IFE Italia

Alice Jardine intervista Simone de Beauvoir

sintesi a cura di Giada Stamenkovic
domenica 9 marzo 2014

Dal sito www.iaphitalia.org

Un documento storico che sa parlare al presente , forse anche al futuro

Siamo alla fine degli anni ’70. Negli Stati Uniti inizia a farsi sentire l’eco dei nuovi femminismi francesi, tra cui appaiono teoriche come Hélène Cixous, Luce Irigaray e Julia Kristeva. Simone de Beauvoir continua invece a dichiararsi a favore di un femminismo attivista e di stampo marxista, che si oppone alle teorie filo - lacaniane e derridiane. In America Il Secondo Sesso (1949) viene considerato ancora uno tra i più importanti studi sulle donne, e la femminista statunitense Alice Jardinee si trova d’accordo con l’enfasi che Beauvoir pone sul linguaggio come comunicazione e con la possibilità di una rivoluzione dell’ordine sociale. Le francesi invece tendono a porre l’accento sull’inconscio, sul linguaggio come forza ordinatrice di percezioni, e sulla "donna" come qualcos’altro, da qualche altra parte, rispetto all’"uomo".

Così Alice Jardine, da grande ammiratrice di Beauvoir qual è, decide di testare le reazioni della filosofa rispetto ad argomenti delicati, che marcano i nuovi femminismi francesi, per mezzo di un’intervista. Dopo un primo incontro nel 1973, in cui Jardinee non aveva notato sostanziali cambiamenti di posizione in Beauvoiur rispetto a Il Secondo Sesso, l’americana torna ad intervistarla, per conoscere meglio il suo atteggiamento nei confronti di chi pone la donna "da un’altra parte". È il 2 giugno del 1977 e siamo nell’appartamento di Simone de Beauvoir a Parigi.

1 - FEMMINISMO FRANCESE ANNI ’70

La prima domanda riguarda la posizione di B. in merito all’ MLF (Mouvement de libération des femmes) e le sue profonde spaccature. Tale movimento contiene vari gruppi femministi in Francia, ai quali Beauvoir sostiene di non essere particolarmente legata. Principalmente ella contribuisce con testimonianze, dichiarazioni, articoli, senza partecipazioni dirette. Beauvoir cita il gruppo "Psicoanalisi e politica", gruppo capitalista coinvolto, all’epoca dell’intervista, in una diffamazione contro le donne che essi pubblicarono, da loro chiamate rivoluzionarie. I gruppi secondo Beauvoir più importanti sono quelli che si occupano di questioni quali la violenza sessuale e domestica, che organizzano gruppi di sostegno e protezione, e che si trovano alla continua ricerca di un proprio spazio d’azione. Beauvoir sostiene di non essere legata nemmeno a Choisir, il gruppo che naque dall’impegno per la legge sull’aborto in Francia, al momento vittima di lotte intestine. Nemmeno a livello politico Beauvoir ha deciso di prendersi responsabilità o compiti particolari.

2 - DENTRO O FUORI IL SISTEMA?

