IFE Italia

I panni sporchi non si lavano più in famiglia

di Grazia Aloi
venerdì 1 aprile 2011 par ifeitalia

Sull’acqua bene comune : l’originale punto di vista di una psicoanalista

Si è proprio così che potrebbe succedere se l’acqua fosse privatizzata.

Perché chi mai oserebbe far sapere all’azienda Tal dei Tali quanti litri di acqua sono andati nello scarico portando con sé i segreti?

E se a qualcuno venisse voglia di andare a vederli, questi segreti? Che figura! No, no, meglio non pensarci

E poi, perché l’ acqua dovrebbe diventare di proprietà di qualcuno? Mica le Ninfe possono stare fuori dagli stagni o le Dee lavarsi nelle docce comunali!

No, no, meglio non pensarci.

E invece sì, pensiamoci.

Ma come, l’acqua, l’acqua che tutto sistema, pulisce, calma, alimenta …. quest’acqua potrebbe non essere più MIA?

Mi addormento dalla fatica di questi pensieri. E sogno.

Mi appare Oceano, dio di tutte le acque, che pensieroso si accarezza la lunga barba. Mi fa segno di avvicinarmi e, quando gli sono accanto, mi chiede che cosa mai stia succedendo sulla Terra, (oddio, terra. in fondo, pure la terra formata da acqua, per più del 70%) perché lui e le sue figlie Oceanine si sentono un po’ ribollire dentro.

Gli dico che, sulla Terra, in questo periodo si sta discutendo di un fatto molto importante, ossia se dare la gestione dell’acqua pubblica in mano ad Aziende private.

Mi annacqua, letteralmente, in segno di dissenso e, con cavalloni che sembrano voler inghiottire le stupidità mi chiede se per caso io e gli altri terrestri ci siamo dimenticati del valore dell’acqua per ognuno di noi. E’ ad essa e con essa che possiamo pensare e riferirci per spegnere tutti i nostri intimi incendi di vita, tutti i bruciori che ci mettono nel rogo delle ingiustizie o delle passioni, giuste o non giuste. Dove passa l’acqua, tutto passa, simbolicamente e non.

E mi annacqua di nuovo, per confortarmi dallo stupore della sua reazione, ed io provo che è bello, provo quello che solo l’acqua sgorgante può far provare.

Mi sento libera, pulita, bella, dimagrita da ogni orpello. Niente più coltri pesanti a stancare le membra e, anzi, mi sento cullata da onde dolci e materne e dondolata da flussi potenti e paterni e mi sento mia, mia nella mia acqua.

E allora ne bevo e avverto che divento grande di corpo e di pensieri. L’acqua mi nutre e mi solleva in alto, nel mondo degli uomini e delle cose.

Quando mi sveglio, ho la sensazione di aver fatto un sogno importante.

Sono un po’ stordita come qualcuno che dopo aver ricevuto un colpo in testa e deve ricominciare daccapo a ragionare.

Mi ricordo della questione dell’acqua e sento che è da là che devo riprendere a ragionare

No, per carità non date via l’acqua a nessun tal dei tali, no per favore, non privatizzatela!

Ci sentiremmo persi, orfani della nostra fantasia di avere un seno tutto nostro al quale attaccarci e suggere un latte che purifichi ogni sudore di vita.

Perderemmo il nostro immaginario di liquido amniotico protettivo e difensivo da qualsiasi colpo maldestro; perderemmo la capacità di simbolizzare e metaforizzare ogni liquido come forma vitale.

Ci mancherebbe la forza di trasformare, nei pensieri, ogni solido in liquido e viceversa: nulla ci sembrerebbe congeniale per la costruzione delle cose: non sapremmo più con cosa impastare i segreti nostri.

L’acqua è il nostro tempio di pensieri e di atti nella fluidità: come potremmo pensare ad un nostro pozzo privatissimo a cui attingere se mai dovessimo andare al pozzo del signor tal dei tali?

No, non possibile. Nessuno potrà mai costringerci a diventare cammelli e dromedari nell’umana protesta.

da Psychologies


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