessione. Tre milioni e mezzo di persone hanno perso il lavoro, raddoppiando in pochissimo tempo il numero dei disoccupati “pre-crisi”. I giornali e i media hanno più volte sottolineato come, tra i molti effetti negativi, uno dei tratti positivi di questa recessione fosse una diminuzione delle disuguaglianze tra uomini e donne. Se ci si limita a valutare la differenza dei tassi di attività, occupazione e disoccupazione tra uomini e donne i dati mostrano apparentemente dei miglioramenti. Purtroppo però non c’è un miglioramento dell’occupazione femminile, c’è invece un crollo dell’occupazione maschile, che, soprattutto all’inizio della crisi, è stato più veloce di quello delle donne. La verità è che, dopo cinque anni di recessione profonda, non possiamo affermare in alcun modo che le donne spagnole stiano meglio nè nel mercato del lavoro, nè in alcun altro ambito socioeconomico. Al contrario, nell’ultimo biennio la Spagna ha perso diciotto posizioni nella classifica del Global Gender Gap redatto dal World Economic Forum. Il discorso mediatico sul miglioramento della parità di genere durante la recessione ha diffuso l’idea che questa sia una crisi maschile. Di conseguenza un’analisi dell’impatto di genere viene considerata irrilevante, dimenticando che le crisi e le recessioni economiche hanno sempre effetti differenziati su uomini e donne. Le donne in Spagna partono da una posizione impari e sbilanciata nel mercato del lavoro, nell’economia, nella distribuzione del tempo e del lavoro, e nell’accesso al potere e ai processi decisionali e, quando ci si prende la briga di fare un’analisi di genere degli affetti della crisi e delle politiche di austerità, emergono fasi piuttosto distinte di questa Grande Recessione, con esiti molto diversi per donne e uomini.

In primo luogo bisogna dire che è vero, c’è stata una riduzione del divario nel tasso di occupazione tra uomini e donne. Come si diceva prima però, questo dato non è legato a un miglioramento dell’occupazione femminile ma al fatto che i settori colpiti per primi e fortemente dalla crisi (edilizia e automobilistico) sono settori prettamente maschili. E’ stata la segregazione del mercato del lavoro a proteggere le donne in prima istanza. Durante la seconda fase della recessione, dalla metà del 2009 alla metà del 2011, la crisi si allarga a tutti i settori dell’economia spagnola ma con una crescita della disoccupazione attutita da politiche economiche espansive che non vede sostanziali differenze nell’aumento della disoccupazione maschile e femminile. La terza fase inizia nel terzo trimestre del 2011, quando s’iniziano a sentire gli effetti delle politiche di austerità e delle riforme del mercato del lavoro, la disoccupazione aumenta di nuovo e velocemente e questa volta le più colpite sono le donne. Si va infatti da un minimo di 0,14 nel secondo trimestre 2012 a 1,17 nel terzo trimestre del 2013, arrivando alla chiusura dell’anno con un tasso di disoccupazione maschile del 25,5 e un tasso femminile del 26,67.

Ci sono altri due fattori da tenere in conto parlando degli effetti di genere della crisi. Il primo è che ci vuole più tempo per recuperare i punti persi dall’occupazione femminile perché è socialmente accettato e tollerato che una donna non lavori. Il secondo è che le politiche di espansione economiche sono state mirate a settori di lavoro maschili, quindi quella segregazione che in un primo momento sembrava aver avuto un effetto di protezione ha escluso le donne dalla ripresa, anche perché i settori tipicamente femminili, quelli legati al welfare come servizi sociali, istruzione e sanità sono stati duramente colpiti dalle politiche di austerità. I tagli al pubblico impiego sono infatti quelli che hanno avuto l’impatto più negativo sull’occupazione femminile, -12% dal 2011, più del calo dell’occupazione nel settore privato, dei posti di lavoro pubblico tagliati tre su quattro erano coperti da donne.

Il risultato è che nel secondo trimestre del 2013, il primo dopo anni in cui la disoccupazione in Spagna è diminuita, il numero di persone disoccupate è diminuito di 161.900 unità per gli uomini e soltanto di 63.300 unità per le donne.

