IFE Italia

Ho tante domande e nessuna risposta

di Laura Fano
lunedì 23 gennaio 2017

Ecco il secondo articolo sulle pratiche di GPA (gravidanza per altri). L’autrice è Laura Fano, antropologa sociale, attivista e mamma. Per continuare a riflettere.

Tratto da: http://comune-info.net/2016/03/mate...

Comincio ad essere allergica ai social network e alla loro superficialità. Mi urta terribilmente la facilità con cui tutto è riconducibile a un like, l’arroganza di posizioni difese ad oltranza, la superficialità di opinioni formatesi solo sulla base di tweet letti. Soprattutto quando questa superficialità stride con argomenti complessi e delicati che dovrebbero essere pensati, discussi e analizzati a fondo. Mi sento a disagio quando vedo tanti amici e conoscenti esprimere opinioni del tutto favorevoli alla gestazione per altri senza che si siano posti domande importanti.

Mi sento a disagio quando queste posizioni sembrano far parte di un conformismo per cui essere favorevole significa stare con la modernità e il progressimo e essere contrari equivarrebbe a essere omofobi e pensarla come Formigoni o Giovanardi, e concordo che questo è davvero un pensiero spaventoso. Mi sento a disagio perché da giorni sto dibattendo intensamente con me stessa, sto leggendo tutto ciò che possa aiutarmi ad avere un’opinione critica e informata. Eppure anche così non ci riesco. Più leggo più ho dubbi, ma su Facebook non c’è spazio per i dubbi.

Ovviamente mi sento a disagio anche quando sento Formigoni dire di preoccuparsi per lo sfruttamento delle donne del sud del mondo, perché quelle dovrebbero essere le mie preoccupazioni e non le sue. Lui che non ha mai difeso le donne qui in Italia, perché mai dovrebbe preoccuparsi di donne di paesi che probabilmente non sa neanche localizzare? La sua è ovviamente una mera strumentalizzazione della donna per ostacolare la genitorialità gay. Io però, che di donne del sud del mondo mi sono occupata per studio e per lavoro, credo che dovrei pormi il problema del loro sfruttamento.

Comunque, su questo punto sembrano essere tutti d’accordo. Se si usa una povera donna indiana è sfruttamento. Ma per molti va benissimo se invece si usa una donna della classe media statunitense o canadese. Io invece ho dei dubbi. È davvero cosi facile tracciare linee di confine tra la scelta e il bisogno? Se una donna statunitense con quattro figli si offre come surrogata per pagare l’istruzione di quei figli, istruzione che negli Stati Uniti è privata e costosa, non si tratta comunque di un bisogno economico? È veramente una scelta, libera e non condizionata?

Il fatto che in California e in Canada la gestazione per altri esiste da anni viene sempre usato come argomento per giustificarla. Vuol dire che è giusta solo perché alcuni paesi hanno scelto di legalizzarla? La gestione per altri non è vietata solo in Italia, dove ormai concordo che sia tornato il medioevo, ma anche in tanti altri paesi, per esempio la civilissima Finlandia, dove però sono permesse le civilissime adozioni gay.

Ma è sulla gestazione per altri altruistica che ho i dubbi più forti. Se è vero che ogni donna vive la maternità e la gravidanza in modo diverso, non riesco a concepire che si possa provare tanto amore per una coppia di sconosciuti, come molte surrogate affermano di provare, e nessun amore nei confronti di un bambino che hanno sentito crescere dentro di sé. Il solo fatto che si scelga di usare la parola amore per definire questa situazione credo che dovrebbe spingerci ad una riflessione.

Ho dubbi anche per quanto riguarda il bambino. Sono convinta che un bambino possa crescere benissimo con due genitori non biologici, siano essi un padre e una madre, due padri o due madri. È il prima che mi preoccupa. Il processo contrattuale con cui si è deciso di far nascere questo bambino e il momento in cui a quel bambino ciò verrà spiegato. Ho amici e parenti adottati e so che ognuno di loro in qualche modo si è sempre portato dentro il trauma dell’abbandono. Come facciamo a pensare che un figlio nato con la gestazione per altri accetti tranquillamente il fatto che la madre biologica lo abbia ceduto senza alcun sentimento e ripensamento? La cosa che poi mi lascia perplessa è che spesso persone che criticano la medicalizzazione del parto (a mio avviso, una grande conquista dell’umanità, grazie alla quale quasi più nessuna donna nell’occidente muore nel partorire) sono proprio quelle che appoggiano acriticamente la totale medicalizzazione del concepimento e della gestazione.

Insomma, dopo tanto riflettere, leggere e discutere, non sono riuscita ancora a fugare i miei dubbi. Ho tante domande e nessuna risposta. Mi piacerebbe avere instillato qualche dubbio anche in coloro che senza tante riflessioni prendono una posizione e che contribuiscono a quel rumore assillante sui social network. E che si pongano qualche domanda, non necessariamente le mie, ma qualche domanda.


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