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Da forza anacronistica a forza di governo: come Vox sta arrivando al potere in Spagna

di Alessandro Scassellati
martedì 27 giugno 2023

Inquietanti scenari europei....

Vox è un partito di estrema destra che in base ai risultati delle elezioni municipali e regionali del mese scorso1 potrebbe essere uno dei vincitori delle elezioni generali anticipate del 23 luglio, una data in cui molti spagnoli saranno già in vacanza2.

La campagna elettorale viene condotta dal partito e dai suoi principali candidati nel consueto tono aggressivo e talvolta apertamente xenofobo in cui Vox si è specializzato, agitando una “guerra culturale” contro immigrazione, laicità, famiglie non tradizionali, LGBTQI, violenza contro le donne, aborto ed eutanasia. Vox è ora pronto a entrare in più governi municipali e regionali e potrebbe persino far parte del governo nazionale se, come previsto da molti osservatori, il Partito Popolare non raggiungerà la maggioranza assoluta il 23 luglio e dovrà fare affidamento sul sostegno di Vox per andare al governo. Il PP ha finora rifiutato di escludere qualsiasi accordo nazionale con Vox3. Per il PP, Vox può essere, con l’avvicinarsi del 23 luglio, un compagno di viaggio molto scomodo, un pesante fardello da portare, ma il prezzo da pagare per l’ambizione di “sfrattare il signor Sánchez dal governo”.

Gli ultimi sondaggi danno il PSOE a 106 seggi (28,3%), Sumar a 35 (lo stesso risultato di Unidas Podemos nel 2019), i partiti regionali a 35, mentre il PP sarebbe in vantaggio con 136 seggi (33%) e Vox a 38 (14%) in un Parlamento da 350 seggi. Per cui il centro destra otterrebbe 174 seggi, due in meno della maggioranza assoluta (che però potrebbero arrivare da due deputati della Coalición delle Isole Canarie e dell’Unión del Pueblo Navarro), ma dopo la prima votazione, basterebbe una maggioranza semplice per insediare un nuovo governo. Il successo del PP è favorito anche dall’assorbimento di gran parte degli elettori del partito di centro-destra Ciudadanos, che, dopo l’ultima sconfitta alle elezioni del 28 maggio, ha annunciato che non parteciperà alle elezioni generali di luglio.

Uno scenario del genere – un’alleanza tra il partito conservatore PP e il partito postfranchista Vox – sarebbe stato impensabile anche solo cinque anni fa, così come il fatto che Vox sia ora il terzo partito più grande del parlamento spagnolo. PP e Vox sono uniti dalla loro convinzione che Sánchez abbia svalutato le istituzioni spagnole (creando un sistema di potere definito come il “sanchismo”) e dalla loro ostilità al separatismo catalano e basco. Altre questioni li dividono. Vox ha a lungo criticato il PP come un partito dell’establishment senza spina dorsale e ha sostenuto posizioni antagoniste su immigrazione, femminismo e globalizzazione che sono sgradevoli per molti conservatori tradizionali4.

Inoltre, Vox è un partito nazionalista (affiliato al raggruppamento dei Conservatori Riformisti Europei) che sulla questione della guerra in Ucraina ha mantenuto un profilo basso, a differenza del PP da sempre apertamente filo-atlantista (e associato al Partito Popolare Europeo). Accetta l’accoglienza in Spagna dei profughi ucraini, ma la nega in Andalusia e anche a chi arriva dai paesi africani, mentre pur essendo favorevole al sostegno all’Ucraina, nella prima fase della guerra non è stato d’accordo sull’invio di armi. Ha poi finito per sostanzialmente allinearsi alle posizioni dell’UE e della NATO (seppure sostenendo che “la Spagna non dovrebbe sottomettersi e accettare a tutti i costi e acriticamente tutto ciò che ci viene dettato dall’UE e dalla NATO senza tener conto dei nostri interessi nazionali vitali”). I grandi alleati di Vox in Europa, oltre a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, sono stati l’Ungheria di Orbán e l’Associazione Nazionale di Marine Le Pen, entrambi filo-russi.

Fondato quasi un decennio fa da una fazione critica del PP che riteneva che i conservatori fossero diventati troppo morbidi e che desiderava lo scioglimento dei governi regionali spagnoli e il ritorno del potere al centro, il partito è stato a lungo liquidato come un gruppo di nostalgici, stravaganti anacronistici e non eleggibili.

Operazioni clamorose come lo srotolamento di un’enorme bandiera spagnola sulla rocca di Gibilterra hanno contribuito a dare quell’impressione, così come i tweet dell’allora leader del partito in Andalusia, Francisco Serrano, sulle “femminazi psicopatiche” (contro il “femminismo suprematista e il totalitarismo di genere“), sulle donne troppo brutte per essere vittime di stupri di gruppo, sulla minaccia che gli immigrati rappresentano per l’identità europea, sul suo orgoglio di essere bollato come sessista, e contro le leggi esistenti sulla violenza domestica ingiustamente ponderate contro gli uomini.