Infine, gli stessi tagli al welfare che comportano un aumento della disoccupazione delle donne e una riduzione dei redditi sono gli stessi che rallentano il ritorno delle donne sul mercato del lavoro. Le famiglie, infatti, non hanno più servizi di cura pubblici e spesso non hanno più neanche la capacità di acquistarli sul mercato del lavoro. A causa di una cultura che ancora distribuisce in maniera impari il lavoro di cura tra uomini e donne, l’intensificarsi del lavoro domestico non pagato ricade sulle donne e riduce ulteriormente le loro opportunità di uscire dalla disoccupazione.

Come possiamo vedere nella Figura 1, in Spagna il numero delle persone occupate ha cominciato a crescere a partire dal secondo trimestre di 2013, ma sono più gli uomini che le donne, così come è accaduto in altri paesi che sono usciti prima dalla recessione come per esempio gli USA o il Regno Unito.

Si può dire che c’è un ritorno a un modello di mercato del lavoro che, quando il lavoro scarseggia, espelle le donne per prime. Se si analizza l’evoluzione di genere dell’offerta di lavoro in Spagna (Figura 2), si rileva un comportamento completamente diverso per uomini e donne. Il tasso di attività degli uomini è in calo fin dall’inizio della crisi, la disoccupazione per molti di loro si associata a uno stato di sfiducia sfociando nell’inattività, ossia la rinuncia alla ricerca di un lavoro. Di pari passo le donne si sono attivate per entrare nel mercato del lavoro, anche quelle che prima non lavoravano hanno iniziato a cercare un’occupazione. E infatti, guardando più nel dettaglio questo rapporto fra i generi si rispecchia nel fatto che sono state soprattutto le donne sposate ultracinquantenni con un marito che ha perso il lavoro a cercare un’occupazione. Nel 2013 assistiamo a un punto di svolta, con più donne che uomini che passano dall’attività all’inattività. Nell’ultimo trimestre, 53.000 donne hanno smesso di cercare un lavoro: sono soprattutto donne trentenni, sposate e spagnole, seguite dalle donne immigrate latinoamericane. Nello stesso periodo sono entrati nella forza lavoro 20.000 uomini, principalmente uomini spagnoli di età compresa tra 16 e 24 anni.

Le donne tendono escono dalla crisi più instabili e precarie. Le politiche imposte durante questa recessione stanno portando ad un cambiamento radicale del modello sociale e del mercato del lavoro, comportando una maggiore precarietà per tutti, uomini e donne. Le donne sono sproporzionatamente di più nei lavori a tempo determinato e con contratti part-time, con salari ridotti e condizioni di lavoro difficile. Per esempio, le donne rappresentano il 72% dei lavoratori part-time. In questo nuovo modello imposto di “flex-insecurity”, le donne corrono più rischi di ritrovarsi intrappolate nelle categorie in costante crescita dei sottoccupati, dei lavoratori poveri o a rischio di povertà.

In conclusione, queste condizioni di marcata disparità, non solo indicano che gli uomini e le donne stanno risentendo degli effetti di questa recessione in modo molto diverso, con diversa intensità e con fasi temporali sfalsate, ma anche che i progressi verso la parità non sono una spinta inarrestabile senza possibili battute d’arresto o passi indietro. Se le politiche economiche non tengono in conto che sia la crisi che le misure per uscirne hanno effetti disuguali per uomini e donne il rischio è che le donne si ritrovino fuori dal mercato del lavoro con un conseguente peggioramento delle loro condizioni di vita. I progressi nella partecipazione delle donne al mercato del lavoro fatti in Spagna negli ultimi decenni potrebbero subire un forte arresto oppure avvenire solo in condizioni di vita insostenibili, visto quanto è frequente che in periodi recessivi così lunghi si mettano in discussione le regole del gioco e le norme di genere, creando una nuova divisione sessuale del lavoro, rendendolo ancora più segregato e disuguale di prima.

Per approfondire:

Gálvez-Muñoz, Lina; Rodríguez-Modroño, Paula; Addabbo, Tindara (2013). “The impact of European Union austerity policy on women’s work in Southern Europe”. DEMB Working Paper Series 18.


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