Reyhaneh Jabbari, è stata giustiziata perchè non l’è stata riconosciuta, nel processo, la circostanza della legittima difesa: l’uomo che ha ucciso voleva violentarla, come già aveva fatto con altre "sottoposte".
Le conseguenze di uno stupro sono tante, non di rado la soppressione "per tacitare in modo definitivo la vittima". La condanna a morte non è stata solo la ritorsione per il rifiuto di Rayhaneh di ritrattare la sua versione. Si tratta di qualcosa che conosciamo: della riaffermazione del principio della "disponibilità dei corpi femminili". Lo conferma la reazione del regime dei Mullah che ha schierato le forze di polizia per impedire ogni manifestazione femminista di protesta per la condanna di Reyhaneh e per gli sfiguramenti con l’acido, che spesso equivalgono alle condanne "legali".
Ricordiamo questa e altre condanne e la conseguente indignazione, le formali proteste dei "paesi civili" dove il femminicidio è nominalmente illegale. Ricordiamo anche però che qui chi si è ribellata ha visto manipolare le proprie vicende, qualcuna sappiamo che è stata stuprata e molestata in carcere, o condannata come Rayhaneh per omicidio volontario, se sopravvissuta alla condanna al silenzio. Sarà per questo che Rayhaneh, così lontana, ci è così vicina.
UDI Napoli
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