Inseriscono la chiave elettronica, aprono la porta ed entrano per preparare la camera. Ogni giorno ripetono in maniera quasi meccanica questi gesti per almeno una decina di volte e ogni giorno prima di varcare quella soglia si chiedono: «Cosa mi aspetta?». Sono le cameriere degli alberghi, quell’esercito di donne, parte integrante del motore di una delle più importanti industrie d’America e del mondo. Donne che a volte, in realtà più spesso di quanto non si immagini, finiscono per rimanere intrappolate negli ingranaggi di quel motore. Come la cameriera del Sofitel, presunta vittima della tentata violenza sessuale perpetrata da Dominique Strauss-Kahn. Un caso eclatante per lo spessore del suo protagonista, ma non certo l’unico.
Le associazioni di categoria e le stesse addette ai lavori hanno denunciato almeno altri dieci casi simili a quello presunto dell’ex direttore del Fondo monetario internazionale. Ma in realtà sono molti di più gli episodi realmente accaduti, sui quali però si tace perché la vittima è una immigrata illegale o perché gli alberghi temono di perdere clienti. Il fenomeno è in crescita, anche perché in tempi di crisi si è sovente tagliato sulle spese in sicurezza. «È un lavoro pericoloso - spiega Yazmin Vazquez, dipendente di un hotel di Chicago -. Alcuni clienti credono di poterci usare come vogliono solo perché non abbiamo il loro stesso potere o gli stessi soldi».
Oltre alla divisa, in orario di lavoro Yazmin, 40 anni, indossa un camicione lungo fin sotto le ginocchia. «Mi metto qualsiasi cosa - dice - pur di nascondere ogni parte del corpo». Una volta, mentre stava rifacendo una camera, un cliente è entrato e l’ha afferrata da dietro facendo nel frattempo bella mostra delle proprie parti intime. Non troppo diversa l’esperienza di Argelia Rico, trentottenne cameriera di un albergo di Irvine, in California. Un ospite l’ha chiamata in camera per farsi cambiare le lenzuola e si è fatto trovare sdraiato sul letto completamente nudo. «Quando l’ho detto ai miei superiori loro non hanno fatto nulla - racconta - e da allora ogni volta che devo rifare una stanza mi faccio accompagnare da una collega».
Non a sfondo sessuale ma senza dubbio traumatizzante è la vicenda di Kimberly Phillips, 40 anni, in forze all’Hampton Inn di Lebanon, in Kentucky. «Dovevo preparare la stanza 118 - dice -. Ho aperto la porta e mi sono trovata davanti due cani molto grossi». Gli animali si sono avventati sulle sue gambe azzannandole sino all’osso, solo l’intervento di un ospite dell’albergo è riuscito ad allontanarli. «Erano di un operaio che lavorava all’interno della struttura. Mi hanno rovinato la vita», ammette Kimberly, rimasta zoppa e costretta ad usare un bastone per camminare.
«L’approccio da parte del molestatore avviene in diversi modi - racconta Andria Babbington per, 17 anni dipendente di un lussuoso albergo di Toronto -. C’è chi lascia i soldi sul cuscino e chiede prestazioni extra, oppure chi chiede quante persone mantieni con quel lavoro e sei hai bisogno di un aiuto».
Andria, ad esempio, è stata presa di mira da un cliente che per giorni le raccontava di cercare affetto perché aveva tanti problemi con la moglie. «Spesso entrando nella stanza nascondevo la targhetta con il mio nome perché se il cliente non gradiva le mie parole si lamentava con i superiori, e loro per tutta risposta mandavano un cesto di frutta in camera per scusarsi», dice la Babbington, 45 anni, oggi in forze al sindacato. «Le stesse storie le sento da tante altre colleghe», prosegue, spiegando che il proliferare di questi episodi è stato favorito dalla recessione e dalla necessità di tagliare le spese.
Questo sino a sabato scorso, visto che la vicenda del Sofitel ha scatenato una levata di scudi da parte degli addetti ai lavori che chiedono l’impiego di misure di sorveglianza, il sostegno del management e un po’ di prevenzione. Un esempio su tutti - spiega Carl Boger, responsabile della scuola alberghiera dell’Università di Houston: «Quando risulta che un cliente durante la permanenza affitta film pornografici o li vede sui terminali dell’albergo, a rifargli la camera si manda un cameriere anziché una cameriera».
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