"Il nostro corpo, il nostro tempo.
Fiumi di parole, immagini, qualche manifestazione convocata al volo (con la consapevolezza che il decreto sicurezza bis approvato stringe moltissimo anche sulla possibilità di manifestare in modo libero…). Comunicati stampa, dichiarazioni più o meno autorevoli, più o meno letterarie (ci sono anche le mie). Davvero pensiamo che questo sia adeguato a questi tempi e a questo clima da fine del mondo, o almeno del mondo che conosciamo? Abbiamo davvero tempo per condurre una battaglia sul piano (soltanto) culturale?
I post, gli articoli, i discorsi si somigliano tutti e non spostano di un millimetro né la politica del governo né il consenso che lo accompagna e che cresce proprio nella misura in cui la cultura dà fastidio, in cui gli argomenti autentici irritano perché denunciano la povertà delle ragioni di quel consenso.
Quanti invece siamo davvero pronti alla disobbedienza, alla denuncia e all’autodenuncia?
Quanti colleghi sono pronti a scrivere alla sindaca di Monfalcone dichiarando la propria volontà di educare ai diritti, alla giustizia, alla democrazia anche in chiaro dissenso con logiche sovraniste e di precedenza degli uni sugli altri?
Quanti di noi sono pronti a prendersi un mese di aspettativa per imbarcarsi su una nave fuorilegge?
Quanti sono pronti a fermare e poi denunciare l’autista del bus, il medico, l’insegnante, il controllore del treno, il vicino di casa o chiunque manifesti atteggiamenti razzisti?
Fino a che ci limiteremo a post, raccolte firme on line e girotondi in piazza sapremo come confortarci e sentirci meno soli in giornate come queste, sapremo come poter dire alla nostra coscienza: io non ho taciuto. Non è poco ed è per certi versi necessario, ma è del tutto vano se ciò che abbiamo in animo è fermare questo scempio di umanità, cultura, vita stessa.
Se pensiamo che sia davvero in corso un processo pericoloso per la sopravvivenza della comunità umana, se pensiamo che quel processo sia già in fase avanzata e che non mostri segni di debolezza o crisi, allora sappiamo anche che ci troviamo in uno di quei momenti in cui si fa la storia, in una direzione o nell’altra. E la storia non si è mai fatta nei salotti, o sui social, che è la stessa cosa.
Occorre ora capire chi davvero è disposto a togliere almeno un po’ le dita dalla tastiera e mettere in gioco la propria vita, il proprio corpo, il proprio tempo e anche chi può essere capace di organizzare non solo manifestazioni di piazza ma azioni che possano provare a scrivere il prossimo capitolo della storia di questi tempi."
Sonia Coluccelli, insegnante di scuola primaria
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