IFE Italia

Non tutte le emancipazioni portano al topless

di Malekah Al-Muaid
giovedì 25 agosto 2016

Riceviamo da Luisa Carminati, preziosa compagna di strada in IFE Italia, e volentieri pubblichiamo.

Da qualche giorno sui social è partita la febbre del burkini. Tutte e tutti sembrano avere un’opinione a riguardo: leghisti, paladini della laicità e femministe di ogni genere. Per gli uni è simbolo di un Islam prepotente e minaccioso, per gli altri un capo di abbigliamento scelto più o meno liberamente in attesa della completa liberazione dei corpi. Mi sono chiesta quante di queste voci, pro o contro che siano, abbiano davvero raccolto opinioni di donne musulmane a sufficienza per poter parlare dell’argomento con cognizione di causa. Ma forse non è delle donne musulmane che importa davvero e il burkini è solo un pretesto per dividere e distrarci.

La prima volta che ho discusso di burkini è stata in terza media, quando il mio prof di storia mi chiese un’opinione su come gestire il caso di una ragazza musulmana che non si presentava mai a lezione di nuoto. Dopo una breve discussione, la mia conclusione fu: “Si potrebbe proporle di venirci in burkini.”

Per me il burkini è un esempio d’integrazione. Richiede uno sforzo da entrambe le parti (non pensate che per tutte le donne che si sono sempre coperte sia semplicissimo mettersi una tuta attillata e buttarsi in acqua con altre persone). Quando penso al burkini vedo famiglie di culture diverse che si incontrano in piscina, bambini che giocano insieme fregandosene altamente del topless o del velo delle loro mamme e giovani studentesse musulmane che partecipano alle lezioni di nuoto come tutti gli altri. Magari ho una visione un po’idilliaca, ma continuerò a vederla così.

“LA VOSTRA LIBERAZIONE SEMBRA DIVERSA DALLA MIA, PROMETTO DI NON ESSERE UN’IDIOTA A RIGUARDO.“ Un aspetto che mi disturba molto di tutto questo dibattito è che anche per il fronte “pro burkini”, quest’ultimo sembra solo un punto di passaggio. Come se il burkini non potesse essere una scelta definitiva, come se un’emancipazione completa dovesse per forza portare al modello di donna occidentale. È davvero così inconcepibile pensare che una donna possa scegliere di coprire il proprio corpo? Anche chi il burkini lo difende o lo condanna con motivazioni ‘femministe’, sembra non poter fare a meno di accollare alle donne musulmane le vesti di vittime, sempre. Appariamo come oppresse, mute, ci mancano alcuni decenni di storia e di progresso, non abbiamo scelta e siamo arretrate rispetto all’emancipazione della donna occidentale.

Questa retorica mi angoscia e mi offende. C’è molto lavoro da fare in ambito di emancipazione femminile in Medio Oriente e in molti altri paesi del mondo, musulmani e non. Ma non tutte le emancipazioni porteranno al topless, alcune si. Altre porteranno al Burkini. La Libertà non è la stessa per tutte e per tutti e finché ci sarà qualcuno che pensa di sapere cosa è meglio per me, che sia un governo, un marito, una madre o un’altra donna che pensa di dovermi liberare; io libera non sarò.

Da giovane donna, musulmana, svizzera, femminista e yemenita in bikini spero di riuscire a portare avanti la mia personale emancipazione nel rispetto degli altri. Vi chiedo di provarci con me, altrimenti una lotta collettiva non sarà possibile.

(...) Per leggero l’articolo completo : http://www.sinistra.ch/?p=5423


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