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Artemisia Lomi Gentileschi (Roma, 8 luglio 1593 – Napoli, 1653)

grande pittrice italiana di scuola caravaggesca
domenica 23 gennaio 2011 di ifeitalia

Per una donna all’inizio del XVII secolo dedicarsi alla pittura, come fece Artemisia, rappresentava una scelta non comune e difficile, ma non eccezionale. Prima di Artemisia, tra la fine del 500 e l’inizio del 600, altre donne pittrici esercitarono, anche con buon successo, la loro attività. Possono essere menzionate Sofonisba Anguissola (Cremona ca. 1530 - Palermo ca. 1625) che fu chiamata in Spagna da Filippo II; Lavinia Fontana (Bologna, 1552- Roma, 1614) che si recò a Roma su invito di papa Clemente VIII, Fede Galizia (Milano o Trento, 1578 – Milano 1630) che dipinse, tra l’altro, magnifiche nature morte ed una bella Giuditta con la testa di Oloferne. Altre pittrici, più o meno note, intrapresero la loro carriera quando Artemisia era in vita.

Se si valutano i loro meriti artistici, il giudizio liquidatorio di Longhi a favore di Artemisia come «l’unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura...» appare alquanto ingeneroso[30]. Tuttavia c’è, sia nell’arte sia nella biografia di Artemisia Gentileschi, qualcosa che la rende specialmente affascinante e che spiega l’interesse di alcuni scrittori (anzi, e non a caso, di alcune scrittrici) nei suoi confronti.

La prima scrittrice che decise di costruire un romanzo attorno alla figura di Artemisia, fu Anna Banti, la moglie di Roberto Longhi. La sua prima stesura del testo, in forma manoscritta era avvenuta nel 1944, ma fu perduta nel corso delle vicende belliche. La decisione di ritornare sul libro, intitolato Artemisia, scrivendolo in forma assai diversa, avvenne tre anni dopo. Anna Banti si pone nel suo nuovo romanzo in dialogo con la pittrice, in forma di "diario aperto", in cui cerca – in parallelo al racconto dell’adolescenza e della maturità di Artemisia – di spiegare a se stessa il fascino che ne subisce, ed il bisogno che avverte di andare al di là - in un dialogo da donna a donna - delle limpide (seppur appassionate) valutazioni artistiche di cui avrà tante volte discusso con Roberto Longhi[31].

Più di cinquant’anni dopo, nel 1999, la scrittrice francese Alexandra Lapierre affronta, ancora con un romanzo, il fascino enigmatico della vita di Artemisia, e lo fa a partire da uno studio scrupoloso della biografia e del contesto storico che le fa da sfondo. L’indagine psicologica che passa tra le righe del romanzo, per comprendere il rapporto tra Artemisia donna e Artemisia pittrice, finisce per chiamare in causa, come leitmotiv, quello della relazione - fatta di un affetto che stenta ad esprimersi e da una latente rivalità professionale - tra padre e figlia.

Ancora un altro romanzo, pubblicato più di recente anche in Italia, quello di Susan Vreeland (The Passion of Artemisa), si pone nella scia della popolarità assunta da Artemisia Gentileschi nell’ambito della lettura data, in chiave femminista, alla sua figura, e sembra voler sfruttare il recente successo dei romanzi storici che prendono le mossa da un’opera d’arte e dal suo autore. Incerti, per analoghe ragioni, sono i risultati ai quali, secondo la critica[32], giunge la regista francese Agnes Merlet, con il film Artemisia. Passione estrema.

tratto da Wikipedia


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