Ma tutto ciò iniziò a cambiare sei anni fa, quando la fallita spinta all’indipendenza catalana fece precipitare la Spagna nella peggiore crisi politica e territoriale degli ultimi decenni. Come afferma Miguel González, un giornalista di El País che copre Vox ed è autore di un libro sul partito intitolato Vox S.A.: el negocio del patriotismo español, con l’esplosione delle tensioni di lunga data tra il governo regionale indipendentista della Catalogna e lo Stato spagnolo si è risvegliato un ceppo di nazionalismo a lungo dormiente. Un nazionalismo vergognoso che si vergognava proprio perché era stato usato da Franco durante l’intera dittatura. Dopo il franchismo, quel nazionalismo si era praticamente manifestato solo durante le partite di calcio quando giocava la Spagna. Ma l’intera questione catalana era molto importante emotivamente oltre che politicamente. Molte persone si sono sentite ferite personalmente per quello che è successo in Catalogna e questo ha risvegliato quel nazionalismo spagnolo che era stato latente per qualche decennio.

Se a questo aggiungiamo alcuni fattori sociali, economici e demografici in gioco in Spagna e in molti altri paesi europei – l’invecchiamento della popolazione, i timori per l’immigrazione, la rivoluzione digitale e la crescita delle disuguaglianze che hanno lasciato molte persone con la sensazione di essere state abbandonate – le condizioni per Vox sono diventate mature.

Si possono tracciare linee rette tra le convulsioni in Catalogna e l’ascesa di Vox. Hanno giocato un ruolo anche le percezioni che il governo del PP di Mariano Rajoy fosse stato troppo debole e troppo lento nel reagire al movimento indipendentista catalano – e che il partito fosse diventato troppo corrotto.

Le elezioni andaluse del dicembre 2018, che si sono svolte sei mesi dopo che il governo di Rajoy (che aveva governato dal 2011) era caduto a seguito di un voto di sfiducia guidato dai socialisti, hanno visto Vox sfondare e conquistare 12 seggi nel parlamento regionale. Un risultato che ha posto fine all’eccezionalismo spagnolo, ossia alla presunta immunità del paese ai partiti di estrema destra che si sono infiltrati nella politica europea tradizionale mainstream. Con quel risultato Vox è stato il primo partito di estrema destra a conquistare seggi in Spagna dal ritorno del paese alla democrazia dopo la dittatura franchista. D’altra parte alla guida del PP arrivò Pablo Casado che ha trascinato il partito molto più a destra nella speranza di vincere la sfida di Vox.

Quattro mesi dopo, nella prima delle due elezioni generali del 2019, Vox ha guadagnato un punto d’appoggio in parlamento dopo aver vinto 24 seggi, prendendo il 10% dei voti, mentre alle elezioni generali del giugno 2016 il partito aveva ottenuto un misero 0,2% dei voti. Nonostante gli istrionici appelli del leader del partito, Santiago Abascal, alla “reconquista” della Spagna – un riferimento alla lunga campagna contro il dominio dei Mori, che si concluse nel 1492 e portò anche all’espulsione degli ebrei spagnoli – il successo del suo partito ha avuto meno a che fare con l’immigrazione e i confini che con la politica interna. Quelle prime elezioni nazionali, infatti, coincisero con il processo a 12 leader del governo regionale e civico catalano per il loro ruolo nella spinta alla secessione dalla Spagna nel 2017. Le successive elezioni generali di novembre, in cui Vox ha più che raddoppiato il numero dei seggi a 52 (con 3,7 milioni di voti, circa il 15%), sono state combattute tra i disordini in Catalogna che hanno portato all’incarcerazione di nove dei 12 leader indipendentisti.

Ma il più grande colpo del partito fino a prima delle elezioni amministrative del maggio scorso era arrivato nel marzo dello scorso anno, quando il PP ha concluso un accordo con Vox per governare la regione nord-occidentale di Castilla y León, la più grande della Spagna, come coalizione. Il patto potrebbe aver messo a disagio il PP, non da ultimo a causa degli sforzi di Vox per stabilire un’agenda anti-aborto nella regione5, ma ha dato a Vox le chiavi del potere e ha fatto crescere il suo appetito per qualcosa di più.

Mentre il leader di Vox, Santiago Abascal, spera che il suo partito sarà in grado di fare pressione sul suo omologo del PP, Alberto Núñez Feijóo, affinché dia il via libera alla formazione di più governi regionali di coalizione dopo le elezioni del mese scorso, ora il suo sguardo è puntato sul governo nazionale6.

L’obiettivo di Vox è entrare nel governo spagnolo. Abascal vuole essere l’equivalente di Matteo Salvini (anche se il suo alleato politico in Italia è Giorgia Meloni7); vuole essere vice primo ministro in un governo Feijóo. L’intera strategia di Vox è focalizzata su questo risultato. In un governo con il PP, Vox spingerebbe per l’abrogazione della nuova legge sulla Memoria Democratica – che ha lo scopo di portare “giustizia, riparazione e dignità” alle vittime della guerra civile spagnola e della successiva dittatura – e di eliminare la recente legislazione sui diritti delle persone trans. Spingerebbe anche ad un riesame degli aspetti delle nuove leggi spagnole sull’eutanasia e l’aborto.

