STRASBURGO - La legge italiana sulla fecondazione assistita è incoerente e viola l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: lo stabilisce una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, nel caso di due italiani contro lo Stato: la vicenda riguarda due portatori sani di mucoviscidosi che volevano ricorrere alla fecondazione assistita e alla diagnosi prenatale per evitare di trasmettere il gene ai figli.
LA SENTENZA.
La Corte ha rilevato l’"incoerenza del sistema legislativo italiano" che "da una parte priva i richiedenti dell’accesso alla diagnosi genetica pre impianto" e "d’altra parte li autorizza a una interruzione di gravidanza se il feto risulta afflitto da quella stessa patologia". La Corte ne conclude che "l’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare è quindi sproporzionata". I ricorrenti avevano scoperto di essere portatori sani della malattia e dopo una prima gravidanza, in cui il nuovo feto era colpito dalla malattia, la signora ha fatto allora ricorso a un aborto terapeutico. Oggi la coppia desidera fare ricorso alla fecondazione assistita con una diagnosi pre impianto. Ma, rileva la sentenza della Corte, la legge italiana non consente un depistaggio preimpianto. Invece consente la procreazione assistita per le coppie sterili o quelle ove l’uomo sia colpito da una malattia virale trasmissibile per via sessuale (come l’HIV o l’epatite B o C) per evitare la trasmissione di queste malattie.
POSSIBILE IL RICORSO.
In base alle disposizioni degli articoli 43 e 44 della Convenzione dei diritti dell’uomo, questa sentenza non è definitiva; entro tre mesi entrambe per parti possono chiedere il rinvio della vicenda davanti all’Alta Camera della Corte per i diritti dell’uomo. In questo caso un collegio di 5 giudici valuterà se la vicenda meriti un esame più ampio. In questo caso l’Alta Camera esaminerà il caso e darà una sentenza definitiva. Una sentenza definitiva viene trasmessa al Comitato dei ministro del Consiglio d’Europa che ne sorveglia l’esecuzione.
BALDUZZI: UNA RIFLESSIONE VA AFFRONTATA.
La questione della compatibilità tra legge 40 e legge 194 sollevata dalla Corte di Strasburgo e ’’un problema già noto’’, ma ’’aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza’’. Così il ministro della Salute Renato alduzzi, a margine di un convegno, sottolineando che in ogni caso ’’una riflessione va affrontata’’. La questione - ha spiegato Balduzzi al termine del suo intervento ad un convegno - nel nostro Paese era già stata posta da giudici di merito e in prospettiva probabilmente sarà riproposta alla Corte. In questa materia bisogna capire quali siano i beni da tutelare e tenere conto di tutti i valori in gioco, tra cui la soggettività giuridica dell’embrione’’.
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