Si passa alla questione della radicalità. Jardinee chiede a B se secondo lei bisognerebbe agire all’interno del sistema (costruito mediante ordine maschile), oppure al di fuori dello stesso, considerando che tale sistema è proprio ciò che il femminismo si pone di smantellare. Secondo Beauvoir, non si può solo voler "essere come gli uomini", come invece sostiene Betty Friedan: è necessario un cambiamento della società stessa, una sovversione dell’ideologia dominante. Purtroppo, sostiene B, da una parte se non si segue il sistema l’operato rischia di risultare vano, ma dall’altra, se lo si fa si rischia di porre il proprio femminismo a servizio di un sistema che si è deciso di smantellare. Per Beauvoir e le sue amiche il femminismo dev’essere un’arma contro la società, un movimento rivoluzionario diverso dal movimento di classe, ma sempre di sinistra e sempre volto ad attaccare la società. B pone come esempio lampante il problema del lavoro domestico non retribuito, mestiere costituito da milioni di ore di lavoro non salariato su cui si basa la società maschile capitalistica. Porre fine ad esso significherebbe capovolgere la società, ma è un lavoro che non può fare il solo femminismo. Servono alleanze e attacchi di diverso tipo, anche quelli maschili, il che fa sorgere appunto un ulteriore problema: come sanno bene le femministe che hanno partecipato ai movimenti di sinistra del ’68 (che predicavano sostanziale uguaglianza tra donne e uomini) le donne venivano comunque tenute "al loro posto": preparavano il caffè mentre gli uomini discutevano. Trovare alleati senza perdere la propria specificità femminista è un problema di particolare rilevanza. Talvolta si crede di aver fatto passi in avanti perché la Signora X ha raggiunto questa o quella posizione, e allora si pensa che le donne siano uguali agli uomini. Ciò è falso poiché le eccezioni ci sono sempre. L’importante secondo Beauvoir è accettare solo cariche che permettano di aiutare davvero le donne. Spesso però le femministe decidono di non immischiarsi in cariche che marcano i valori maschili, rimanendo fuori dal sistema, mentre quelle che occupano cariche importanti, decidendo di agire dall’interno del sistema stesso, finiscono per comportarsi come gli uomini, tagliandosi così fuori dalle altre donne. C’è una dialettica problematica tra l’accettare il potere e rifiutarlo, entrare nel sistema o rimanerne ai margini, accettare certi valori maschili e la volontà di trasformarli.

3 - DONNE E PSICOANALISI

Jardine chiede a Beauvoir un parere sulla psicoanalisi femminile fin ora studiata. B considera disastrosa la psicoanalisi femminile di Freud e Lacan. Il suo desiderio è quello di vedere una donna che prenda sul serio la psicoanalisi e che la ricostruisca da una prospettiva tutta femminile. C’è ad esempio Luce Irigaray, che secondo Beauvoir sta tentando di fare qualcosa senza però essere andata molto lontano. Ritiene che la sua opera, Speculum de l’autre femme, sia difficile da leggere, e riporti un vocabolario accademico. Tuttavia, nonostante la mancanza di audacia che trova nel suo lavoro, ne apprezza il tentativo e lo trova interessante. La difficoltà nel trattare la psicoanalisi da una prospettiva femminile è ancor più evidente quando si tratta di pazzia, sostiene B. Date le norme maschili, è evidente che le donne abbiano maggiori possibilità di essere definite pazze: quando una donna non si dimostra completamente appagata e felice nel vivere di faccende domestiche, la società sostiene di doverle fare una lobotomia. La società lobotomizza le donne di oggi, perché esse sono i soggetti più idonei per tale procedura: agiscono in una routine quotidiana, per cui è possibile rubar loro l’animo, lo spirito critico e ribelle lasciandole tuttavia completamente in grado di continuare ad eseguire la loro routine (preparare lo stufato o stendere i panni) senza tali capacità. La società considera pericolose le donne, tutte, e a ragione. Difatti ache le donne non femministe sono pericolose, sostiene B, solo che si sono sempre ribellate autonomamente, senza allearsi, e diventavano bisbetiche (domate). Se il femminismo entra in gioco, permette loro di parlare di loro stesse, invece che nutrire sempre inconcludenti lamentele e drammi personali, che causano loro solo depressione. La pazzia, secondo Beauvoir, è dunque condizionata, in larga parte, dalla società, dalla famiglia in particolar modo, affliggendo dunque le donne per prime. Beauvoir cita anche un’altra femminista che sta tentando di entrare nel mondo della psichiatria, Hélène Cixous, ma sostiene si rivolga alle donne in un linguaggio che la maggior parte di esse non capirà mai, un linguaggio che rivela un’eterna ricerca di una scrittura dallo stile femminile.