Uno dei più grandi successi di Vox è stata la normalizzazione di punti di vista che, fino a tempi molto recenti, avrebbero sconvolto l’opinione pubblica in un paese che si è a lungo vantato di essere tollerante, progressista e immune al nazionalismo. Vox è un partito ultranazionalista e al suo interno ci sono settori che provengono dal partito fascista Falange e settori ultracattolici che sono a favore della vita e assolutamente contrari all’aborto e al matrimonio gay.

In Spagna, come nel resto d’Europa, il processo di normalizzazione della destra estrema l’ha fatta diventare parte della quotidianità. Le posizioni di Vox che una volta provocavano orrore e indignazione ora si registrano a malapena. Per anni, dopo il crollo finanziario del 2008-2009, il paese sembrava invertire la tendenza di molti paesi europei a causa della mancanza di un partito di estrema destra in ascesa. I protagonisti del partito di sinistra Podemos avevano una spiegazione: le proteste di massa degli indignados contro l’austerità, scoppiate nel 2011, sembravano garantire che il malcontento fosse diretto contro interessi potenti, piuttosto che contro gruppi vulnerabili come i migranti. Ma ora, dopo le prossime elezioni generali il partito di estrema destra Vox potrebbe presto essere al governo, la prima volta che l’estrema destra spagnola prenderebbe il potere dalla caduta di Franco.

Non c’è dubbio che in tutta Europa le crescenti insicurezze e disuguaglianze economiche abbiano fornito ampio materiale ai partiti di estrema destra che hanno offerto come risposta il capro espiatorio. Se i movimenti di sinistra si fossero dimostrati più efficaci nel reindirizzare quella rabbia verso gli obiettivi giusti – come i politici che tagliano le prestazioni sociali, i datori di lavoro che offrono lavori precari e poco pagati e un sistema finanziario che ha fatto precipitare il mondo nella crisi – allora forse l’estrema destra avrebbe goduto di meno appeal.

Questo anche se, dopo aver dovuto gestire l’emergenza pandemica, negli ultimi due anni il governo spagnolo, soprattutto grazie all’impulso politico della vicepresidente dell’esecutivo e ministro del Lavoro Yolanda Diaz – ora leader del nuovo raggruppamento della sinistra-sinistra, Sumar, che mette insieme 15 diverse organizzazioni politiche – ha gestito un’agenda di diritti sociali, di diritti dei lavoratori (con una riforma delle pensioni concertata con le parti sociali con il Patto di Toledo e una riforma del mercato del lavoro centrata sul primato della contrattazione collettiva e sulla riduzione dei contratti a tempo determinato e precari in favore di quelli a tempo indeterminato, oltre che su un forte aumento del salario minimo; vedi qui e qui), di lotta al carovita (ad esempio, con la legge sulle abitazioni che ha fissato un tetto al costo degli affitti) e di cittadinanza, la più progressista e femminista d’Europa (un’agenda caldeggiata anche dalla controversa ministra per le Parità, Irene Montero, di Unidas Podemos). Pedro Sánchez e Yolanda Diaz chiedono all’elettorato spagnolo di poter continuare ad implementare, consolidare ed ampliare questa agenda “trasformatrice e riformista” per altri quattro anni, segnalando che nell’ultimo anno sono aumentati posti di lavoro e crescita economica (del 2,1%).

Apparentemente, contro la coalizione PSOE-Sumar sta funzionando la campagna di PP e Vox incentrata sull’obiettivo di “abrogare il sanchismo” (inteso come sistema di potere facente capo a Pedro Sànchez) e i “patti con EH Bildu8 e i partiti indipendentisti” sottoscritti dal governo. Quanto meno dal punto di vista dei sondaggi questa linea di attacco sta funzionando molto più efficacemente della paura di un governo con dentro Vox come minaccia per la tenuta del sistema democratico e la difesa dei diritti civili e sociali con cui soprattutto il PSOE cerca di motivare i suoi elettori.

Ma in Spagna come nel resto d’Europa i partiti di destra non sarebbero dove sono senza la complicità dei partiti tradizionali mainstream. In tutto il mondo occidentale, i partiti tradizionali mainstream tendono a non opporsi vigorosamente all’estrema destra e ad offrire una visione alternativa del futuro, ma ne imitano la retorica e le politiche. Tutto ciò che hanno ottenuto è legittimare i fanatici e consentire loro di stabilire i termini del dibattito pubblico. Ora, l’avanzata dell’onda reazionaria potrebbe essere arrivata anche in Spagna e non a caso Pedro Sánchez ritiene che “molto più pericoloso di Vox è che il PP assuma le sue politiche“ in un governo di coalizione. Un passaggio che potrebbe essere fondamentale anche per favorire uno spostamento a destra dell’intera Unione Europea alle prossime elezioni per il Parlamento Europeo della primavera del 2024.


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