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Sentenza della Corte di Cassazione: i lavori domestici vanno suddivisi fra generi

di Antonella De Gregorio
lunedì 22 dicembre 2014

L’articolo completo può essere letto su http://27esimaora.corriere.it/artic...

Una sentenza rivoluzionaria: la Corte di Cassazione ha stabilito che un uomo che, causa infortunio, non può aiutare nel menage domestico, può vedersi riconosciuto un danno patrimoniale. Ha accolto il ricorso di una coppia di Venezia – coinvolta in un incidente stradale che aveva costretto il marito a una lunga assenza dal lavoro durante il quale era stato assistito dalla moglie - che si era vista negare i danni nel primo grado di giudizio. E poi ancora in Appello, dove i giudici hanno sentenziato che le pulizie di casa «non rientrano nell’ordine naturale delle cose svolte da un uomo». Una ”cafoneria”, la liquida Stefano Zamagni, professore di Economia politica all’università di Bologna e presidente dell’Osservatorio familiare per le politiche familiari, che giudica la sentenza «al limite del razzismo».

La Cassazione, che ha disposto un appello bis per la coppia veneziana, ha ritenuto la sentenza di Appello «illogica e gravemente erronea», dato che – scrivono i giudici – «non è certo madre natura a stabilire la divisione delle incombenze domestiche tra i coniugi in base all’appartenenza al sesso maschile o femminile», ma una loro libera decisione. E vanno oltre, dicendo che l’affermazione dei giudici di secondo grado è contraria al principio di uguaglianza dei coniugi, «i quali sono tenuti a contribuire ai bisogni della famiglia in modo paritario». E comunque – aggiungono – «qualunque persona non può fare a meno di occuparsi di una certa aliquota del lavoro domestico , non foss’altro per quanto attiene le proprie personali esigenze». Danno poi per scontato che il lavoro domestico «è un’attività che ha un proprio valore economico: non poterlo svolgere costituisce un danno che merita di essere risarcito». Quindi, in soldoni, il marito che non può aiutare la moglie nelle faccende domestiche, si vede riconosciuto un diritto.

Punto chiave: il lavoro domestico non è prerogativa delle donne. Anche se in Italia il 58% dei maschi non cucina, il 74% non apparecchia o sparecchia, il 98% non lava né stira, il 70% non fa la spesa. E nonostante l’Eurostat ci collochi ultimi in Europa, dopo la Spagna, per uno squilibrio che vede le donne dedicare il 200% del tempo in più degli uomini alle incombenze domestiche, anche quando entrambi i partner sono impegnati con un lavoro.

Parte dalla sentenza, Zamagni per affermare che: «è la prima volta che un organo importante come la Corte di Cassazione prende atto di una tendenza culturale iniziata 30 anni fa negli Stati Uniti, arrivata dieci anni dopo in Italia: una corrente di pensiero avviata da Amartya Sen, con la sua teoria delle “capabilities”, poi perfezionata da Martha Nussbaum».

Teoria che secondo lo studioso fa archiviare il concetto di pari opportunità: «Appartiene a una fase superata del movimento femminista. Oggi le donne sono già avanti agli uomini quanto a opportunità: sono il 55% dei laureati; nella politica hanno beneficiato della spinta delle quote rosa». Opportunità è concetto che evoca solo potenzialità, avverte Zamagni. Quello che fa difetto, oggi, è la capacit-azione, l’essere “capacitivi”, avere la capacità di agire, di trasformare la potenzialità in azione.

Altro che “ordine naturale delle cose”. Piatti e stracci alle donne, viti e bulloni agli uomini. Ma quel vocabolo inglese, capability, ha molta strada da fare. Da noi, secondo Zamagni, non avrà cittadinanza, finché le imprese non adotteranno politiche “family oriented”, orari flessibili, ruoli assegnati in base alle capacità. «Il nostro sistema di welfare non consente alle donne di avere a disposizione adeguate strutture di scarico delle fatiche quotidiane, di trasformare in azione le proprie capacità». Mancano politiche che aiutino a rinegoziare i compiti familiari; ed è culturalmente condivisa l’idea che pulire, cucinare, lavare, seguire i figli siano “cose da femmine”.

Questo, in fondo, hanno detto i giudici d’Appello.

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