Le strade e le piazze di Ancona, lo scorso sabato 6 maggio scorso, si sono riempite di un corteo colorato e rumoroso voluto ed organizzato dal movimento femminista e transfemminista di Non Una Di Meno (NUDM) che ha invitato a manifestare per il diritto all’aborto libero, gratuito e sicuro, per la salute riproduttiva e l’autodeterminazione sul proprio corpo.
“Interruzione volontaria di patriarcato” questo il titolo che si è voluto dare alla manifestazione, proprio per questo nell’appello che la tematizzava è scritto: “Scendiamo in piazza contro il patriarcato conservatore familista e ultracattolico, che incarna la società che stiamo cercando di superare. Quel patriarcato che ci vuole madri a tutti i costi, ostacolando l’aborto senza darci nessuna tutela sanitaria o sul lavoro , lo stesso che respinge le persone migranti provocando continue stragi in mare e che giustifica e riproduce il razzismo istituzionale, lo stesso patriarcato che crea gerarchie tra le famiglie e considera il sessismo e l’omolesbobitransfobia, (…) come questioni funzionali alle retoriche punitive e giustizialiste.”
La manifestazione è stata partecipata benché in misura minore rispetto ad altre occasioni, piena di rabbia creativa e gioiosa, ricca di slogan, canzoni, musica, vita. Sempre di più il movimento femminista e transfemminista di NUDM dimostra la propria forza di mobilitazione (uno dei pochi movimenti ancora capace di farlo) e si connota come luogo e spazio di formazione politica, intesa come capacità di pensare ed agire collettivamente.
La scelta di tenere una manifestazione nazionale ad Ancona non è stata casuale. Le Marche sono infatti la regione, governata da Fratelli d’Italia, dove da tempo si tenta di mettere in discussione il diritto ad abortire utilizzando alcuni articoli della legge 194, in particolare il 9 e il 2 che consentono l’obiezione di coscienza di struttura e l’ingresso di associazioni anti-abortiste nei consultori pubblici e nelle strutture ospedaliere. Ingressi spesso addirittura finanziati dal pubblico!
È bene ricordare che la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza fu approvata nel 1978, grazie alle lotte dei movimenti femministi, e non solo, di quei gloriosi anni. Fu certamente una legge di mediazione con alcune contraddizioni interne ma al contempo ha saputo essere uno strumento per evitare di finire in carcere dopo un aborto clandestino o peggio di morire sotto i ferri di apprendisti stregoni. È bene anche ricordare che la 194 consente l’obiezione di coscienza ma al contempo sottolinea che ” gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste”. Purtroppo questo obbligo, spesso volutamente, non è mai stato fatto rispettare e l’obiezione di coscienza ha raggiunto livelli insopportabili che svuotano di fatto il diritto di abortire e rischiano di favorire il ritorno agli aborti clandestini. A causa di ciò molte donne sono costrette a spostarsi dal luogo di residenza per poter abortire. Nelle Marche, per esempio, chi prova a prenotare un’interruzione volontaria di gravidanza si sente rispondere che farebbe bene ad andare altrove. In Molise l’obiezione di coscienza raggiunge il 99%, in Abruzzo la percentuale di obiezione supera il 90%, in Campania si pratica l’IVG in meno di un quarto dei reparti di ginecologia, in Calabria si può abortire in meno del 50% degli ospedali. Anche al nord la situazione non è migliore, basta ricordare che nella tanto declamata (spesso a vanvera) eccellenza sanitaria lombarda l’obiezione di coscienza supera il 60%!
La manifestazione voluta da NUDM è stata dunque opportuna e necessaria. Così come opportune sono state le richieste avanzate, durante il corteo, dal movimento femminista e transfemminista di NUDM. Proposte che si fondano su alcuni principi ritenuti ineludibili che sintetizzo così:
un aborto libero, sicuro, gratuito, garantito, in tutta Italia, nessuna regione e/o persona esclusa, in base alle proprie esigenze di vita; il riconoscimento del benessere sessuale nell’autodeterminazione di genere e nella sessualità come pratica consensuale, sicura, positiva e piacevole, senza alcuno stigma; una maternità intesa come un’esperienza di autodeterminazione per tuttə le persone che la scelgono. Per conoscere nel dettaglio le proposte di NUDM si veda il MANIFESTO PER LA SALUTE SESSUALE E RIPRODUTTIVA CHE VOGLIAMO – Non Una Di Meno (wordpress.com).
Proposte assolutamente condivisibili che mostrano quanto il movimento femminista sia consapevole dei propri diritti e determinato nell’affermarli.
Proprio per questo sarebbe stato, a mio avviso, opportuno spendere qualche parola sulla difesa della 194 che va migliorata certo ma non dimenticata né gettata alle ortiche: perché se la 194 viene cancellata non ci sarà un aborto libero ma il carcere per chi abortisce. Così come mi parrebbe altrettanto opportuno, visto che le proposte avanzate rispondono a bisogni concreti che necessitano di essere conosciuti e riconosciuti, cercare un’interlocuzione con le istituzioni pubbliche, a livello statale e regionale, per portare le rivendicazioni laddove si legifera e si decide sulla materialità della vita di ciascuna e ciascuno, aprendo un conflitto sociale qualora non ci siano ascolto e risposte adeguate. Ma tant’è, al di là di quel che io riterrei opportuno ed invece non è, resta il fatto che grazie a NUDM generazioni e generi differenti hanno potuto scendere in piazza e gridare al mondo il loro diritto di scelta sul proprio corpo e la voglia di vivere in una società più giusta e più libera.
In questi tempi, avari di futuro nei quali la guerra pare essere tornata il paradigma delle relazioni umane, è già tanta roba.
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