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Ddl Zan : lettera aperta alle ed ai parlamentari

Se Non Ora Quando
venerdì 10 luglio 2020

Gentili onorevoli, ci rivolgiamo a voi firmatarie/i del ddl Zan perché riteniamo necessario informarvi sui motivi della nostra forte preoccupazione per una proposta legislativa contro l’omotransfobia che estende i crimini d’odio anche alla cosiddetta “identità di genere”. Con questa espressione si sostituisce l’identità basata sul sesso con un’identità basata sul genere dichiarato. Attraverso “l’identità di genere” la realtà dei corpi -in particolare quella dei corpi femminili- viene dissolta.

Noi siamo favorevoli a che nel nostro Paese si arrivi alla definizione di norme contro ogni discriminazione in base all’orientamento sessuale. Il nostro allarme non è quindi generato da pregiudizi di sorta, è piuttosto il risultato di specifici, concreti e diffusi episodi, avvenuti all’estero e in Italia nei quali si rivela la carica di intolleranza e discriminazione contenuta nella formula della “identità di genere” nei confronti delle donne. Citiamo gli ultimi più eclatanti episodi:

Caso J.K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, femminista e liberal che per aver difeso Maya Forstater (una ricercatrice licenziata dal suo posto di lavoro al Center for Global Development per un tweet considerato “discriminatorio verso i trans” poiché sosteneva che “la differenza sessuale è biologica”) si è vista rovesciare addosso una valanga di accuse di omofobia, sessismo, razzismo, transfobia. Molto semplicemente aveva affermato “Rispetto il diritto di ogni persona trans di vivere in qualsiasi modo lo ritenga giusto per sé. Avrei marciato con te se fossi stato discriminato per il tuo essere trans. Nello stesso modo vorrei dire che la mia vita è stata plasmata dal mio essere donna. Non credo sia odioso dirlo”.

In Francia lo scorso autunno è scoppiato il caso di Sylviane Agacinski che si è vista annullare da parte delle autorità accademiche la conferenza su “L’essere umano nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” che avrebbe dovuto tenere all’università di Bordeaux. La ragione? Le violente minacce e intimidazioni da parte della comunità universitaria lgbt alla notissima filosofa accusata di essere reazionaria, omofoba e transfoba, perché contraria alla maternità surrogata. Rifiutarsi di considerare una conquista civile la compravendita di donne e bambini viene considerato un atto di discriminazione e di illegittima difesa di un privilegio eterosessuale.

In Canada si discute del caso di Jessica Yaniv, che si dichiara donna con genitali maschili. Ha presentato diverse denunce contro donne estetiste che si sono rifiutate di farle una depilazione intima.

E venendo all’Italia è di pochi giorni fa (25 maggio) la richiesta avanzata da alcuni circoli Arci alla presidenza di espellere dall’Associazione l’Arcilesbica perché: “Da alcuni anni la dirigenza di ArciLesbica Associazione Nazionale ha iniziato a promuovere discorsi discriminatori contro le persone trans* sui social ufficiali. La pagina facebook di Arcilesbica Nazionale ha difatti più volte ribadito con post, commenti e grafiche l’idea che le persone trans, in particolare le donne trans, non sarebbero da considerarsi per la loro identità di genere, ma per il sesso biologico, con affermazioni come “lesbica è una donna che desidera una donna (e non un uomo che si sente donna)”.

L’occasione per questa sconcertante richiesta è stata l’organizzazione di un webinar con Sheila Jeffreys per il lancio italiano della Declaration on Women’s sex-based rights, nella quale si afferma che, se a livello istituzionale si sostituisce la nozione di sesso con quella di identità di genere, i diritti delle donne ne riceveranno un danno. A livello politico ad esempio, laddove esistono quote o incarichi destinati alle donne, questi potranno essere occupati da persone con identità di genere femminile, come accaduto in Inghilterra, dove nel Labour Party un giovane di sesso maschile e identità di genere femminile è diventato rappresentante delle donne. La Declaration evidenzia le conseguenze negative per i diritti delle donne di un approccio che sostituisca al sesso l’identità di genere negli sport femminili, nella politica, nelle ricerche sulle donne, nei rifugi antiviolenza.

Questi episodi rendono evidente il rischio di “criminalizzazione” delle femministe e di tutte coloro che rivendicano la differenza di sesso poiché, secondo la logica espressa anche nel ddl Zan, sostenere che il soggetto del femminismo sono le donne sarebbe una manifestazione di transfobia e come tale sanzionabile. Eppure basterebbe sostituire il termine “identità di genere” con “transessualità” per far cadere rischi e preoccupazioni. Vi chiediamo pertanto di dedicare alla questione una più approfondita riflessione, sgombra da ogni automatismo di schieramento politico o partitico.

Rita Cavallari, Cristina Comencini, Licia Conte, Antonella Crescenzi, Fabrizia Giuliani, Francesca Izzo, Francesca Marinaro, Donatina Persichetti, Silvia Pizzoli, Simonetta Robiony, Serena Sapegno, Cecilia Sabelli, Sara Ventroni di Se non ora quando – Libere.



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