IFE Italia

Sono una femminista!

di Caitlin Moran
domenica 8 gennaio 2017

Il libro di Caitlin Moran "How to be a woman" ("Come diventare una donna" tradotto in Italia arditamente con il titolo "Ci vogliono le palle per essere una donna") è uscito qualche anno fa (2012) ma mantiene una piena attualità. Ne riproponiamo la recensione, che allora venne pubblicata su un quotidiano nazionale perchè, a nostro avviso, il libro varrebbe la pena di essere letto e discusso.

Fonte:http://www.ilfattoquotidiano.it/201...

«Ciò che VOGLIO spingervi a fare è dire: “Sono una femminista”. Mi piacerebbe moltissimo che saliste su una sedia e urlaste: “SONO UNA FEMMINISTA!” (dico su una sedia perché ritengo che qualsiasi cosa risulti più entusiasmante se fatta da sopra una seggiola)», dice Caitlin Moran, 37enne, inglese, editorialista del Times. Il suo libro “How to be a woman” (“Come diventare una donna”), tradotto in Italia con “Ci vogliono le palle per essere una donna” (ed. Sperling&Kupfer), alloggia sugli scaffali delle librerie nella sezione dei romanzi femminili.

Dietro questo titolo, apparentemente leggero, c’è una grande verità: per raggiungere la parità con l’altro sesso, noi donne abbiamo ancora bisogno del femminismo che, come più volte ripete l’autrice, non è una parolaccia. L’aspetto positivo, tuttavia, è che «non c’è mai stato nella storia del mondo un momento migliore per essere donna – dice la Moran – possiamo votare, abortire e non veniamo più bruciate come streghe». Cosa c’è allora che non va? «I nostri tacchi sono sempre più alti e le nostre scollature sempre più basse. La biancheria intima si è ristretta e i reggiseni, come pure le labbra, sono sempre più imbottiti», ammonisce. Il femminismo della Moran, dunque, non è solo occuparsi di “questioni serie” riguardanti le donne; anche problemi futili – come la depilazione, la chirurgia estetica o il push up – vanno annoverati tra le tematiche femministe. E soprattutto: basta con tutte le «stronzate di stampo patriarcale» (ipse dixit) che ancora resistono e sono dure a morire.

Con questa opera prima di «una femminista a sua insaputa», Caitlin Moran è diventata la guru del femminismo, non più “di facciata”, ma reale e quotidiano. Lo stereotipo della femminista sempre arrabbiata con gli uomini e col mondo, che brucia il reggiseno in piazza incitando le compagne al motto di “tremate, le streghe son tornate” e che considera l’orgasmo femminile un supporto al sistema patriarcale, non esiste più. E guai pensare che le femministe siano delle vecchie zitelle acide che odiano gli uomini: quella è roba vecchia, demodé. La “femminista moderna” (grazie al cielo!) non ha più bisogno di lottare per il diritto di voto, per l’aborto e per la pillola anticoncezionale, diritti già acquisiti; è una donna pensante e dotata di una propria rombante personalità. La donna occidentale di oggi (ri-grazie al cielo!) è libera di esprimersi senza rischiare la morte per le proprie idee, né è “costretta” a morire gettandosi sotto un cavallo in corsa.

Ecco perchè l’autrice sostiene che avere paura del femminismo sia inutile: «Solo il 42% delle donne inglesi si dichiara femminista; ma quello che mi chiedo è cosa pensi il restante 58%: come si fa ad essere donne e dire “non sono femminista”?». Alcune lo fanno per una recondita e assurda vergogna nell’ammettere di non essere delle perfette donne di casa, angeli del focolare. Ma anche le Desperate housewives di Wisteria Lane ci dimostrano che lo stereotipo della donna-casalinga-mamma non esiste più, visto che le stesse protagoniste della fiction fanno tutto fuorché badare alla casa e alla prole. Essere femministe oggi vuol dire essere se stesse: belle o brutte, sciatte o glamour, con o senza cervello. Esattamente come fanno gli uomini. Tutte, dunque, siamo (volenti o nolenti) delle femministe poiché non esserlo è tecnicamente impossibile: «Siete convinte che le donne debbano essere libere quanto gli uomini, per quanto malvestite o poco intelligenti? Bene: siete delle femministe!», incalza la Moran in un’intervista.

Tutto inizia con una domanda – Come si diventa una donna? – che la 13enne Caitlin si pone, autodefinendosi ancora una «femmi-niente», e che diventerà poi il leitmotiv di tutto il libro. E allora perché il titolo è stato tradotto con uno degli slogan più odiati dalle femministe? Dire che una donna ha “le palle”, nonostante alcuni uomini lo considerino una specie di complimento, in realtà fa imbestialire le femministe di ieri e di oggi. Non ci vogliono le palle per essere una donna, «semplicemente perché se le avessimo saremmo uomini», dicono alcune; «Mamma mia che orrore: io non voglio essere una donna con le palle perché le tette mi bastano e mi avanzano», dice la Littizzetto in uno dei suoi libri. “Diremmo mai che un uomo molto sensibile ha l’utero?”, si chiede Geppi Cucciari in una celebre battuta. In pratica: nel troppo diffuso machismo, noi donne dovremmo il più possibile somigliare agli uomini (anche fisicamente) per essere al loro livello.

«In realtà il titolo così tradotto sembrava in linea con il libro dal momento che ne interpretava alla perfezione alcune frasi», ci spiegano dalla casa editrice. «L’abbiamo anche sottoposto all’autrice spiegandole il significato che avrebbe assunto nella lingua italiana e l’eventuale polemica che ne sarebbe potuta scaturire. Ma a lei è piaciuto, l’ha trovato divertente, ironico e in sintonia con il suo umorismo (“Hahah that’s brilliant! Tell them I love them”, ha risposto). Anche perché, ad oggi, questo “motto”, seppure un po’ trash, ha comunque perso quell’aggressività maschilista».

Per essere una femminista di oggi, dunque, è sufficiente, sic et simpliciter, essere una donna. Senza attributi maschili, of course.


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