4 - RAPPORTO TRA DONNE E LINGUAGGIO

Secondo B la ricerca di una scrittura femminile sarebbe un errore, poiché questa rientra nel sistema dei pregiudizi maschili. Bisognerebbe invece liberare il linguaggio da tutto ciò. Esso può essere arricchito, è possibile inventare parole nuove, nuove tecniche comunicative, uno slang; le femministe possono scrivere da una prospettiva femminista, con una sensibilità femminile, dando al testo qualcosa che non avrebbe se fosse stato scritto da un uomo, ma rimarrebbe comunque linguaggio così come lo conosciamo. Quello che le donne devono fare per B è rubare lo strumento (il linguaggio) senza romperlo, e usarlo a proprio vantaggio. Jardine vuole sapere se secondo Beauvoir le donne abbiano un rapporto diverso con linguaggio rispetto agli uomini. Secondo B una differenza c’è, e dipende dal contesto sociale: la donna si esprime in modo diverso rispetto all’uomo, parla maggiormente del proprio corpo perché fondamentalmente non riesce a staccarsene. Il linguaggio è uno strumento molto influenzato dal sesso del parlante, soprattutto a seconda dell’argomento: esistono argomenti comuni a uomini e donne (l’oppressione, la miseria), ma argomenti in cui le donne sono coinvolte in prima persona. Ogni donna è sia donna che universale (e ogni uomo è sia uomo che universale). Beauvoir continua a credere nell’universalità della condizione umana, in domini comuni, e non in un femminismo separatista.

5 - DONNE E LETTERATURA

Jardine chiede a Beauvoir se la causa della repressione della letteratura femminile sia da ricercare nell’ideologia dominante. Per Beauvoir questo è ovvio: la letteratura, come del resto quasi ogni cosa, è dettata dall’ideologia dominante. Le donne hanno trovato molti ostacoli nel diventare scrittrici per molte ragioni, ragioni che Virginia Woolf delinea in maniera esemplare nell’opera Una stanza tutta per sé . Però, una volta che un’opera scritta da una donna riusciva ad essere pubblicata, questa veniva riconosciuta. La letteratura è infatti l’arte nella quale le donne hanno trovato meno problemi ad emergere. Tuttavia, l’ideologia dominante è impressa a fuoco nella letteratura; anche nella letteratura proletaria, o in quella femminista. Non c’è una letteratura, un modo di scrivere, femminista, e se ci fosse, Beauvoir lo riterrebbe un ulteriore modo di ghettizzare le donne, mentre invece desidera che esse siano singolari e universali al tempo stesso. B cita l’esempio di Virginia Woolf, che, nonostante non ricerchi femminilità stilistica, la sua scrittura, secondo B, risulta sempre molto femminile. Ovvero mostra una spiccata sensibilità contemplativa nei confronti della natra, qualità propria delle donne. Talvolta è addirittura l’argomento stesso o il soggetto del testo, a richiedere che lo scrittore metta tutto se stesso nell’opera, e ciò implica includere anche il proprio sesso, il quale, proprio come caratteri quali la nazionalità, è imprescindibile e innegabile. Ad esempio nei romanzi: nel romanzo lo scrittore è parte del proprio lavoro. È la situazione stessa (stesura di un romanzo) che richiede allo scrittore/ice il suo totaler impegno in quanto individuo. Come in politica. Un uomo di destra non scriverà mai come un uomo di sinistra. Beauvoir afferma che i suoi libri non li avrebbe potuti scrivere un uomo, poiché hanno il marchio femminile: l’eroina, rigorosamente donna, nella quale B ha inserito molti tratti di se stessa (cosa che un uomo non avrebbe mai saputo fare: un uomo non può comprendere la sensibilità femminile, il sentirsi donna nel mondo). Le donne per B, Possono essere descritte esteticamente molto bene da un uomo, ma solo una donna può scrivere cosa si prova a sentirsi donna, ad essere donna, nel mondo.

6 - DONNE E AUTOBIOGRAFIA

Jardinee, notando un aumento di autobiografie femminili, chiede a B. perchè questo tipo di testo risulti così importante per le donne. Beauvoir sostiene che tra le donne ci sia proprio questa tendenza all’autobiografare: quando hanno avuto la possibilità di emanciparsi, hanno iniziato a sentire il bisogno di scrivere delle proprie vite. B trova particolarmente bella l’autobiografia di Kate Millett. Alcune sono molto ben scritte, come fossero romanzi. La tendenza del momento è proprio quella di scrivere di storie reali, poiché la gente sembra stanca della finzione, sembra aver bisogno di sentire storie vere.

7 - CONTENUTO O ESPRESSIONE?

Una domanda stilistica: Jardinee chiede a B se ritiene ci sia differenza tra contenuto ed espressione, e B risponde che secondo lei non può esistere tale differenza, una differenza tra stile e narrazione. Ci deve essere relazione tra gli avvenimenti narrati e lo stile narrativo, cosa comunque complessa. Ad esempio ha adorato la biografia di Emma Goldman, scritta con uno stile non particolarmente impressionante, ma pieno di passione e di avvenimenti avvincenti, mentre invece quella di Anais Nin è scritta con grande grazia e talento stilistici ma manca di giudizio: vuole essere femminile ma non riesce ad essere femminista.

8- DONNE E AVANGUARDIA

Jardine chiede a Beauvoir qual è la sua posizione nei confornti dell’avanguardia. B sostiene che dal momento in cui una corrente si ritiene di essere all’avanguardia o ha la pretesa di esserlo, cade in errore. Beauvoir non si è mai sentita tale, nonostante fosse considerata all’avanguardia dai suoi contemporanei: comunicava solo ciò che aveva da dire. Sovvertire le idee comunemente accettate non basta per essere definiti avanguardia, né serve essere sempre alla ricerca di un modo per farlo.Bisogna invece pensare al modo in cui ognuno di noi può esprimere il mondo.

9- DONNE E FASCISMO

Jardine chiede a Beauvoir se il fascismo, essendo stato definito l’istituzionalizzazione dell’inconscio, abbia maggiori capacità di influenzare le donne. Secondo B questo non è vero, nonostante le donne siano in generale più servili: gli uomini creano dei personali, e ne comprendono l’artificialità, mentre le donne, essendo oppresse dagli uomini, li prendono sulla parola e credono negli dei da loro creati. Le donne in generale diventano più fanatiche per tale ragione, sia che si tratti di fascismo sia di totalitarismo. Ma non è una proprietà intrinseca del fascismo.

10 - SPUNTI PER IL FUTURO

Jardine a questo punto è desiderosa di sapere se B, dalla pubblicazione della sua opera Il Secondo Sesso ad oggi, abbia in qualche modo cambiato opinione sugli argomenti da lei trattati. La risposta di Beauvoir è chiara: come ha già spiegato in All Said and Done , ha scoperto il femminismo agli inizi del decennio quando si diffuse in francia. Al momento della stesura della sua opera il femminismo propriamente inteso non esisteva, mentre invece si sosteneva che l’emancipazione femminile sarebbe avvenuta solo grazie al trionfo del proletariato e al progresso sociale. In realtà, nei paesi sedicendi socialisti, la condizione femminile era addirittura peggiore rispetto ai paesi capitalistici. Quello che B sostiene di aver compreso durante gli anni che la separano dalla sua pubblicazione, è che l’emancipazione delle donne è qualcosa che solo le donne hanno il potere di conquistare, pur tuttavia contemporaneamente alla lotta di classe, e in alleanza con questa e con gli uomini se la situazione lo richiede. Ma il tutto senza mai abbandonare la propria specificità femminista.

11 - IL FUTURO DE IL SECONDO SESSO

Alla domanda "Come immagini l’effetto dei tuoi lavori sulle future generazioni?" B risponde che non ha modo di immaginarlo; spera solo che Il Secondo Sesso, pur risultando un libro vecchio e datato,darà il proprio contributo anche alle generazioni future.


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